Tribunale di Roma
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Rapporto di inerenza tra la domanda di merito volta ad accertare la contraffazione del marchio debole e la successiva domanda cautelare
Ove nel giudizio di merito venga invocata la tutela del marchio non solo nei confronti di segni e/o marchi allegati e specificamente individuati, ma anche di qualsiasi altro segno distintivo simile a quello azionato, l’ampliamento dell’azione di contraffazione a nuovi marchi che presentano gli stessi profili di illiceità non travalica le barriere preclusive previste dal codice di rito (nel senso di emendare il petitum ben oltre i relativi termini ex art. 183 c.p.c.) a presidio della definitiva formazione del thema decidendum e del thema probandum della causa di merito. Infatti, anche i nuovi segni aventi determinate caratteristiche devono ritenersi compresi nel perimetro oggettivo dell’originaria azione di merito. Ne consegue allora che qualsivoglia nuovo marchio o segno distintivo, che comunque utilizzi una delle due componenti caratteristiche del marchio oggetto della domanda di contraffazione, va considerato compreso nel thema decidendum e potrà essere preso in considerazione anche dalla sentenza resa all’esito del giudizio di merito.
[Nel caso in esame, l’organo giudicante specifica che l’eventuale statuizione di accoglimento della domanda di contraffazione non potrà limitarsi ad inibire genericamente l’uso di qualsiasi altro segno distintivo identico o simile al marchio/i dell’attore, ma dovrà indicare con precisione quale/i caratteristiche specifiche del/i marchio/i dell’attore non potranno essere usate nei nuovi o futuri segni distintivi utilizzati dalla convenuta.]
L’art 2389 c.c. pone una competenza inderogabile in capo all’assemblea in relazione alla determinazione del compenso degli amministratori. Il caso Ferrovie.
Va attribuita alla cognizione della sezione specializzata in materia di impresa la controversia introdotta da un amministratore nei confronti della società riguardante le somme da quest’ultima dovute in relazione all’attività esercitata. Ugualmente deve essere attratta alla medesima competenza la domanda di restituzione della società nei confronti dell’amministratore per la pretesa assenza di una causa giustificativa.
Ai sensi dell’art. 2389 c.c., qualora non sia stabilita nello statuto, la determinazione della misura del compenso degli amministratori deve essere assunta con una esplicita delibera assembleare. Ciò vale parimenti per i c.d. trattamenti di fine mandato, che vengano riconosciuti alla fine del rapporto con la società.
Il terzo comma della norma citata, nello stabilire che l’amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha, per queste, diritto ad una speciale remunerazione, fa riferimento a quelle prestazioni che esulino dal normale rapporto di amministrazione, rientrando tra le prestazioni tipiche dell’amministratore soltanto quelle inerenti all’attività di gestione ed amministrazione sociale. Lo svolgimento delle funzioni di amministratore delegato di una società per azioni non integra, di per sé, l’attribuzione di una particolare carica ai sensi e per gli effetti della richiamata disposizione codicistica.
La deliberazione assunta dal consiglio di amministrazione, con la quale viene determinato il compenso dell’organo gestorio, è affetta da radicale inefficacia; non è dunque necessario, ai fini dell’utile esperimento dell’azione restitutoria da indebito oggettivo, la previa impugnazione della medesima.
In tema di iscrizione del sindaco unico di s.r.l. nel registro dei revisori legali
Ove lo statuto preveda o, comunque, consenta la sola nomina di un sindaco unico con esclusivi compiti di controllo interno, il richiamo alle norme previste per le società azionarie, contenuto nell’art. 2477, quinto comma, c.c. non va inteso in modo rigido, dovendo comunque tener conto della struttura della società a responsabilità limitata.
In particolare, la duplice circostanza che possa essere nominato un sindaco unico e che la società stessa possa determinare la natura del controllo (controllo sulla gestione ovvero revisione contabile) comporta l’impossibilità di applicare alla società a responsabilità limitata il precetto di cui all’art. 2397, secondo comma, c.c. laddove richiede che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro. Sembrerebbe, infatti, irrazionale che sia imposta, quale requisito della nomina, una particolare professionalità ove, poi, la società possa escludere l’esercizio di mansioni che quella professionalità giustifica.
(Nel caso di specie, il Giudice rigetta il ricorso per l’iscrizione d’ufficio della delibera di nomina del sindaco unico per omessa iscrizione nell’elenco dei revisori legali, laddove la deliberazione assembleare attribuiva a quest’ultimo funzioni di controllo sulla gestione e sulla revisione dei conti.)
Amministratore persona giuridica e cambiamento della persona fisica designata
Ferma restando la possibilità che una persona giuridica venga nominato amministratore di altra società (di persone o di capitali), salvi i limiti o i requisiti derivanti da specifiche disposizioni di legge per determinate tipologie di società, ogni amministratore persona giuridica deve designare, per l’esercizio della funzione di amministratore, un rappresentante persona fisica appartenente alla propria organizzazione, il quale assume gli stessi obblighi e le stesse responsabilità civili e penali previsti a carico degli amministratori persone fisiche (in solido con la persona giuridica amministratore). Le formalità pubblicitarie relative alla nomina dell’amministratore sono eseguite nei confronti sia dell’amministratore persona giuridica che della persona fisica da essa designata.
La designazione del rappresentante persona fisica da parte della persona giuridica amministratore costituisce un atto gestorio di quest’ultima, che si affianca, completandola, alla nomina dell’amministratore persona giuridica da parte della società amministrata. Va precisato, al riguardo, che non necessariamente il rappresentante persona fisica deve coincidere con il rappresentante legale della persona giuridica amministratore (altrimenti non avrebbe senso la designazione prevista dalle norme in esame), ma che semplicemente possa individuarsi con una persona appartenente all’organizzazione della persona giuridica amministratore. Si ritiene, quindi, che la designazione, quale atto gestorio della persona giuridica amministratore, sia in qualunque momento modificabile, indipendentemente dalla modifica o meno del legale rappresentante della persona giuridica amministratore.
Tutela del marchio rinomato “Dr. Martens” e rischio di confusione tra segni distintivi
Chi agisce a tutela di un marchio rinomato non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio, dato che, laddove sia prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio posteriore abbia fatto del proprio segno/marchio possa derivare una tale violazione, il titolare del marchio anteriore non deve essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter chiedere il divieto di detto uso. L’apprezzamento del giudice di merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, bensì in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza ed avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti , dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell’altro.
Tutela del diritto d’autore sulle opere fotografiche
Ai fini della tutela del diritto d’autore sulle opere fotografiche, la disciplina italiana contempla attualmente tre tipi di opere fotografiche, ciascuna delle quali gode di una diversa disciplina di tutela: 1) le opere d’ingegno di cui all’art. 2 L.A.; 2) le fotografie semplici (immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale o sociale, che, pur essendo caratterizzate da un’attività personale del fotografo sono prive di carattere creativo); 3) le fotografie di “scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”, prive di tutela ex art.87, 2° comma L.A. La tutela riconosciuta alle fotografie semplici è più limitata rispetto a quella riconosciuta alle opere di cui al punto 1. Ai fini della distinzione tra la prima e la seconda categoria di fotografie meritevoli di tutela, occorre verificare se sussista o meno un atto creativo, che sia espressione di un’attività intellettuale del fotografo preponderante rispetto alla tecnica materiale. La fotografia è creativa quando è capace di evocare suggestioni o comunque di lasciare trasparire l’apporto personale del fotografo e non si limiti a riprodurre e documentare determinate azioni o situazioni reali. Ai fini di tale classificazione il profilo artistico dell’opera deve quindi essere prevalente rispetto al profilo prettamente tecnico.
Legittimazione all’azione di nullità di un marchio; nullità per uso precedente del segno e decorrenza del termine per la la convalidazione
Poiché secondo l’art. 122 c.p.i. l’azione diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità del marchio può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse, tra le parti legittimate è da annoverare anche il licenziatario del diritto di proprietà industriale.
In conformità all’art. 12 c.p.i., l’uso precedente del segno (identico o simile) inficia il carattere di novità del marchio registrato successivamente qualora il primo segno abbia assunto notorietà esorbitante l’ambito meramente locale; sul punto, deve compiersi una valutazione complessiva, che tenga conto dell’ambito di svolgimento dell’attività imprenditoriale e dell’investimento pubblicitario da parte di chi invoca la tutela del preuso. La mera conoscenza del preuso di un segno da parte di chi ha successivamente registrato un marchio identico o simile non è, però, di per sé sufficiente ad integrare anche il requisito della malafede, qualora non sia fornita la prova del fatto che la registrazione del marchio sia stata operata specificamente al fine di pregiudicare le altrui aspettative di tutela ovvero con l’intenzione di approfittare dell’accreditamento presso il pubblico già conseguito dal titolare del primo segno non registrato.
Deve ritenersi preferibile l’interpretazione del disposto dell’art. 28 c.p.i. secondo la quale ai fini della convalidazione del marchio il termine quinquennale debba computarsi con decorrenza dalla data di registrazione di esso.
Responsabilità solidale ex art. 2560 c.c.: funzione dell’esclusione pattizia di responsabilità, effetti verso i terzi ed onere della prova
In tema di cessione d’azienda (o di ramo d’azienda) la clausola che contiene un’esclusione pattizia della responsabilità della società cessionaria per i debiti relativi all’azienda trasferita dalla società cedente non vale ad escludere l’operatività della previsione di accollo ex lege dei debiti in capo alla società acquirente, sancita all’art. 2560 secondo comma c.c. Infatti, la pattuizione con cui si preveda l’obbligo in capo alla società trasferente di manlevare l’acquirente per le richieste di pagamento relative a debiti pregressi dell’azienda si atteggia a semplice clausola di regolamentazione dei rapporti interni tra cedente e cessionario, ma non consente di escludere la responsabilità di quest’ultimo nei confronti del creditore, valendo, semmai, ad evitare che all’accollo esterno ex lege corrisponda altresì un accollo interno dei debiti. Il creditore, dunque, può indifferentemente agire sia verso il cedente che verso il cessionario, a prescindere dalla presenza nell’atto di cessione d’azienda di eventuali pattuizioni contrarie.
Il presupposto dell’iscrizione del debito pregresso nei libri contabili obbligatori dell’azienda richiesto dall’art. 2560 c.c. ha il fine di contemperare l’esigenza di tutela dei creditori con quella di certezza dei rapporti giuridici. Tale iscrizione, da un punto di vista processuale, è elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti, con la conseguenza che l’onere della prova di tale iscrizione ex art. 2697 c.c. spetta alla parte attrice e il mancato assolvimento di tale onere probatorio può essere rilevato anche d’ufficio dal Giudice.
Oggetto del contratto di trasferimento dei diritti di utilizzazione di un’opera dell’ingegno
Occorre distinguere fra il diritto di proprietà sul corpus mechanicum nel quale l’opera dell’ingegno è incorporata ed il diritto di utilizzazione economica (diritto di riproduzione, diritto di diffusione televisiva, ecc.), che spetta all’autore o ai suoi aventi causa; il contratto di trasferimento dei diritti di utilizzazione di un’opera dell’ingegno ha ad oggetto i diritti su questa e non anche il corpus mechanicum e cioè il supporto materiale nel quale l’opera è contenuta, che può costituire oggetto di un ordinario diritto di proprietà del tutto indipendente dai diritti di utilizzazione economica. Infatti la cessione di uno o più esemplari dell’opera non importa, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica regolati dalla legge sul diritto di autore (art. 109 della legge).
Cancellazione della società e sorte dei crediti litigiosi. Applicabilità della business judgement rule agli atti di organizzazione dell’attività di impresa
In caso di cancellazione di una società di capitali i soci subentrano nei rapporti attivi per i quali l’effetto rinunziativo, derivante dall’iscrizione della cancellazione da parte del liquidatore, è impedito da un’attività del liquidatore consistente in un’espressa gestione della posizione, ad esempio, attraverso la cessione del credito (ancorché litigioso) a terzi e l’inclusione del corrispettivo nel bilancio di liquidazione (e dunque nella distribuzione del ricavato) ovvero ancora nella attribuzione di un diritto già azionato ad un determinato socio (con menzione nella nota integrativa) (nella specie il Tribunale ha ritenuto che il giudizio introdotto dalla società poi cancellata potesse qualificarsi come rapporto giuridico “coltivato” da parte del liquidatore prima di procedere alla richiesta di cancellazione, essendo stato attivato dal liquidatore stesso, anche sulla scorta delle risultanze del bilancio finale di liquidazione).
Anche per gli amministratori di s.r.l. è richiesta una diligenza di carattere professionale, determinata dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo. Il socio di s.r.l. che agisce con l’azione sociale è onerato dell’allegazione e della prova, sia pure mediante presunzioni, dell’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale, di cui chiede in nome proprio ma nell’interesse della società, il ristoro, e della riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico.
All’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione, o le modalità e circostanze di tali scelte, ma solo l’omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità (cfr., Cass., 28 aprile 1997, n. 3652).
Tuttavia, il principio della insindacabilità delle scelte di gestione non è assoluto, avendo la giurisprudenza elaborato due ordini di limiti alla sua operatività. La scelta di gestione è insindacabile, in primo luogo, solo se essa è stata legittimamente compiuta (sindacato sul modo in cui la scelta è stata assunta) e, sotto altro aspetto, solo se non è irrazionale (sindacato sulle ragioni per cui la scelta compiuta è stata preferita ad altre). Quindi, se è vero che non sono sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali, anche se presentano profili di alea economica superiori alla norma, resta invece valutabile la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente – se necessario, con adeguata istruttoria – i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, così da non esporre l’impresa a perdite, altrimenti prevenibili. Inoltre, non basta che l’amministratore abbia assunto le necessarie informazioni ed abbia eseguito (attraverso l’uso di risorse interne o di consulenze esterne) tutte le verifiche del caso, essendo pur sempre necessario che le informazioni e le verifiche così assunte abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse.
Il significato e i limiti della business judgement rule trovano applicazione anche alle scelte organizzative degli amministratori. infatti, la funzione organizzativa rientra pur sempre nel più vasto ambito della gestione sociale e che essa deve necessariamente essere esercitata impiegando un insopprimibile margine di libertà, per cui le decisioni relative all’espletamento della stessa vengono incluse tra le decisioni strategiche. In altre parole, la predisposizione di un assetto organizzativo non costituisce l’oggetto di un obbligo a contenuto specifico, ma al contrario, di un obbligo non predeterminato nel suo contenuto, che acquisisce concretezza solo avuto riguardo alla specificità dell’impresa esercitata e del momento in cui quella scelta organizzativa viene posta in essere. E va da sé che tale obbligo organizzativo può essere efficacemente assolto guardando non tanto a rigidi parametri normativi (non essendo enucleabile dal codice un modello di assetto utile per tutte le situazioni), quanto ai principi elaborati dalle scienze aziendalistiche ovvero da associazioni di categoria o dai codici di autodisciplina.