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Tribunale di Genova


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31 Marzo 2023

Principio di continuità dei bilanci e violazione dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza

L’inammissibilità della domanda di impugnazione del bilancio per preclusione temporale comporta una preclusione a prenderle in considerazione quali specifici motivi fondanti una decisione di invalidità della delibera di approvazione di quel bilancio. Ciò significa che, in ragione del principio di continuità dei bilanci, sarà consentito eccepire situazioni di invalidità/illegittimità del bilancio dell’esercizio precedente, ma a condizione che tali eccezioni siano collegate e strumentali a far valere l’illegittimità del bilancio successivo. In questi limiti e con questa finalità, il giudice potrà e dovrà conoscere in via incidentale di questo genere di censure rivolte al bilancio precedente.

Essendo le disposizioni relative alla redazione del bilancio poste a tutela di interessi trascendenti i limiti della compagine sociale e riguardando anche i terzi, essendo essi altresì destinatari delle informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, che il bilancio deve fornire con chiarezza, verità e precisione, è nulla per illiceità dell’oggetto la deliberazione con cui sia stato approvato il bilancio redatto in modo non conforme ai precetti normativi in materia.

Il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione è illecito ed è nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

29 Marzo 2023

La distinzione tra rapporto sociale e rapporto di scambio nelle cooperative

In tema di cooperative, il rapporto sociale, di carattere associativo, deve essere tenuto distinto da quello di scambio, di natura sinallagmatica; tali rapporti, infatti, seppur collegati, hanno causa giuridica autonoma. Il pagamento di una somma eseguito dal socio a titolo di prenotazione di un immobile deve essere ascritto al rapporto di scambio, perciò al pagamento del prezzo d’acquisto, alla cui restituzione la cooperativa è, quindi, tenuta in caso di scioglimento dal rapporto sociale per esclusione o per recesso, anche in presenza di un disavanzo di bilancio.

28 Febbraio 2023

Chiarimenti in tema di condanna alle spese, risarcimento del danno e restituzione dei profitti in materia di contraffazione

In tema di spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, esse hanno natura di allegazione difensiva e vanno comprese fra le spese processuali al cui rimborso la parte vittoriosa ha diritto, sempre che il giudice non ne rilevi l’eccessività o la superfluità. Non è peraltro possibile disporre la condanna del soccombente al pagamento di tali spese in mancanza di prova dell’esborso sopportato dalla parte vittoriosa, dovendosi escludere che l’assunzione dell’obbligazione sia sufficiente a dimostrare il pagamento.

La prova del lucro cessante da contraffazione di marchio, particolarmente onerosa per il danneggiato, non è richiesta come condizione imprescindibile per la liquidazione di tali danni patrimoniali considerato che, nel caso di violazione di diritti di proprietà industriale, il danno patrimoniale da lucro cessante si presume ed è liquidato in misura non inferiore a quella corrispondente ai canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso. Si tratta di una liquidazione minima per il danneggiato, che postula presuntivamente iuris et de iure il consenso del titolare del diritto allo sfruttamento del suo diritto e che può trovare applicazione anche quando il consenso in concreto non sarebbe stato concesso.

La logica strettamente restitutoria sottesa alla previsione di cui all’art. 125 comma 3 c.p.i., rimedio autonomo ed indipendente dallo strumento risarcitorio, oltre a comportare che lo stesso trovi attuazione anche in mancanza di prova del lucro cessante e in mancanza di elemento soggettivo del dolo o della colpa, ha quale ulteriore conseguenza che la condanna non possa che essere pronunciata esclusivamente nei confronti del soggetto percettore di tali utili.

28 Febbraio 2023

Il risarcimento del danno e la retroversione degli utili nella fattispecie di contraffazione di marchio

Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale per contraffazione di marchio, la prova del lucro cessante non è da considerarsi imprescindibile, atteso che nel caso di violazione di diritti di proprietà industriale il danno patrimoniale da lucro cessante si presume ed è liquidato in misura non inferiore a quella corrispondente ai canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare ove avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto. Tale principio può trovare applicazione anche quando il consenso del titolare del diritto non sarebbe stato concesso.

Ai fini della quantificazione della retroversione degli utili, la royalty di base deve essere innalzata considerando la royalty che ragionevolmente le parti avrebbero pattuito presupponendo la violazione come già avvenuta, posto che una diversa conclusione condurrebbe all’irragionevole parificazione tra il contraffattore e il soggetto che ha ottenuto regolare licenza di utilizzo.

La condotta del contraffattore che riproduce iniziative commerciali  (co-branding con rinomati marchi della moda) nella realtà intraprese dal titolare del diritto leso integra un danno all’immagine in capo a quest’ultimo e comporta un annacquamento del marchio violato.

Per la quantificazione del danno all’immagine, possono assumere rilievo – tra gli altri – gli effettivi costi pubblicitari sostenuti dal titolare del diritto violato.

La logica restitutoria dell’istituto della retroversione degli utili, oltre a comportare che lo stesso trovi attuazione anche in mancanza di prova del lucro cessante e in mancanza di elemento soggettivo del dolo o della colpa, comporta altresì che la condanna non possa che essere pronunciata esclusivamente nei confronti del soggetto percettore di tali utili.

21 Febbraio 2023

Sull’amministratore di fatto di società di capitali

In tema di società, la persona che, benché priva della corrispondente investitura formale, si accerti essersi inserita nella gestione della società stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza.

Le norme di legge che disciplinano l’attività degli amministratori di una società di capitali, dettate al fine di consentire un corretto svolgimento dell’amministrazione dell’ente, sono applicabili non soltanto alle persone fisiche immesse, nelle forme stabilite dalla legge, mediante atto negoziale di preposizione gestoria nelle funzioni di amministrazione, ma anche a coloro che si siano, di fatto ingeriti nella gestione della società in assenza di una qualsivoglia investitura da parte dell’assemblea, sia pur irregolare o implicita; con la conseguenza che i responsabili delle violazioni di dette norme vanno individuati, anche nell’ambito del diritto privato non sulla base della loro qualificazione formale, bensì con riguardo al contenuto delle funzioni concretamente esercitate.

9 Febbraio 2023

Riformulazione del brevetto avente ad oggetto un metodo di conservazione di vegetali e piante officinali

La riformulazione ex articolo 79 c.p.i. comporta la rinuncia al brevetto come originariamente concesso. La contraddizione fra rivendicazione e descrizione determina la carenza della sufficiente descrizione e la seguente invalidità della privativa, ai sensi dell’art. 76, lettera b), c.p.i. L’estensione dell’oggetto della privativa, all’esito della riformulazione ex art. 79 c.p.i., rispetto al brevetto originario, determina l’invalidità della rivendicazione estesa, ai sensi dell’articolo 76, lettera c), c.p.i.

1 Febbraio 2023

Compensi degli amministratori di s.r.l. e responsabilità degli amministratori privi di deleghe

Per le s.r.l., a differenza che per le s.p.a. per le quali l’onerosità dell’incarico di amministratore è prevista dall’art.2389 c.c., la remunerazione della carica degli amministratori è regolamentata dallo statuto o, in mancanza, da una specifica delibera societaria. In tale ultimo caso, l’approvazione dei compensi corrisposti agli amministratori, contestuale a quella del bilancio di esercizio, è legittima soltanto nel caso in cui l’assemblea vi abbia provveduto in modo espresso.

Tutti gli amministratori devono adempiere, ai sensi dell’art. 2392 c.c., i doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Il sistema della responsabilità degli amministratori privi di deleghe posto dagli artt. 2381 e 2392 c.c. conforma l’obbligo di vigilanza dei medesimi non più come avente ad oggetto il generale andamento della gestione, quale controllo continuo e integrale sull’attività dei delegati, ma richiedendo loro, secondo la diligenza esigibile sin dal momento dell’accettazione della carica, di informarsi e essere informati, anche su propria sollecitazione, degli affari sociali, e di trarne le necessarie conseguenze. Il perdurante dovere di controllo in capo ai medesimi può precisarsi come obbligo di informazione attiva e passiva, nonché di conseguente attivazione, al fine di scongiurare le condotte dei delegati da cui possa derivare danno alla società.

27 Gennaio 2023

Legittimazione a presentare opposizione all’ammortamento del certificato azionario

Unico legittimato all’opposizione all’ammortamento del certificato azionario è il socio, o il soggetto che si dichiari tale, che, a sua volta, sostiene di avere il possesso del certificato dichiarato come smarrito. Tale restrizione normativa della possibilità di opposizione deriva dall’essere la disciplina essenziale dettata in relazione i titoli al portatore, dove ogni questione in ordine al diritto incorporato si risolve nella genuinità e nel possesso del titolo stesso. Ne deriva la suggestione per cui tale limitazione potrebbe generare il rischio di intrusione nelle società di soggetti sconosciuti e privi di ogni titolo.

Il possesso del titolo, ottenuto secondo le regole sulla sua circolazione, ha la sola funzione di far presumere il diritto sullo stesso e la qualità coincidente con quel diritto. Nondimeno la società emittente può opporre a chiunque, non solo al titolare originario, ma anche agli aventi causa, ogni eccezione derivante dal rapporto di base, ovvero dal contratto sociale e, quindi, anche l’assenza totale del rapporto originario.

18 Gennaio 2023

Differenza tra le azioni ex art. 2394 ed ex artt. 2395-2476, co. 7, c.c.

L’azione prevista dall’art. 2394 c.c. è caratterizzata dal fatto che il danno prospettabile dal creditore è esclusivamente quello indiretto scaturente dalla riduzione della garanzia patrimoniale costituita dal patrimonio sociale, danno che colpisce indistintamente tutto il ceto creditorio pregiudicato dall’insufficiente capienza patrimoniale del debitore. Ben diversa è l’azione individuale del socio e del terzo prevista dall’art. 2395 c.c. (per le s.p.a.) e dell’art. 2476, co. 7, c.c. (per le s.r.l.), che identificano la responsabilità dell’amministratore per danni diretti (cioè danni non indirettamente derivanti dalla perdita del patrimonio sociale) alle ragioni dei creditori per fatti dolosi o colposi. Dalla radicale differenza tra le due azioni discende che ogni eventuale mutamento di domanda in corso di causa costituisce inammissibile mutatio libelli.