Tribunale di Torino
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Esclusione del socio di cooperativa edilizia e competenza del Tribunale delle Imprese
La sezione specializzata in materia di imprese è competente anche in ordine alle domande di accertamento dell’occupazione sine titolo e di condanna al rilascio degli immobili, se connesse alla domanda principale relativa all’accertamento della legittimità della delibera di esclusione del socio di cooperativa edilizia. Invero, ai sensi dell’art. 3, co. 3, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, in l. 24 marzo 2012, n. 27, alla sezione specializzata in materia di impresa territorialmente competente è attribuita la competenza anche sulle cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con le cause e i procedimenti previsti dai primi due commi della stessa norma. Tale espressione fa riferimento alle cause e ai procedimenti che presentano un vincolo di connessione oggettiva propria con le cause e i procedimenti previsti dai primi due commi della norma sopra citata, con esclusione quindi della connessione impropria.
Esclusione del socio di cooperativa edilizia e competenza del Tribunale delle Imprese
La sezione specializzata in materia di imprese è competente anche in ordine alle domande di accertamento dell’occupazione sine titolo e di condanna al rilascio degli immobili, se connesse alla domanda principale relativa all’accertamento della legittimità della delibera di esclusione del socio di cooperativa edilizia. Invero, ai sensi dell’art. 3, co. 3, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, in l. 24 marzo 2012, n. 27, alla sezione specializzata in materia di impresa territorialmente competente è attribuita la competenza anche sulle cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con le cause e i procedimenti previsti dai primi due commi della stessa norma. Tale espressione fa riferimento alle cause e ai procedimenti che presentano un vincolo di connessione oggettiva propria con le cause e i procedimenti previsti dai primi due commi della norma sopra citata, con esclusione quindi della connessione impropria.
Responsabilità per aggravamento del dissesto e quantificazione del danno
La qualifica di amministratore di fatto può essere desunta dalla compresenza di indici sintomatici quali la conservazione del potere di firma ad operare sui conti correnti sociali, la conservazione della disponibilità delle auto di proprietà della società e il compimento, da parte di quest’ultima, di operazioni straordinarie aventi come effetto, anche indiretto, quello di recare esclusivo vantaggio a soggetti che formalmente non rivestono la carica di amministratori della società.
Nel contesto dell’esercizio di un’azione di responsabilità avanzata nei confronti di più amministratori, il tempestivo atto interruttivo della prescrizione rivolto a uno solo di questi è idoneo a interrompere il decorso del termine di prescrizione anche nei confronti degli altri amministratori, in virtù della natura solidale di tale obbligazione.
In presenza di una causa di scioglimento della società e di contestuale violazione dell’obbligo, gravante sugli amministratori, di attenersi a una gestione meramente conservativa dell’integrità patrimoniale, la mancanza della contabilità sociale , o la sua tenuta in modo sommario e non intellegibile, giustifica di per sé la condanna degli amministratori al risarcimento del danno in sede di azione di responsabilità promossa dalla società. In tale ipotesi gli amministratori agiscono in violazione di specifici obblighi di legge, idonei a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale e ad invertire l’onere della prova, normalmente gravante sul curatore, circa l’esistenza del rapporto di causalità tra condotta illecita degli amministratori e conseguente pregiudizio economico.
Qualora l’assenza o la irregolare tenuta delle scritture contabili renda difficile per il curatore quantificare il danno conseguente agli inadempimenti degli amministratori che hanno contribuito ad aggravare il dissesto, il curatore può chiedere al giudice una liquidazione in via equitativa che tenga conto della differenza tra passivo accertato e attivo realizzato nella procedura.
Accertata l’ingiustificata mancanza di determinati beni la cui esistenza è provata in epoca anteriore al fallimento, si presume che il fallito li abbia dolosamente distratti. Tale presunzione è rafforzata dalla mancanza di una corretta tenuta delle registrazioni contabili che rende impossibile la ricostruzione del movimento degli affari del fallito.
Principi in materia di termine, condizione e tempo dell’adempimento
Il criterio distintivo tra termine e condizione va ravvisato, rispettivamente, nella certezza ovvero nell’incertezza dell’evento futuro dedotto in contratto, sulla cui considerazione e qualificazione le parti possono concordare di incidere ai fini del proprio regolamento di interessi. Pertanto, le parti possono ragionevolmente trattare come certo un evento che, obiettivamente, presenti elementi di incertezza o viceversa, facendone discendere una diversa qualificazione giuridica.
Qualora i contraenti abbiano contemplato nel regolamento pattizio un evento futuro e certo, ricollegando al verificarsi di quest’ultimo esclusivamente il tempo dell’adempimento di una determinata prestazione, la stessa deve ritenersi esigibile sia qualora il suddetto evento si verifichi, sia a seguito della definitiva impossibilità del suo verificarsi, a patto che l’equiparazione dell’una e dell’altra situazione sia evincibile dalla comune presumibile volontà delle parti.
Conseguenze giuridiche dell’esclusione del socio di cooperativa a proprietà indivisa
Tra le conseguenze giuridiche previste per legge nei casi di esclusione del socio di una società cooperativa a proprietà indivisa rientra l’obbligo per il socio escluso di corrispondere, a titolo di risarcimento del danno, un’indennità per l’occupazione sine titulo dell’immobile concessogli in godimento dalla società a decorrere dalla delibera di esclusione e fino al rilascio dell’immobile stesso, oltre agli interessi legali e alle spese che la società ha sostenuto per la delibera di esclusione. In via analogica, a tale fattispecie si applica la disciplina prevista dal codice civile in materia di locazione, ai sensi della quale il conduttore in mora è tenuto a corrispondere al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna dell’immobile, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno.
L’onere della prova relativa all’avvenuto pagamento del canone di godimento dell’alloggio assegnato al socio di società cooperativa a proprietà indivisa, calandosi nel contesto di un’azione risarcitoria, incombe sul socio stesso, potendo la società creditrice limitarsi a provare l’esistenza del titolo e ad allegare la circostanza del preteso inadempimento.
Le controversie afferenti ai rapporti societari intercorrenti tra un socio e una società cooperativa rientrano nella competenza della sezione specializzata in materia di imprese.
Sanzione disciplinare applicata dalla cooperativa e clausola compromissoria statutaria
Il periculum in mora nel sequestro conservativo
Il fondato timore di perdere le garanzie del credito, necessario per la concessione di un sequestro conservativo, può essere provato per il tramite di elementi obiettivi concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, fermo restando, però, che la semplice insufficienza del patrimonio del debitore può non essere decisiva ai fini della concessione del sequestro, poiché la specificità della cautela consiste nell’assicurare la fruttuosità della futura esecuzione forzata contro il rischio di depauperamento del patrimonio nelle more del giudizio ed è quindi necessario che esistano circostanze oggettive (quali protesti, pignoramenti, azioni esecutive iniziate da altri creditori, ecc.) che facciano temere l’impoverimento del debitore nelle more del giudizio. Inoltre, il periculum in mora può essere provato anche con elementi soggettivi evincibili dal comportamento del debitore, tali da lasciare presumere che egli, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio, sottraendolo all’esecuzione forzata.
Il ricorso ex art. 700 c.p.c. La condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c.
Per i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il requisito della strumentalità rispetto al merito si realizza mediante la portata interinale e tendenzialmente provvisoria degli effetti del provvedimento cautelare, caratterizzata dall’anticipazione degli effetti propri del provvedimento di cui vuole assicurare la fruttuosità e che, al momento della sua pronuncia, dà luogo alla caducazione del provvedimento anticipatorio. Nel ricorso devono essere specificati il petitum mediato e la causa petendi, ma non anche le analitiche conclusioni che integrano il petitum immediato del giudizio di merito: la mancata indicazione nel ricorso cautelare di tali elementi ne comporta l’inammissibilità, sempre che dal tenore dello stesso non sia possibile dedurre chiaramente il contenuto del futuro giudizio di merito. In altre parole, il ricorso contenente una domanda cautelare proposta prima dell’inizio della causa di merito deve contenere l’esatta indicazione di quest’ultima o, almeno, deve consentirne l’individuazione in modo certo. L’esigenza di individuare nel ricorso cautelare gli elementi costitutivi dell’instauranda azione di merito consente di verificare la competenza del giudice adito in sede cautelare e serve per capire se il provvedimento cautelare richiesto sia effettivamente anticipatorio. Inoltre, è necessaria anche per tutelare il soggetto destinatario passivo del provvedimento cautelare anticipatorio, consentendogli di instaurare il corrispondente e strumentale giudizio di merito volto a far rimuovere gli effetti del provvedimento cautelare emesso e/o a far rigettare anche nel merito la domanda di controparte già virtualmente formulata nello stesso ricorso.
La ricorrenza del requisito del periculum in mora, che, secondo il dettato dell’art. 700 c.p.c., deve ricorrere in aggiunta a quello del fumus boni iuris, va esclusa allorquando la parte abbia fatto trascorrere un apprezzabile lasso di tempo tra il fatto lesivo del suo diritto e la proposizione del ricorso.
La necessità di una comunicazione periodica da parte dell’amministratore risulta determinata dall’esigenza di consentire all’accomandante l’esercizio del potere di controllo e di critica sull’operato del socio accomandatario e consente, in mancanza di impugnazione del bilancio da parte dell’accomandante, di ritenere consolidato l’esercizio.
La condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa e a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della potestas agendi, con un’utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l’accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione.
Esercizio dei poteri di controllo dei soci non amministratori di S.r.l.
La valutazione della fondatezza del ricorso cautelare con cui il socio che non partecipa all’amministrazione della s.r.l. domanda di avere accesso alla consultazione della documentazione inerente alla gestione della società tiene conto, sul piano del fumus, della previsione contenuta all’articolo l’art. 2476 co. 2 c.c., la quale stabilisce che i soci che non partecipano all’amministrazione della s.r.l. hanno il diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite un professionista di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione. Sul piano del periculum, tale valutazione può essere fondata sulla documentata mancanza di risposta alla richiesta formale di informazioni avanzata dal ricorrente e sul rifiuto della banca di fornire direttamente la documentazione in mancanza di autorizzazione della società.
Sopravvenuta la cessazione della materia del contendere, la fondatezza della domanda cautelare comporta che le spese vengano poste a carico della parte convenuta, che ha reso necessario provvedere ad instaurare il rimedio cautelare.
Responsabilità degli amministratori e sequestro conservativo
Nell’ambito di un procedimento cautelare per sequestro conservativo, il requisito del periculum e il fondato timore di perdere le garanzie del credito possono essere anzitutto provati per il tramite di elementi obiettivi concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito. Tale elemento costitutivo della cautela invocata deve sussistere sulla base di un elemento oggettivo e di uno soggettivo. Il criterio oggettivo si precisa nel senso che la semplice insufficienza del patrimonio del debitore può non essere decisiva ai fini della concessione del sequestro, poiché la specificità della cautela consiste nell’assicurare la fruttuosità della futura esecuzione forzata contro il rischio di depauperamento del patrimonio nelle more del giudizio. È quindi necessario che esistano circostanze oggettive (come protesti, pignoramenti, azioni esecutive iniziate da altri creditori, atti di dismissione del patrimonio o preparatori alla sottrazione degli stessi) che facciano temere l’impoverimento del debitore nell’intervallo. Inoltre, il periculum in mora può essere altresì dimostrato per il tramite di elementi soggettivi evincibili dal comportamento del debitore, tali da lasciare presumere che egli, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio, sottraendolo all’esecuzione forzata.