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Tribunale di Genova


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18 Febbraio 2022

Conferimento di licenza d’uso del marchio: definizione del thema decidendum e litispendenza

In tema di contratto di licenza di marchio di impresa e della sua risoluzione, in presenza di un giudizio pendente volto all’accertamento dell’inadempimento contrattuale, dell’illegittima risoluzione dello stesso contratto, con contestuale condanna al risarcimento dei danni da tali condotte derivanti nonché da violazione dei doveri di buona fede in fase precontrattuale e rottura delle trattative, il successivo giudizio instaurato volto all’accertamento dell’inadempimento contrattuale e dell’illegittimità della risoluzione con conseguente risarcimento dei danni da perdita di valore subita dalla compromissione della propria reputazione commerciale a causa dell’inadempimento contrattuale e dell’illegittima risoluzione, deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c. in attesa della definizione con sentenza passata in giudicato del primo giudizio in quanto integrante un’ipotesi di litispendenza ai sensi dell’art. 39 comma 1, c.p.c..[Secondo il Collegio giudicante, infatti, in entrambi i giudizi l’azione avanzata da parte attrice è da qualificarsi come azione di adempimento contrattuale con la conseguenza che il thema decidendum di entrambi i giudizi, così come l’identità delle parti, sia coincidente, e sia pertanto cristallizzata la sussistenza dei requisiti per la declaratoria di litispendenza della prima domanda instaurata da parte attrice.]

10 Febbraio 2022

Conflitto tra segni distintivi: eccezioni in senso stretto e rilevabili d’ufficio

Il comma III dell’art. 138 RMUE, sancendo che il titolare del marchio UE non può opporsi all’esercizio di un diritto anteriore di portata locale, definisce un limite intrinseco ai diritti derivanti dalla registrazione del marchio UE: non riserva al titolare di un diritto anteriore di portata locale il rilievo di tale situazione né prevede che la manifestazione di volontà di tale soggetto sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva, situazioni in cui deve escludersi la rilevabilità d’ufficio.

 

8 Febbraio 2022

Responsabilità di amministratori e sindaci per aggravamento del dissesto

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali.

In ragione della onerosità della prova gravante sulla procedura che agisce, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sugli amministratori convenuti la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza.

Pur in assenza di un’espressa previsione normativa, esigenze di coerenza sistematica inducono a ritenere che anche agli amministratori di s.r.l. sia richiesta una diligenza di carattere professionale, determinata in funzione della natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze, così come previsto per le s.p.a. all’art. 2392 c.c. La responsabilità degli amministratori verso la società si configura quale responsabilità risarcitoria, di natura contrattuale, che grava in solido su tutti gli amministratori. Spetta agli amministratori, dunque, provare con riferimento agli addebiti contestati l’osservanza dei doveri previsti dall’art. 2392 c.c., con la conseguenza che gli amministratori dotati di deleghe (cc.dd. operativi) – ferma l’applicazione della business judgment rule – rispondono non già con la diligenza del mandatario, ma in virtù della diligenza professionale esigibile ex art. 1176, co. 2, c.c. Quanto all’azione dei creditori sociali, per la quale il curatore è legittimato straordinario ai sensi dell’art. 2394 bis c.c., essa si fonda sulla violazione da parte degli amministratori del dovere di conservare l’integrità del patrimonio sociale, quale garanzia generica dell’adempimento delle obbligazioni verso i terzi (art. 2740 c.c.). Essa ha natura extracontrattuale e presuppone l’insufficienza patrimoniale cagionata dall’inosservanza di obblighi di conservazione del patrimonio sociale.

In tema di criterio applicabile alla quantificazione del danno nel casi di azione di responsabilità esercitata dal curatore nei confronti dell’amministratore, l’inadempimento di specifici obblighi (quali la distrazione di alcuni beni sociali, la mancata redazione di due bilanci di esercizio e delle relative dichiarazioni fiscali e l’omessa tenuta delle scritture contabili) non giustifica di per sé la determinazione del danno risarcibile nella misura della differenza tra il passivo e l’attivo, che può integrare un parametro per la liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. La mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili addebitabile all’amministratore della società, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizione, sempreché il ricorso ad esse, in ragione delle circostanze del caso concreto, sia logicamente plausibile e sia stato, comunque, allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentando, con specifica indicazione delle ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo.

Il criterio c.d. della differenza dei netti patrimoniali consiste nella comparazione dei patrimoni netti, determinati secondo criteri di liquidazione previa, se del caso, rettifica delle voci di bilancio scorrette, registrati alla data della (doverosa) percezione del verificarsi della causa di scioglimento da parte degli organi sociali e alla data di messa in liquidazione della società (o di fallimento della stessa). Il danno in termini di “perdita incrementale netta” consente di apprezzare in via sintetica, ma plausibile, l’effettiva diminuzione subita dal patrimonio della società (dunque, il danno per la società e per i creditori) per effetto della ritardata liquidazione.

8 Febbraio 2022

Invalidità delle decisioni dei soci di s.r.l.

L’illegittima formazione delle maggioranze ai fini delle decisioni dei soci nella s.r.l. non costituisce in ogni caso vizio di nullità, ma di mera annullabilità della delibera. La nullità è, infatti, prevista soltanto per il caso di decisioni aventi oggetto illecito o impossibile oppure prese in assenza assoluta di informazioni (art. 2479 ter, co. 3, c.c.) oppure che dispongono modifiche dell’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Per tutte le decisioni che non sono state prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo è, invece, dettato (art. 2479 ter, co. 1, c.c.) il regime della annullabilità.

8 Febbraio 2022

Diligenza e responsabilità degli amministratori di s.r.l.

Pur in assenza di un’espressa previsione normativa, anche agli amministratori delle s.r.l. è richiesta una diligenza di carattere professionale, determinata in funzione della natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze, così come previsto per le s.p.a. all’art. 2392 c.c. La responsabilità degli amministratori verso la società si configura, come nelle s.p.a., quale responsabilità risarcitoria, di natura contrattuale, che grava in solido su tutti gli amministratori. Spetta agli amministratori, dunque, provare con riferimento agli addebiti contestati l’osservanza dei doveri previsti dal testo dell’art. 2392 c.c., con la conseguenza che gli amministratori dotati di deleghe (cc.dd. “operativi”) – ferma l’applicazione della business judgment rule – rispondono non già con la diligenza del mandatario, ma in virtù della diligenza professionale esigibile ex art. 1176, co. 2, c.c. Quanto all’azione dei creditori sociali, per la quale il curatore è legittimato straordinario ai sensi dell’art. 2394 bis c.c., essa si fonda sulla violazione da parte degli amministratori del dovere di conservare l’integrità del patrimonio sociale, quale garanzia generica dell’adempimento delle obbligazioni verso i terzi (art. 2740 c.c.). Essa ha natura extracontrattuale e presuppone l’insufficienza patrimoniale cagionata dall’inosservanza di obblighi di conservazione del patrimonio sociale.

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali. Conseguentemente, in ragione della onerosità della prova gravante sulla procedura che agisce, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sugli amministratori convenuti la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza.

25 Gennaio 2022

Dichiarazione di nullità per mancanza di novità dovuta all’interferenza con il marchio notorio “Zara”

L’essere oggetto di articoli di stampa e di ricerche costituisce un serio indice di notorietà del marchio. Anche indagini demoscopiche che evidenziano una conoscenza media del marchio tra i consumatori italiani prossima al 50% è una prova più che sufficiente per ritenere il marchio notorio o rinomato. Tali concetti corrispondono ad una precisa categoria normativa (art. 20 comma 1 c.p.i.) la quale ha ricevuto una interpretazione giurisprudenziale non particolarmente restrittiva, essendo state ammesse anche la notorietà locale, di settore (se non altamente specialistica) o non accompagnate da un collegamento a caratteristiche straordinarie del prodotto. In ogni caso, la tutela extra-merceologica che discende dal riconoscimento della notorietà del marchio non è tuttavia un concetto di applicazione generale ed automatica. Perché il marchio rinomato antecedente inibisca l’uso di segni simili in ogni settore commerciale, anche diverso da quello di impego concreto da parte del titolare devono ricorrere alcune condizioni: 1) l’uso del marchio successivo di marchio simile ad altro notorio in diverso settore crea un vantaggio indebito al titolare di quello preventivamente registrato; 2) se a tale vantaggio corrisponde un danno per il titolare del marchio antecedente; 3) se non vi è giustificato motivo per la nuova utilizzazione.

5 Gennaio 2022

Contraffazione e carattere distintivo del marchio “Smart”

Secondo la giurisprudenza di legittimità, tanto la volgarizzazione del marchio quanto l’originaria impossibilità di utilizzare un termine comune come marchio, sono concetti che non escludono la sopravvivenza del “significato differenziante” del marchio in un singolo settore di mercato, ovvero l’originaria utilizzabilità di un termine comune, che risulti tuttavia dotato di un particolare significato distintivo in un settore in cui non è d’uso. [In applicazione del principio in esame, il Tribunale ha ritenuto dotato di capacità distintiva nel settore automobilistico il marchio “Smart”, pur osservando che, attualmente, il termine “Smart” si presta ad una possibile volgarizzazione, essendo impiegato in numerosi settori merceologici per designare prodotti di progettazione accurata, tecnologicamente avanzata, gradevoli e/o utili].

31 Dicembre 2021

Sulla revoca del liquidatore e l’impugnazione del bilancio finale di liquidazione. Nullità della delibera assembleare di approvazione del bilancio redatto in modo contrario alla forma legale di amministrazione della società.

Le contestazioni intese ad ottenere la revoca della nomina del Curatore speciale non hanno incidenza alcuna sulla validità degli atti da lui compiuti, posto che la revoca non può che operare ex nunc, restando salva, ad ogni effetto, l’attività già compiuta. L’eventuale impugnazione del decreto di nomina, ove ammissibile, avrebbe dovuto essere proposta col diverso mezzo reclamo alla Corte di Appello ex art. 739 c.p.c.

In ordine alla particolare impugnazione (reclamo) del bilancio di liquidazione ex art. 2492 co. 3 c.c. si deve osservare come la stessa costituisca un mezzo straordinario per impugnare lo stesso ove già adottato ed “eseguito”, come consentito dalla legge (art. 2492), dall’organo amministrativo. Nel caso in cui appare approvato un bilancio dell’ultima fase di amministrazione liquidatoria con piano di riparto finale ancora da eseguirsi, ed in effetti poi non eseguito i soci dissenzienti possono sicuramente impugnare “a monte” la delibera di approvazione di un riparto che non condividono, risultando anzi dubbia, ove non lo facciano, la loro facoltà di contestare “a valle” l’esecuzione conforme di quel riparto.

Nelle società di capitali, al contrario che nelle società di persone, la precisa articolazione dei compiti degli organi e la loro potenziale, e nel caso effettiva, distinzione soggettiva, non consente di ritenere alcun effetto sanante della assemblea plenaria, restando la stessa convocata a deliberare su oggetto illecito, ovvero su una proposta avanzata in forma contraria all’ amministrazione in forma legale della società (nel caso di specie il bilancio era stato redatto da uno solo dei due amministratori con poteri paritari e congiunti risultando così l’adozione del suddetto bilancio una violazione di precetto inderogabile costituente causa di nullità della delibera).

28 Dicembre 2021

Effetti del recesso sulla nota integrativa di bilancio

Ai sensi dell’OIC nn. 11 e 29, la comunicazione di recesso trasmessa dal socio di S.p.A., a cui non abbia ancora fatto seguito la liquidazione del valore della partecipazione del socio recedente, non deve essere recepita all’interno della nota integrativa del bilancio di esercizio, quando essa sia stata trasmessa a seguito della predisposizione del progetto di bilancio a cura dell’organo amministrativo della società.