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Tribunale di Roma


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17 Luglio 2017

La funzione del registro delle imprese e i limiti al sindacato del giudice del registro. L’opponibilità del patto di prelazione contenuto in uno statuto

Il registro delle imprese ha assunto, per volontà del legislatore del 1993, le funzioni tipiche di un pubblico registro cui è assegnata una insostituibile funzione informativa e pubblicitaria, costituendo in particolare l’unica fonte con validità legale dei fatti ed atti riguardanti il mondo delle imprese. Il registro, dunque, è destinato a creare nei confronti dei terzi un legittimo affidamento, giuridicamente tutelato, della legalità e validità delle informazioni e dei dati ivi inseriti; la funzione specifica di un pubblico registro consiste nel diritto, riconosciuto ad ogni cittadino, di accedervi ricavandone informazioni che hanno piena valenza giuridica, il che significa che le stesse sono normalmente esatte e veritiere, che possono essere utilizzate in ogni contenzioso da parte dei soggetti in lite e che il giudice le deve assumere come vere.

Con riferimento ai limiti del sindacato devoluto (dapprima) al conservatore del registro e (successivamente) al giudice del registro, si osserva che tali soggetti devono esercitare un controllo formale che si appunta sui requisiti formali della domanda (competenza dell’ufficio, provenienza e certezza giuridica della sottoscrizione, riconducibilità dell’atto da iscrivere al tipo legale, legittimazione alla presentazione dell’istanza di iscrizione). Essi, poi, devono valutare se l’illiceità dell’atto comprometta la riconducibilità al tipo legale giuridico di atto iscrivibile. Tuttavia, un controllo meramente formale non esaurisce i poteri (e la funzione) del conservatore. Al conservatore, infatti, è demandato anche il compito di verificare il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione (art. 2189, co. 2, c.c.): tale compito, evidentemente, implica l’accertamento della corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge, in ciò sostanziandosi il c.d. controllo qualificatorio. Così, il conservatore non deve limitarsi a ricevere l’atto e a verificare la regolarità e la completezza della domanda sotto il profilo formale, ma deve altresì procedere, appunto, alla qualificazione dell’atto presentato per l’iscrizione, onde accertare se sia conforme al modello di atto previsto dalla legge per il quale è prescritta l’iscrizione. In altre parole, è riconosciuto al conservatore (e, quindi, al giudice del registro) il potere di verificare se l’atto di cui si richiede l’iscrizione integri gli estremi della fattispecie per cui è richiesta l’iscrizione e, quindi, se l’atto da iscrivere corrisponda al modello legale (controllo di tipicità).

Il conservatore ha la funzione di verificare la compatibilità logica-giuridica tra le diverse iscrizioni. Ad opinare diversamente – nel senso, cioè, che il conservatore non possa verificare la compatibilità dell’atto con le risultanze del registro – verrebbe ad essere vanificata la stessa funzione del registro delle imprese, in quanto si verificherebbe la possibilità di iscrizione tra loro incompatibili, con conseguente venir meno di ogni possibile legittimo affidamento da parte dei terzi in ordine alla legalità ed alla validità delle informazioni contenute nel registro stesso. La verifica della continuità delle iscrizioni e, in particolare, la verifica della compatibilità delle diverse iscrizioni può implicare una attività di interpretazione sotto il profilo giuridico del contenuto dell’atto o del provvedimento da iscrivere.

Esula dai poteri del conservatore – e, quindi, del giudice del registro – il controllo sul merito di una possibile lite tra i soci. Così, un atto o una deliberazione devono essere considerati come validamente assunti finché non interviene l’annullamento o la revoca in via giudiziale o stragiudiziale.

Il controllo ha ad oggetto la formale verifica della corrispondenza tipologica dell’atto da iscrivere a quello previsto dalla legge, senza alcuna possibilità di accertamento in ordine alla validità negoziale dell’atto, poiché tale controllo potrà essere fatto unicamente in sede giurisdizionale. La radicale illiceità dell’atto può venire in rilievo solo se compromette la riconducibilità al tipo giuridico di atto iscrivibile.

Il controllo di tipicità non può sconfinare in una valutazione di merito dell’atto depositato, non potendo implicare un giudizio relativo all’eventuale non corrispondenza al vero di quanto in esso rappresentato. La previsione ex art. 2485 c.c. di accertamento da parte degli amministratori in ordine alla ricorrenza di causa di scioglimento di società disegna in capo all’organo gestorio una specifica ed esclusiva competenza dichiarativa in ordine a tale evento, non sindacabile nell’ambito del controllo c.d. qualificatorio spettante al conservatore in sede d’iscrizione ex art. 2189 c.c., ma semmai solo controvertibile in sede contenziosa.

Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali, poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. La violazione della clausola statutaria contenente un patto di prelazione comporta l’inopponibilità nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione – stante, appunto, l’efficacia reale del patto inserito nello statuto sociale – della cessione della partecipazione societaria (che resta, però, valida tra le parti stipulanti), nonché l’obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto, alla stregua delle norme generali sull’inadempimento delle obbligazioni. Per contro, siffatta violazione non comporta anche il diritto potestativo di riscattare la partecipazione nei confronti dell’acquirente, atteso che il c.d. retratto non integra un rimedio generale in caso di violazioni di obbligazioni contrattuali, ma solo una forma di tutela specificatamente apprestata dalla legge e conformativa dei diritti di prelazione, previsti per legge, spettanti ai relativi titolari. L’efficacia reale comporta di per sé l’opponibilità erga omnes della clausola, ma nel solo senso della inefficacia rispetto alla società dell’atto di trasferimento eseguito in violazione della clausola, potendo la società rifiutare di riconoscere quale socio l’acquirente della partecipazione il cui acquisto si sia verificato in violazione della clausola di prelazione. Al contrario, salvo il caso di espressa previsione statutaria, l’efficacia reale non implica la configurabilità di un diritto del socio pretermesso di riscattare la partecipazione oggetto della cessione non preceduta da adeguata denuntiatio. Il patto di prelazione vincola il socio nei confronti degli altri soci, nonché, se recepito nello statuto, anche nei confronti della società, ma non comporta la nullità del negozio traslativo nel rapporto tra socio cedente e terzo cessionario.

Il conservatore (e, quindi, il giudice del registro) non può operare, al momento dell’iscrizione di un atto di compravendita di partecipazioni sociali, una verifica del rispetto della clausola statutaria di prelazione, non afferendo tale valutazione al giudizio di corrispondenza tra l’atto da iscrivere ed il modello legale. In tali casi, infatti, la cessione delle partecipazioni sociali è perfettamente sussumibile nella fattispecie legale tipica a prescindere dal rispetto della clausola suddetta. La cessione delle quote o delle azioni corrisponde al modello legale cui aspira ad appartenere ancorché quella cessione sia intervenuta in violazione della clausola statutaria di prelazione proprio perché il rispetto di quest’ultima non assurge ad elemento costitutivo, sotto il profilo tipologico, della fattispecie. D’altra parte, anche a volere aderire all’orientamento più estensivo circa il perimetro dei controlli operabili dal conservatore e dal giudice del registro, la violazione della clausola di prelazione non sarebbe comunque verificabile in quanto da sua violazione non comporterebbe giammai la nullità del negozio traslativo.

12 Luglio 2017

Il rimborso della retribuzione dei lavoratori della consorziata si presume al lordo

Qualora, per l’espletamento di un appalto, il consorzio si sia obbligato al pagamento degli importi relativi alla retribuzione dei lavoratori impiegati dalla consorziata, una simile pattuizione [ LEGGI TUTTO ]

12 Luglio 2017

Concorrenza sleale per imitazione servile: interesse tutelato e criteri di comparazione tra prodotti

La disciplina della concorrenza sleale trova applicazione a tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operano quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinata a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni. Quale che sia l’anello della catena che porta il prodotto alla stessa categoria di consumatori in cui si collochi un imprenditore, questi viene a trovarsi in conflitto potenziale con gli imprenditori posti anche su anelli diversi, proprio perché è la clientela finale quella che determina il successo o meno della sua attività, onde ognuno di sé è interessato che gli altri rispettino le regole di cui all’art. 2598 c.c. [ LEGGI TUTTO ]

11 Luglio 2017

La sospensione cautelare della delibera che nomina l’organo amministrativo è ammessa fintanto che lo stesso dura in carica

Sono deliberazioni autoesecutive quelle che non necessitano di esecuzione, ovvero quelle di per sé insuscettibili di materiale esecuzione. In particolare sono tali le delibere a contenuto organizzativo, tra cui figura quella con cui si nomina [ LEGGI TUTTO ]

11 Luglio 2017

Non ha natura cautelare l’autorizzazione alla fusione nonostante l’opposizione dei creditori

Tenuto conto degli effetti connessi alla proposizione dell’opposizione alla delibera di fusione ed alla natura della operazione di fusione, deve ritenersi che l’autorizzazione alla fusione nonostante l’opposizione dei creditori prevista dall’ultimo comma dell’art. 2445 c.c. sia un provvedimento destinato semplicemente a rimuovere un ostacolo al compimento di un atto di autonomia privata, estraneo [ LEGGI TUTTO ]

6 Luglio 2017

Risoluzione per inadempimento di permuta di beni immobili con quote di s.r.l.

La norma di cui all’art. 1525 c.c., secondo la quale il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà, è dettata con esclusivo riferimento a tale fattispecie contrattuale, e non è, pertanto, suscettibile di applicazione analogica con riguardo ad altre figure negoziali, quali una permuta di beni immobili con quote societarie, che preveda a carico di una delle parti l’obbligo di versare all’altra una somma rateizzata a titolo di conguaglio. [ LEGGI TUTTO ]

6 Luglio 2017

Esclusione del socio di cooperativa edilizia; legittimità di clausole statutarie che prevedano il rimborso alla società delle spese amministrative

Nelle società cooperative la comunicazione della deliberazione di esclusione del socio, prevista ai fini del decorso del termine per proporre opposizione, non richiede l’adozione di specifiche formalità o di particolari mezzi di trasmissione né la rigorosa enunciazione degli addebiti, dovendosi considerare sufficiente [ LEGGI TUTTO ]

6 Luglio 2017

Sostituzione della delibera assembleare nulla di società consortile a responsabilità limitata.

La disciplina di cui all’art. 2377, 8° comma, c.c. – per cui l’annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto -, benché sia dettata con riferimento alle società per azioni ed alle deliberazioni annullabili, è applicabile, nei limiti della compatibilità, anche alle deliberazioni nulle (cfr. art. 2379, 4° comma, c.c.), nonché alle decisioni dei soci di S.r.l. (nel caso di specie consortili), per le quali opera invero il rinvio ex art. 2479 ter, 4° comma, c.c., sempre nei limiti della compatibilità. [ LEGGI TUTTO ]

6 Luglio 2017

Impossibilità di iscrizione nel registro imprese delle domande giudiziarie di trasferimento di quote sociali

Le domande giudiziarie aventi ad oggetto il trasferimento di quote sociali non sono suscettibili di iscrizione nel registro imprese atteso il principio di tipicità e tassatività degli atti ricavabile dagli artt. 2188 c.c.,7, comma 2 e 11 comma 6 lett. c) del d.p.r. 581/1995 e considerato il disposto di cui all’art. 14 disp. prel. c.c., in ossequio del quale l’interprete non può applicare analogicamente le norme che stabiliscono ipotesi tipiche di iscrizione per affermare l’iscrivibilità di atti non considerati dal legislatore.