Tribunale di Roma
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Effetti del disconoscimento della firma digitale dell’atto di cessione di partecipazioni sociali sulla successiva delibera assembleare.
L’utilizzo del dispositivo di firma digitale (nella specie, per la cessione di quote sociali) si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria.
Il disconoscimento della firma digitale posta su un atto di cessione di quote societarie operato nell’ambito del procedimento di impugnazione di una delibera approvata con voto determinante del cessionario, ove accertato dal giudice, comporta la nullità dell’atto di cessione e, in conseguenza, l’invalidità dell’assemblea sociale e della delibera in tale occasione approvata.
Violazione del divieto di concorrenza ex art. 2390 c.c., gratuità della carica gestoria e determinazione del compenso da parte del giudice
Ai fini della violazione del divieto di concorrenza, ex art. 2390 c.c., è necessario fare riferimento all’attività effettivamente e concretamente svolta dalla società, non rilevando esclusivamente le attività enunciate all’interno dell’atto costitutivo nel contesto dell’oggetto sociale. Inoltre, il rapporto concorrenziale deve essere concreto, includendo tutti gli aspetti qualificanti delle attività imprenditoriali coinvolte, nonché attuale, ovvero se potenziale deve fondarsi sulla ragionevole e prevedibile circostanza che in futuro l’attività potenzialmente concorrenziale abbia una proiezione evolutiva tale da porla, per l’appunto, in concorrenza con la società. [ LEGGI TUTTO ]
Insindacabilità nel merito delle scelte di gestione dell’amministratore e responsabilità dei direttori generali
Il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può investire le scelte di gestione, o le modalità e circostanze di tali scelte, ma solo l’omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.
La valutazione sulla responsabilità dell’amministratore non attiene al merito delle scelte imprenditoriali da lui compiute. La sua responsabilità ben può discendere, però, dal rilievo che le modalità stesse del suo agire denotano la mancata adozione di quelle cautele, o la non osservanza di quei canoni di comportamento, che il dovere di diligente gestione ragionevolmente impone, secondo il metro della normale professionalità, a chi è preposto ad un tal genere di impresa, ed il cui difetto diviene perciò apprezzabile in termini di inesatto adempimento delle obbligazioni su di lui gravanti.
La disciplina prevista per la responsabilità degli amministratori si applica ai direttori generali esclusivamente se la posizione apicale di tale soggetto all’interno della società, sia o meno un lavoratore dipendente, sia desumibile da una nominale formale da parte dell’assemblea o anche del consiglio di amministrazione, in base ad apposita previsione statutaria. In particolare, l’art. 2396 c.c. non contiene alcuna definizione di direttore generale legata al contenuto intrinseco delle mansioni, con la conseguenza che la responsabilità di un tale soggetto non può che essere ricollegata alla sua posizione apicale all’interno della società che deve essere necessariamente desunta dal dato formale della nomina da parte dell’assemblea od anche da parte del consiglio di amministrazione, in base ad apposita previsione statutaria, che indichi i compiti demandati.
D’altra parte, proprio perchè il legislatore non ha inteso fornire alcuna indicazione sulla mansioni svolte dal direttore generale, con la conseguenza che esse devono ricavarsi dall’atto di nomina, non è configurabile alcuna interpretazione estensiva o analogica che consenta di allargare lo speciale ed eccezionale regime di responsabilità di tale figura ad altre ipotesi, salva la ricorrenza dei diversi presupposti dell’amministratore di fatto.
Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del trasferimento a titolo oneroso di un’azienda la cui redditività si sia rivelata inferiore alle attese
Anche quando essa abbia ad oggetto un trasferimento d’azienda a titolo oneroso, la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, ai sensi dell’art. 1467 c.c., richiede [ LEGGI TUTTO ]
Azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. ed azione sociale di responsabilità ex art. 2394 c.c.
L’azione sociale di responsabilità ex art. 2476, III co., c.c., ha natura contrattuale. Essa, infatti, origina dall’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo, ovvero dall’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza e di intervento preventivo e successivo; obblighi tutti che [ LEGGI TUTTO ]
Competenza del Tribunale delle Imprese sulla azione di responsabilità ex art. 146 comma 2 l.f. e sulla domanda di pagamento del compenso di un ex amministratore di una società
L’ azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146, comma 2, l. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. ed è quindi di competenza del Tribunale delle Imprese.
E’ infondata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva [ LEGGI TUTTO ]
Consorzio con attività esterna e clausola compromissoria stipulata prima della dichiarazione di fallimento
Non è applicabile al consorzio con attività esterna, non costituito in forma societaria, l’art. 34 del D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 dal momento che la funzione tipica del consorzio è quella di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate [ LEGGI TUTTO ]
Sequestro conservativo dei beni di proprietà dell’amministratore per presunti atti di mala gestio
Per la concessione di un provvedimento cautelare è richiesta la coesistenza di due requisiti: quello del fumus boni juris e quello del periculum in mora, intesi -il primo- come dimostrazione della verosimile esistenza del credito per cui si agisce, essendo infatti sufficiente, in base ad un giudizio necessariamente sommario, la probabile fondatezza della pretesa creditoria, e -il secondo- come [ LEGGI TUTTO ]
Intenzionalità dell’atto dannoso e responsabilità del socio
Ai sensi del settimo comma dell’art. 2476 c.c. sono altresì solidamente responsabili con gli amministratori i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi, a prescindere dal fatto che ciò sia avvenuto in forza di un potere loro attribuito per legge o per statuto ovvero semplicemente di fatto ed anche solo in via occasionale. L’intenzionalità, cui fa riferimento la norma, deve essere interpretata quale consapevolezza dell’antigiuridicità dell’atto dannoso e con accettazione, quindi, del rischio che da tale condotta possano derivare danni alla società, ai soci ed ai terzi; quindi, ai fini della sussistenza della responsabilità in capo al socio non amministratore, è sufficiente che egli abbia deciso ed autorizzato e quindi abbia concorso al compimento dell’atto, nonostante avesse la consapevolezza della sua contrarietà a norme o a principi generali dell’ordinamento giuridico, con l’accettazione che da tale condotta possano derivare danni.
La perdita della qualifica di socio, se oggetto di impugnazione anche avanti ad arbitro, non è ostativa all’esercizio del diritto di accesso alla documentazione sociale
Ai fini del riconoscimento del diritto di informazione e consultazione dei libri e documenti sociali di cui all’art. 2476 comma 2 cod. civ. condizione necessaria e sufficiente è che il richiedente sia socio ma, per ragioni di tutela del diritto di difesa, a questa regola fa eccezione il caso in cui il soggetto, ormai [ LEGGI TUTTO ]