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Tribunale di Torino


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9 Febbraio 2022

Domanda di liquidazione della quota del debitore da parte del creditore particolare del socio

Nelle società di persone, per il socio che conferisce unicamente la propria opera, il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite stabilito dall’art. 2263, co. 2, c.c. vale anche al momento dello scioglimento della società, ai fini della determinazione della quota da liquidare al socio predetto. Pertanto, qualora sia stata pattiziamente riconosciuta al socio d’opera parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto criterio dev’essere osservato anche nella liquidazione della quota del socio uscente al momento dello scioglimento del rapporto sociale. Soltanto se manchi tale determinazione convenzionale, il valore della quota già spettante al socio conferente la propria opera è – ai fini della sua liquidazione – fissato dal Giudice secondo equità in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento.

3 Febbraio 2022

I limiti della diffamazione nei comunicati stampa

Vanno ritenuti applicabili ai comunicati stampa, anche emessi da enti pubblici, i generali principi in tema di diffamazione, riguardanti in particolare, la verità della dichiarazione, l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e il requisito della continenza, dovendo tenersi in considerazione il rapporto tra il testo ed il contesto.

Va esclusa l’illiceità dei comunicati stampa ove i fatti descritti siano di interesse pubblico, non siano stati menzionati i nomi dei soggetti coinvolti e siano state utilizzate espressioni ipotetiche accompagnate da forme verbali al condizionale.

 

 

3 Febbraio 2022

Responsabilità da direzione e coordinamento degli enti pubblici diversi dallo Stato

L’art. 2497 c.c. si applica nei casi in cui la costituzione della società in house o comunque la partecipazione in società degli enti pubblici – diversi dallo Stato – sono attuate non solo per scopi lucrativi ma anche per la realizzazione di finalità istituzionali che richiedono lo svolgimento di attività economica o finanziaria da realizzare attraverso la società partecipata. La norma di interpretazione autentica dell’art. 2497 c.c. di cui all’art. 19 del d.l. 78/2009, convertito nella l. 102/2009 ha espressamente escluso solo lo Stato azionista dalla nozione di “ente” contemplata dalla norma richiamata.

La società in house è istituto di derivazione comunitaria, prima enunciato in sentenze della Corte di Giustizia e poi modellato nelle Direttive UE del 2014, nn. 23, 24 e 25, con il preciso scopo di limitare le ipotesi che consentono di derogare alle regole della concorrenza del mercato mediante il ricorso a forme di affidamenti diretti di compiti relativi alla realizzazione di opere pubbliche o alla gestione di servizi pubblici. L’affidamento diretto non comporta alcuna lesione del principio di concorrenza se ed in quanto, in osservanza al principio di libera amministrazione delle pubbliche autorità, esso non rappresenta una esternalizzazione ma una autoproduzione di servizi tramite un soggetto che, sostanzialmente – atteso che l’amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello operato sui propri servizi – non è diverso dell’ente pubblico.

Sussiste una società in house qualora vi siano i seguenti presupposti: (i) il capitale sociale è integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieta la cessione delle partecipazioni ai soggetti privati; (ii) la società esplica statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo tale che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; (iii) la gestione è per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile. Tali requisiti devono sussistere contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie in vigore all’epoca cui risale la condotta illecita.

L’espressione “interesse imprenditoriale proprio o altrui” porta a escludere dall’ambito di responsabilità ex art. 2497 c.c. solo le ipotesi nelle quali sia perseguito un interesse meramente privato (quale l’interesse personale degli amministratori/cariche pubbliche della società/ente controllante) e a ricomprendervi tutte le altre ipotesi in cui è stato perseguito un interesse extrasociale rispetto a quello della società eterodiretta. Con l’art. 19 del d.l. 78/2009, convertito nella l. 102/2009, il legislatore ha chiarito che “l’art. 2497, primo comma del codice civile si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”; l’ampiezza dell’espressione “finalità di natura economica o finanziaria” è tale da ricomprendere gli obiettivi che l’ente pubblico territoriale persegue attraverso la costituzione di società in house o comunque delle società cui partecipa.

La titolarità del pacchetto di maggioranza è elemento sufficiente per integrare la presunzione di cui all’art. 2497 sexies c.c.

La sospensione necessaria del processo civile ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile e a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile. Perché si verifichi tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto dell’imputazione penale.

Il consulente tecnico d’ufficio può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

1 Febbraio 2022

Validità del brevetto e sussistenza dei requisiti del cd. “contributory infringement”

L’illecito consistente nel cd. “contributory infringement” o contraffazione indiretta, introdotto dalla l. n. 214 del 2016, al comma 2 bis dell’art. 66 del d.lgs n. 30 del 2005, consta di due elementi, che devono essere accertati in concreto dal giudice: a) l’elemento oggettivo consistente nella fornitura, o offerta di fornitura, a soggetti diversi
dagli aventi diritto all’utilizzazione dell’invenzione e necessari per la sua attuazione e la successiva contraffazione diretta da parte dei terzi; b) l’elemento soggettivo consistente nella consapevolezza – da accertare sulla base di dati fattuali tali da evidenziare la conoscenza, da parte del fornitore, circa l’obiettiva ed univoca destinazione concreta dei mezzi forniti all’attuazione del brevetto – non solo dell’idoneità, ma anche della destinazione concreta di detti mezzi ad attuare l’invenzione, ovvero la possibilità di acquisirla con l’ordinaria diligenza.

17 Gennaio 2022

Rapporto tra giudizio sulla contraffazione e validità del brevetto inerente a macchine che rimuovono l’asfalto stradale

In merito alle questioni relative ai rapporti tra il giudizio sulla contraffazione nell’ambito del quale viene fatta valere in via incidentale la questione relativa alla validità dei brevetti e il giudizio sulla validità degli stessi la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo, anche recentemente, di affermare il principio secondo cui in base alla disciplina nazionale in tema di brevetti e di marchi, ove la nullità del titolo di proprietà industriale sia proposta in via di mera eccezione, il relativo accertamento è compiuto incidenter tantum, sicché la pronuncia assunta nel giudizio relativo alla contraffazione non è idonea ad assumere autorità di giudicato in ordine alla questione relativa alla nullità o validità del brevetto.

11 Gennaio 2022

Sul contenuto della nota integrativa nelle operazioni realizzate con parti correlate

Se un’azienda viene gestita concludendo affari non a condizioni di mercato (e dunque, in certa misura, a vantaggio della controparte) è necessario che tutti gli interessati (azionisti di minoranza, ma anche clienti, banche, fornitori, dipendenti, etc.) siano posti in condizione di essere di ciò informati. L’informativa dovrà quindi essere precisa e bene dettagliata. D’altro canto, è evidente che un’azienda che sottoscrive dei contratti con parti correlate sta operando secondo logiche particolari: di qui la necessità di chiare informazioni (nella fattispecie la nota integrativa, con la mera indicazione della parte correlata, della tipologia generale delle operazioni poste in essere, dell’importo complessivo di tutte le operazioni riguardanti ciascuna parte correlata, risultava carente delle informazioni necessarie per la comprensione dell’effetto dell’operazione e dell’impatto sul risultato economico dell’esercizio in termini di utili o perdita).

3 Gennaio 2022

Eccezione di compromesso proposta in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: profili processuali e statuizioni sulle spese

La controversia avente ad oggetto il pagamento del prezzo relativo ad un contratto di cessione di quote sociali può formare oggetto di clausola compromissoria e, pertanto, può essere sottoposta ad arbitrato. Infatti, tale controversia non ha ad oggetto diritti indisponibili (come gli interessi della società) e non concerne la violazione di norme inderogabili poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi (quali, ad esempio, le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio).

In caso di eccezione preliminare di compromesso proposta in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice, quando ritiene fondata tale eccezione, deve dichiarare la propria incompetenza e revocare il decreto ingiuntivo.

In materia di spese del giudizio, il principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. può essere derogato, ex art. 92 c.p.c. (come integrato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 77/2018) quando vi è soccombenza reciproca, assoluta novità della questione trattata, mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o altre gravi ed eccezionali ragioni.

Il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto ingiuntivo non costituisce un processo autonomo rispetto al successivo giudizio di opposizione, ma dà luogo ad una fase di un unico giudizio, in rapporto al quale il ricorso per ingiunzione funge da atto introduttivo. Perciò, il giudice che, con sentenza, chiude il giudizio di opposizione deve pronunciare sul diritto al rimborso delle spese sopportate lungo tutto l’arco del procedimento e tenendo in considerazione l’esito finale della lite.

22 Dicembre 2021

Possesso e usucapione della quota di S.r.l.

Ammessa la natura della quota di S.r.l. come posizione obiettivata in un bene mobile e la nozione estensiva di possesso della quota per il tramite dell’iscrizione a libro soci, appare logico e coerente trarre la conclusione che la quota di S.r.l. può essere usucapita. La richiesta di esercitare i diritti amministrativi del socio e la riserva di impugnare gli atti societari da parte del socio non fanno cessare lo stato di possesso delle quote sociali in capo al soggetto iscritto a libro soci.

Codice RG 25346 2019
22 Dicembre 2021

Nullità della delibera di approvazione del bilancio privo del requisito di chiarezza e informativa in merito alle operazioni con parti correlate

Il giudizio circa la liceità del bilancio non può dipendere da precedenti gestioni, mai contestate, neppure in nome della continuità, che non può legittimare una deroga ai principi di chiarezza e trasparenza. La circostanza che il bilancio d’esercizio di una società di capitali abbia come destinatari non solo i soci, ma tutta una pluralità di terzi, i quali, potendo venire in contatto con la società, abbiano interesse a valutarne la situazione patrimoniale ed economica, rende irrilevante, ai fini della illiceità del bilancio stesso e della conseguente nullità della relativa deliberazione assembleare di approvazione, che il metodo di redazione del bilancio contrario ai principi di chiarezza e precisione sia stato adottato in passato con il consenso o, addirittura, su iniziativa del socio che poi ha impugnato il bilancio. Né giova in senso contrario fare appello al principio di continuità formale dei bilanci, il quale comporta solo che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli adottati in passato, senza darne adeguato conto nella relazione degli amministratori, ma non giustifica certo il protrarsi nel tempo dell’adozione di metodi di redazione poco chiari o imprecisi.

Il disposto di cui all’art. 2377, co. 8, c.c., applicabile anche alle s.r.l. in virtù del richiamo espresso contenuto nell’art. 2479 ter, ult. co., c.c., impedisce l’annullamento della deliberazione impugnata, ma a condizione che quella sostitutiva sia stata assunta in conformità alla legge e allo statuto della società; l’effetto che ne consegue, di cessazione della materia del contendere e di sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione, deve quindi misurarsi con la legittimità della delibera sostitutiva, senza alcun effetto automatico.

La circostanza che la società sia ammessa a redigere il bilancio in forma abbreviata non la esonera dal rispetto dei principi generali espressi dall’art. 2423, co. 2, c.c., posti non solo a tutela del socio, ma anche di una pluralità di terzi, non indifferenti alle sorti della società. Gli amministratori devono soddisfare l’interesse del socio a una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio al fine di realizzare il diritto di informazione previsto dall’art. 2423 c.c., che è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, sicché sono obbligati a rispondere alla domanda d’informazione pertinente e a cui non ostino oggettive esigenze di riservatezza, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati di bilancio ed alla relativa relazione.

Ciascun principio racchiuso nella previsione di cui all’art. 2423, co. 2, c.c., appare dotato di una propria autonoma valenza, senza che sussista alcuna gerarchia, anche rispetto ai valori che esprime. Invero, nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il principio di chiarezza non è affatto subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono. Conseguentemente, il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, co. 2, c.c. è illecito ed è nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

La descrizione delle operazioni con parti correlate costituisce specifica voce della nota integrativa di bilancio ex art. 2427, n. 22 bis, c.c., applicabile anche nelle ipotesi di bilancio redatto in forma abbreviata. Le informazioni da fornire in base alla previsione in commento debbono poi essere integrate attraverso il principio contabile internazionale adottato dall’UE (IAS 24) e dal principio contabile OIC 12. Sono quindi parti correlate (IAS 24) le persone fisiche o le entità societarie che esercitano un controllo o comunque un’influenza notevole sull’entità che redige il bilancio, mentre le normali condizioni di mercato, che esonerano dall’obbligo di informativa, non attengono solo al prezzo praticato nell’operazione, ma si estendono anche alle ragioni che hanno condotto a porre in essere quell’affare con tale parte e non con altri soggetti terzi. L’esigenza di fornire informazioni in merito costituisce una declinazione del più generale principio di trasparenza del bilancio, poiché la conclusione di contratti con società collegate o controllate ovvero con persone fisiche in stretto rapporto con chi è tenuto alla redazione del bilancio può indurre il sospetto di conflitti d’interesse e di scelte di favore, non del tutto adeguate e rispondenti all’interesse della società. Le informazioni sono necessarie a fronte di operazioni che, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, sono suscettibili di orientare ed influenzare le decisioni di coloro che usufruiscono delle indicazioni ed informazioni contenute nel bilancio. Quanto alle “normali condizioni di mercato”, all’interpretazione del criterio concorrono le indicazioni di cui al principio contabile OIC 12, che indica quali elementi di valutazione non solo il prezzo, ma anche le motivazioni in base a cui si è concluso l’affare con tale controparte contrattuale piuttosto che con soggetti terzi.