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Tribunale di Napoli


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4 Maggio 2023

L’inesistenza della procura alla lite è insanabile ex art. 182, co. 2, c.p.c. (precedente versione)

L’art. 182, co. 2, c.p.c. non consente di sanare l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite. L’estensione della sanatoria anche alle fattispecie di inesistenza di procura, non enunciata espressamente dalla legge, si porrebbe in irrisolvibile contrasto con gli artt. 125, co. 2, 165, 166 e 168 c.p.c. nonché con l’art. 72 disp. att. c.p.c. e si assisterebbe, in assenza di un espresso volere del legislatore, ad un’impropria confusione tra il potere di stare in giudizio in senso sostanziale (legittimazione) e la rappresentanza processuale ad litem. Solo nel primo caso, ossia per il difetto di rappresentanza sostanziale, che si traduce nel processo nella mancanza di una delle condizioni dell’azione, è ragionevole che l’assenza di potere possa essere sanata in ogni tempo (con la costituzione del soggetto legittimato o di quello adiuvante ovvero con il deposito degli atti autorizzativi, ratificandosi comunque l’operato del falsus procurator), senza implicazioni processuali, trattandosi di vicenda riguardante esclusivamente il diritto sostanziale. Nel secondo caso, invece, l’esistenza ab origine della procura alla lite costituisce presupposto processuale indefettibile, potendo un attore stare in un giudizio solo per il tramite di un avvocato al quale sia stato attribuito il ministero difensivo con conferimento di procura. Tale tipo di vizio non è rimediabile, poiché la sanatoria di cui al co. 2 dell’art. 182 c.p.c. si riferisce alla categoria della nullità della procura, emendabile attraverso la rinnovazione, eliminando il vizio che l’affetta oppure, a discrezione della parte, mediante il rilascio di una nuova procura. Tale previsione non contempla affatto che una procura possa non essere esistita, ma, ben diversamente, che la parte possa sanare il vizio, implicante nullità, di una già oggetto di preventiva ostensione [nel caso di specie, non era applicabile ratione temporis la nuova versione dell’art. 182, co. 2, c.p.c., che contempla anche l’assenza della procura].

21 Aprile 2023

Fideiussione specifica conforme allo schema ABI e clausola “floor”

Poiché il provvedimento di Banca d’Italia del 2005 ha accertato la sussistenza di un’intessa anticoncorrenziale con riferimento alla fattispecie della fideiussione c.d. omnibus, non è possibile invocare la natura di prova privilegiata di tale decisione da parte di coloro che abbiano sottoscritto fideiussioni c.d. specifiche, pur se riproducenti lo schema ABI, e pertanto far valere la nullità di queste ultime, qualificate come contratti “a valle”.

Ai fini dell’accertamento di un’intesa anticoncorrenziale in materia bancaria non è infatti sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa “a monte”, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito

L’apposizione di una clausola “floor” in un contratto di mutuo non viola automaticamente i doveri di correttezza e trasparenza in materia consumeristica nei rapporti con i clienti laddove la clausola sia assolutamente comprensibile e sia stata esplicitamente stipulata da una società di capitali.

Più in generale, infatti, il giudizio di “immeritevolezza” di un contratto ai sensi dell’art. 1322, II comma, c.c. non può essere formulato in astratto ed ex ante, limitandosi a considerare il solo contenuto oggettivo dei patti contrattuali, ma va compiuto in concreto ed ex post, ricercando lo scopo pratico perseguito dalle parti o il risultato avuto di mira dalle parti con la conclusione del contratto, e tale risultato dovrà dirsi immeritevole solo quando sia contrario alla coscienza civile, all’economia, al buon costume o all’ordine pubblico.

13 Aprile 2023

Fideiussioni specifiche e nullità per intese anticoncorrenziale

In materia di nullità delle fideiussioni, il provvedimento n. 55/2005 con cui la Banca d’Italia ha giudicato gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI in contrasto con l’art. 2, comma 2, lettera a) della Legge n. 287/1990 (ritenendo che tali clausole possano determinare effetti anticoncorrenziali in senso sfavorevole alla clientela) riguarda esclusivamente le fideiussioni omnibus, non investendo invece le fideiussioni rilasciate a garanzia di obbligazioni derivanti da specifiche operazioni bancarie.

(Nel caso di specie, parte attrice aveva chiesto al Tribunale di accertare e dichiarare la nullità di una fideiussione prestata con riferimento ad un unico e specifico rapporto di finanziamento, deducendo quale prova privilegiata a sostegno della natura anticoncorrenziale delle clausola impugnate il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005).

11 Aprile 2023

Esclusione del socio di s.r.l. e presupposti per la sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare

Pur nella indubbia ampiezza del rinvio operato all’autonomia privata, l’art. 2473 bis c.c. pone un duplice limite all’esercizio del potere di autoregolamentazione sociale in materia: l’indicazione specifica delle ipotesi di esclusione e la qualificabilità delle stesse in termini di gravità e di giustezza causale. Il primo limite vieta ai soci di prevedere l’adozione di clausole generiche ed indeterminate, imponendo di ancorare l’esclusione ad un parametro oggettivo preventivamente determinato. Il secondo funge da limite interno e deve essere inteso nel senso che l’esclusione debba trovare fondamento nella violazione di un interesse sociale meritevole di tutela. È proprio infatti la previsione della sussistenza di una giusta causa che mira ad escludere in radice ipotesi di abuso del diritto, impedendo che la decisione possa di volta in volta essere riempita con una valutazione eccessivamente discrezionale da parte della maggioranza, tutelando l’interesse del singolo socio di non essere vittima di abusi preconfezionati in clausole statutarie. È necessario, dunque, che la clausola di esclusione sia espressamente indicata come tale dai soci nell’atto costitutivo o nello statuto, che sia dotata del carattere della specificità e che consista in una regola organizzativa suscettibile di applicazione nei confronti di tutti i soci, senza, peraltro, potersi riferire individualmente ad un socio specificamente determinato.

Possono costituire giusta causa di esclusione, purché individuate in modo specifico e debitamente circoscritte, ipotesi attinenti: ad eventi che colpiscano direttamente la sfera soggettiva del singolo socio (incapacità sopravvenuta, condanna penale), ad eventi che incidano sul rapporto sociale sotto il profilo dell’inadempimento, anche non imputabile, degli obblighi contrattuali di gravità tale, comunque, da costituire un pregiudizio per l’efficiente svolgimento dell’attività sociale nonché la violazione dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza e correttezza che discendono dalla natura fiduciaria, comunque caratteristica, del rapporto sociale.

L’art. 2378 c.c., nel disciplinare il procedimento cautelare volto ad ottenere la sospensione della delibera assembleare, prescrive, ai commi 3 e 4, che il ricorso debba essere depositato contestualmente al deposito della citazione introduttiva del merito e che il procedimento cautelare debba essere assegnato al medesimo giudice designato per la trattazione della fase di merito. La ratio sottesa alla disposizione citata è quella di evitare gli effetti distorsivi di una eventuale azione di sospensione della delibera sociale disgiunta dall’azione di annullamento (o nullità) della stessa. Tale scelta risponde alla logica di certezza dei rapporti giuridici e, prima ancora, della stabilità degli effetti delle decisioni assunte, che permeano l’intera disciplina del diritto societario, in funzione delle esigenze di certezza e stabilità dei traffici economici. Il principio di contestualità e la previsione di un unico giudice designato vanno, quindi, letti in questa chiave: i due accertamenti, cautelare e di merito, devono coesistere, rimanendo inammissibile un giudizio cautelare tipico autonomo.

La disposizione ex art. 2378, co. 3, c.c., applicabile anche alle deliberazioni di assemblea di s.r.l. per effetto del rinvio contenuto nell’art. 2479 ter, co. 4, c.c. e, benché non espressamente richiamata dall’art. 2379, co. 4, c.c., alle delibere nulle, mira ad evitare che il ricorrente possa ricevere pregiudizio nelle more del processo volto all’invalidazione della delibera assembleare ex artt. 2377 e 2378 c.c.

Avendo natura cautelare, l’accoglimento dell’istanza di sospensione, presuppone, ai sensi e per effetto dell’art. 669 quaterdecies c.p.c., che sussistano i presupposti del fumus boni iuris, sebbene la norma non vi faccia espresso riferimento, e del periculum in mora, sia pure con le peculiarità previste dall’art. 2378, co. 4, c.c. sul giudizio comparativo ivi delineato. Invero, l’accertamento del periculum, ai sensi della citata disposizione, richiede che il pregiudizio, che in termini di irreparabilità della lesione potrebbe subire il ricorrente dalla permanente efficacia (o esecuzione) della deliberazione impugnata, non debba essere visto a sé stante ed in via esclusiva, ma debba essere valutato in concreto comparandolo con quello che viceversa potrebbe patire la società per effetto della sospensione di tale decisione. Quanto al fumus, invece, esso va inteso quale probabile esistenza, sulla base di una cognizione sommaria, di un vizio invalidante che comporterebbe l’annullabilità ovvero la nullità della decisione medesima.

6 Aprile 2023

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore

La responsabilità dell’amministratore va ricostruita secondo lo schema tipico della responsabilità da inadempimento contrattuale. Tra gli obblighi esistenti in capo all’amministratore vi sono sicuramente quelli di tutelare il patrimonio sociale. Affinché vi possa essere risarcimento per comportamento illegittimo dell’amministratore, occorre che sia provata non solo l’illiceità del comportamento, ma anche la conseguenza dannosa che da questa discende, in modo causalmente connesso e, quindi, che una volta individuati i comportamenti violativi degli obblighi di legge e di statuto, che siano addebitabili agli organi gestori, sia dedotto e provato che gli stessi abbiano arrecato un danno al patrimonio sociale (e quello conseguente alle aspettative dei creditori) e che tra condotta illecita e pregiudizi patrimoniali sussista un nesso causale.

4 Aprile 2023

Efficacia preclusiva del giudicato sulla validità dei contratti di garanzia personale

In tema di giudicato “implicito”, si ritiene che l’autorità del giudicato copra sia il dedotto che il deducibile, cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione (giudicato implicito).

Ne discende quindi che qualora giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune a entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del primo; pertanto, il giudicato formatosi su un diritto logicamente e giuridicamente conseguente ad una premessa, astrattamente configurante uno scopo o petitum diverso, preclude il riesame, in un successivo giudizio, di tale precedente aspetto.

La validità del negozio, ovvero l’oggetto del giudicato che si è formato con riferimento a quelle statuizioni che implichino (e dunque non affermino esplicitamente) la ritenuta validità del contratto, è evidentemente ostativa alla deduzione – in nuovo autonomo giudizio di cognizione – della nullità, per qualsiasi causa, del contratto presupposto, ritenuto valido.

4 Aprile 2023

Nullità per conformità allo schema ABI delle sole fideiussioni omnibus

L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia è costituito dalle condizioni generali della sola fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, assunti dal debitore principale entro un limite massimo predeterminato ai sensi dell’art. 1938 c.c. Ne discende che qualora taluno si sia obbligato rispetto ad una fideiussione avente i caratteri su esposti e così qualificata potrà invocare la natura di prova privilegiata della decisione della Banca d’Italia e porla a fondamento della tutela richiesta, unitamente alla prova dell’applicazione uniforme.

La tesi secondo cui la nullità può colpire anche le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 287/90 e ciò a prescindere dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005, non è condivisibile. Trattasi, invero, di un’enunciazione astratta, che richiama il principio generale di cui all’art. 2 l. n. 287/90, ma che va valutata con riferimento alle singole fattispecie concrete, in cui deve essere fornita dall’attore ex art. 2697 c.c. la prova dell’intesa anticoncorrenziale illecita da cui discendono gli effetti della nullità sui contratti “a valle”. Al riguardo, non è sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa “a monte”, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.

30 Marzo 2023

Responsabilità solidale degli amministratori di fatto e di diritto e quantificazione del danno in assenza di scritture contabili

L’amministratore di fatto è titolare, nello svolgimento della sua gestione, dei medesimi poteri degli amministratori di diritto, ed è correlativamente assoggettato agli obblighi previsti dalla legge, ivi compreso, ai sensi dell’art. 2392 c.c., quello generale di vigilanza sull’andamento della gestione. Ne consegue che, nel caso in cui la società sia di fatto amministrata da soggetto diverso dall’amministratore formalmente nominato, le condotte di mala gestio sono imputabili anche all’amministratore di fatto.

In una situazione in cui la carenza delle scritture contabili impedisca al curatore di ricostruire l’andamento della gestione e di individuare specificamente le condotte che hanno cagionato il dissesto o comunque causative di eventuali danni ai creditori sociali, l’utilizzo del criterio dello “sbilancio” deve ritenersi possibile quantomeno allo scopo di quantificare in via equitativa il danno.

29 Marzo 2023

Distinzione tra fideiussione e garanzia autonoma (garantievertrag)

Per determinare se un determinato contratto debba essere ricondotto allo schema tipico della fideiussione o a quello atipico della garanzia autonoma, risulta maggiormente significativo, piuttosto che il criterio letterale e la rilevanza in tal senso della clausola “a prima richiesta e senza eccezioni”, quello della causa che, avendo la prima una funzione satisfattiva e la seconda una funzione indennitaria.

Ulteriori elementi utili che possono indurre a collocare la fideiussione fuori dall’ambito della garanzia autonoma, sono rappresentanti dal fatto che: (i) la fideiussione sia stata ricevuta da una banca, mentre quella autonoma vede generalmente la stessa banca nel ruolo di garante; (ii) la fideiussione concerne obbligazioni future, mentre la garanzia autonoma dovrebbe accedere ad obbligazioni contestuali all’assunzione della garanzia; (iii) la garanzia autonoma nei rapporti garante-debitore principale ha un carattere necessariamente oneroso, caratteristica non necessaria nella fideiussione che può dunque anche avere carattere gratuito.

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a, della l. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.

29 Marzo 2023

Determinazione della competenza in presenza di sedi secondari

La presenza di una sede operativa in località diversa dalla sede legale della società non è idonea di per sé a radicare la competenza per territorio con riferimento al forum commissi delicti. Infatti, pur quando dalla visura di una società emerga la presenza di una sede operativa secondaria, l’assenza di espressa indicazione circa la presenza di un rappresentante preposto a quella sede, necessaria ai sensi dell’art. 2197 c.c., non consente che sia presunta la preposizione a quella sede di un soggetto munito di potere rappresentativo.