Tribunale di Palermo
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Approvazione del bilancio ed effetti interruttivi della prescrizione
Il riconoscimento del diritto, al fine della interruzione della prescrizione, ex art. 2944 cod. civ., è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, della inequivocità, della esternazione e della recettizietà, requisiti che devono coesistere nello stesso atto, restando escluso che questo possa essere ricomposto a posteriori attraverso l’integrazione a mezzo dei risultati di attività probatoria svolta nel processo. Ne consegue che la ricognizione interruttiva della prescrizione non può essere ricollegata alla correlazione tra una singola voce, complessiva e generica, di bilancio, ed un atto interno di contabilità specificativo, in quanto, in tale ipotesi, il bilancio non è fornito di quel carattere specificatorio necessario per integrare la manifestazione di consapevolezza idonea alla ricognizione del singolo debito, mentre l’atto interno, pur dotato di specificità, è, però, privo della esteriorizzazione implicante la manifestazione di consapevolezza.
All’approvazione del bilancio, non può attribuirsi il valore di una rinuncia tacita alla prescrizione. Poiché la funzione del bilancio è quella di informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione, la relativa delibera di approvazione integra gli estremi di una dichiarazione di scienza, che solo a certe condizioni può integrare gli estremi di un atto negoziale.
La determinazione del danno da mancata nomina alla carica di presidente del CdA
Con riferimento agli interessi pretensivi, l’ingiustizia del danno si configura in relazione alla consistenza della protezione che l’ordinamento riserva all’istanza di ampliamento della sfera giuridica del pretendente, essendo necessario che egli sia titolare non già di una mera aspettativa, bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la consecuzione, secondo la disciplina applicabile ed un criterio di normalità, di un esito favorevole.
Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito.
Società “in house” e accertamento della qualità di socio in capo ad un ente locale
Quando le società in house sono partecipate da più enti pubblici, la funzione di controllo sulle stesse, non potendo essere esercitata individualmente da ogni singolo ente, deve necessariamente essere esercitata collettivamente ossia dall’insieme della compagine pubblica partecipante alla società. Infatti il significato della partecipazione di un ente pubblico a una società partecipata “interamente” da altri enti pubblici sta, proprio, nella predisposizione di una formula organizzativa che consenta l’esercizio in comune di servizi da parte di enti pubblici aventi interessi omogenei, in coerenza con la ratio della legge istitutiva degli ATO (D. Lgs 152/2006 e successive modifiche).
Natura unilaterale recettizia della dichiarazione con cui il socio comunichi l’esercizio del diritto di recesso
La dichiarazione con cui il socio eserciti il proprio diritto di recesso convenzionale ha natura unilaterale recettizia ed è, pertanto, destinata a produrre effetti allorquando giunge a conoscenza del destinatario. La previsione statutaria di una successiva deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea che operi come condizione di efficacia non muta la configurazione del recesso come negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare o di conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito.
Se così è – trattandosi di dichiarazione unilaterale recettizia destinata a produrre effetti allorquando giunge a conoscenza del destinatario, che mai è stata seguita da una revoca – la condizione di efficacia deve ritenersi verificata con l’adozione di delibera di accettazione del recesso da parte del CDA, restando del tutto irrilevante una eventuale precedente delibera di segno opposto.
Impugnabilità delle delibere di approvazione del bilancio nelle società di capitali
Il fatto che l’85% del capitale sociale e l’intero complesso dei beni aziendali appartengano allo Stato, giusto provvedimento di confisca adottato ex lege 575/65, non vale a radicare la competenza, quale giudice dell’esecuzione, del Tribunale che ha disposto la confisca, in caso di impugnazione, da parte del socio di minoranza, delle delibere di approvazione dei bilanci d’esercizio di una società di capitali. A quest’ultimo, infatti, la legge riserva meramente l’accertamento e il soddisfacimento dei diritti dei creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni confiscati anteriormente alla trascrizione del sequestro e di quelli che, sempre prima della trascrizione del sequestro, abbiano trascritto un pignoramento sui beni o siano intervenuti nell’esecuzione iniziata con tale pignoramento.
La delibera di approvazione del bilancio di società di capitali, che, ovviamente, non può prescindere dalla relazione di accompagnamento redatta dall’amministratore, non comporta automaticamente – in difetto di espressa previsione nell’ordine del giorno sul quale l’assemblea è stata convocata – l’approvazione anche degli atti gestori menzionati nella relazione. Infatti, in tema di società di capitali, l’approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto d’interessi, in quanto sia la disciplina del bilancio che quella dell’assemblea hanno natura imperativa e rispondono all’interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell’attività economica.
Il vizio della delibera assembleare (volta ad approvare il bilancio) sostanziantesi nell’assenza assoluta di informazione è ravvisabile nel caso di decisione adottata non già con il metodo della consultazione scritta, bensì con il metodo assembleare, allorquando la convocazione difetti. Ad ogni modo, spetta poi al giudice di merito la valutazione delle caratteristiche del caso concreto, tra le quali rientra, inter alia, la possibilità per il socio di ottenere un rinvio dell’assemblea in base al generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, nel caso in cui egli, per causa a lui non imputabile, nonostante la regolarità della convocazione, non sia stato messo nelle condizioni di partecipare all’assemblea sulla base di una tempestiva informazione.
Uso e registrazione di marchio identico al marchio anteriore registrato altrui per prodotti affini
Gli artt. 2569 c.c. e 20 c.p.i. attribuiscono al titolare del marchio di impresa registrato la facoltà di fare uso esclusivo del marchio ed il diritto di vietare a terzi – fermo restando il diritto di chi abbia dimostrato un preuso avente portata locale di continuare in tale preuso, nell’ambito di una sorta di “duopolio” – di usare un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
I marchi di cui costituiscono il cuore il nome comune dell’ingrediente principale usato per la preparazione dei prodotti seguito dal suffisso “osa”, non può ritenersi abbiano mera valenza descrittiva degli stessi. L’uso del suffisso “osa” evocativo del concetto di “golosità” e dunque della gradevolezza al gusto dei prodotti così denominati consente infatti di attribuire ai lemmi in questione una efficacia individualizzante sufficiente a rendere i marchi di cui costituiscono il cuore meritevoli di tutela (Il nucleo essenziale dei marchi per cui è causa è costituito dalle parole PISTACCHIOSA e MANDORLOSA per prodotti di pasticceria).
Considerata l’appartenenza dei prodotti contraddistinti dai marchi per cui è causa alla medesima categoria merceologica – l’identità fonetica del cuore dei marchi utilizzati dalle due società rende irrilevanti le differenze grafiche apportate, restando ininfluente il fatto che i marchi in questione siano annoverabili tra i marchi deboli in ragione dell’aderenza concettuale agli ingredienti base dei prodotti dagli stessi contraddistinti.
Il fatto che i prodotti abbiano una destinazione differente non è sufficiente a escludere il rischio di confusione atteso che il pubblico al quale sono destinati è costituito, in buona parte, da categorie di soggetti che si sovrappongono ove si consideri che le due attività vengono spesso svolte contestualmente dagli stessi imprenditori (nella specie, i prodotti in questione erano destinati ad utilizzi diversi e tra loro infungibili, ovvero, da un lato, ai consumatori finali e ai laboratori di pasticceria, dall’altro, ai gelatai).
Se i marchi per cui è causa sono stati utilizzati nell’ultimo quinquennio per contraddistinguere prodotti diversi ma affini a quelli per i quali è stata effettuata la registrazione, non ricorre la causa di decadenza parziale per non uso rispetto a questi ultimi, atteso che si tratta di prodotti che rientrano nella medesima categoria merceologica, sicché sussiste l’uso effettivo nel settore.
Impugnativa di una delibera assembleare di società consortile: linee guida per i soci
I soci di società consortile che interpongono impugnazione avverso un deliberato assembleare di tale società devono, inter alia, tenere in considerazione che: (i) rispetto a quanto previsto, in via generale, dall’art. 2606 c.c., prevarranno e si applicheranno, anche sulla scorta di un prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, le norme relative alla disciplina tipica della forma societaria prescelta da tale società consortile, (ii) la qualità di socio, anche ai fini del rilascio di eventuali deleghe, potrà essere fatta valere unicamente per tabulas nonché facendo pieno riferimento a quanto risultante dal registro delle imprese, (iii) le disposizioni statutarie prevalgono sempre su quelle dell’atto costitutivo, (iv) l’esistenza di situazioni di conflitto d’interesse in capo ai soci non è da sola sufficiente a fondare l’annullamento di una delibera assembleare dovendo altresì essere provato un danno, anche solo potenziale, per la società, (v) i soci che non abbiano interamente versato i conferimenti ma che – allo stesso tempo – non siano stati costretti a farlo entro un determinato limite temporale potranno essere ammessi a partecipare alle decisioni assembleari, (vi) la sussistenza di eventuali requisiti di legge in capo ai soci andrà accertata alla data di adozione della delibera e (vii) eventuali abusi del potere della maggioranza in danno della minoranza potranno configurarsi soltanto laddove la delibera arrechi danno agli interessi di uno o più soci di minoranza in assenza di un concorrente interesse e della società con l’esclusivo intento della maggioranza di arrecare nocumento alla minoranza.
Assemblea s.r.l.: inderogabilità del potere di convocazione dei soci
Lo statuto delle società a responsabilità limitata non può escludere il potere dei soci – che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale – di convocare l’assemblea, i quali ne restano titolari anche qualora lo statuto lo riservi esclusivamente agli amministratori della società stante l’inderogabilità dell’art. 2479 co. 1 c.c.
Alcune questioni in materia di convocazione assembleare in s.r.l. e di legittimazione (sostanziale e processuale) ad intervenire da parte di soci, eredi ed amministratori
Per effetto del sequestro preventivo della quota sociale ex art. 321 c.p.c., l’esercizio dei diritti, anche processuali, correlati alla partecipazione si trasferiscono, ai sensi degli artt. 2353 e 2471-bisc.c., dal socio al custode, [ LEGGI TUTTO ]
Copertine per quotidiani, inserzioni pubblicitarie e diritto d’autore
Il quotidiano costituisce un’opera collettiva ex art. 3 della L. 633/1941, in quanto frutto della riunione di creazioni letterarie, scientifiche o artistiche autonome, scelte o coordinate per un determinato fine dal soggetto che ha organizzato e diretto l’opera. Pertanto, trovano applicazione gli artt. 7 e 38 della L. 633/1941. (1)
La vendita di spazi pubblicitari su supporti cartacei inseriti in una copertina trasparente per quotidiani e la distribuzione gratuita di tale copertina presso esercizi commerciali, per il tramite dei quali la copertina viene resa accessibile agli utenti, costituisce violazione del diritto d’autore e del diritto di sfruttamento economico del quotidiano. (2)
Non può ravvisarsi violazione del diritto patrimoniale d’autore nella condotta degli esercenti commerciali coinvolti nel semplice utilizzo di una copertina per quotidiani contenente inserti pubblicitari, ricevuta a titolo gratuito al solo fine di consentire ai propri clienti una più comoda lettura del quotidiano acquistato dal titolare di ciascun esercizio. (3)
La circostanza che i quotidiani – siano essi inseriti o meno nella copertina trasparente – siano messi a disposizione degli utenti a titolo gratuito, nell’ambito di un rapporto di mera cortesia, è tale da escludere ogni indebito sfruttamento economico da parte del titolare dell’esercizio commerciale, non potendo questo conseguire un vantaggio commerciale da tale attività o creare nocumento all’editore. (4)