Tribunale di Torino
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Sottoscrizione con firma digitale dell’atto di trasferimento di quote
Ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di trasferimento di quote con firma digitale (art. 36, comma 1-bis d.l. 112/2008, conv. nella legge 133/2008), tale atto deve essere in formato digitale ab origine e sottoscritto digitalmente dalle parti dopo essere stato convertito in file con estensione PDF/A. Non sono di contro ammesse procedure di digitalizzazione di secondo grado, come la scansione di un documento cartaceo.
Effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese
La cancellazione delle società di persone o di capitali dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo. La situazione delle società di persone si differenzia da quella delle società di capitali, a tale riguardo, solo in quanto l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto che le cancella ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, superabile con la prova contraria. Tuttavia, tale prova contraria non potrebbe vertere sul solo dato storico della pendenza di rapporti non ancora definiti facenti capo alla società perché ciò condurrebbe ad un risultato corrispondente alla situazione preesistente alla riforma societaria. Per superare la presunzione di estinzione occorre invece la prova di un fatto dinamico: che la società abbia continuato in realtà ad operare e, dunque, ad esistere pur dopo l’avvenuta cancellazione dal registro.
A seguito dell’estinzione della società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci. Ciò in quanto l’estinzione dell’ente è equiparabile alla morte della persona fisica, quindi i soci sono successori. Inoltre, qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, cosicché si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, benché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore, giudiziale o stragiudiziale, il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato.
Inefficacia del contratto di cessione di ramo d’azienda
La rappresentanza generale dell’amministratore di cui all’art. 2475 bis c.c. trova un limite legale nell’oggetto sociale, espressione delle condivise scelte economiche dei soci nel momento di costituzione della società e quindi dello scopo di lucro perseguito. Pertanto, l’attività dell’amministratore che esorbiti dai limiti indicati e conduca, senza alcuna autorizzazione dei soci, ad una sostanziale modifica dell’oggetto sociale, è un atto gestorio compiuto in assenza totale di poteri.
Un contratto concluso in violazione dei limiti di cui all’art. 2479, comma 2 c.c., in contrasto con i limiti legali del potere di rappresentanza dell’amministratore, deve essere ritenuto non nullo o annullabile, quanto piuttosto improduttivo di effetti rispetto alla parte rappresentata, società e soci, con applicazione quindi dei principi generali di cui all’art. 1398 c.c.
La violazione dei limiti ex art. 2479, comma 2, è opponibile ai terzi, in deroga a quanto stabilito dall’art. 2475 bis comma 2, c.c.
La violazione dell’obbligo di gestione conservativa da parte dell’organo amministrativo
Qualora si verifichi una perdita del capitale sociale l’organo amministrativo deve agire al solo fine di preservare la conservazione del capitale sociale nella prospettiva della liquidazione, ovvero presentare istanza di fallimento. Devono pertanto ritenersi violati i canoni cui deve attenersi l’organo amministrativo dal momento in cui si verifica una causa di scioglimento della società nel caso in cui l’attività di impresa sia continuata nonostante la perdita del capitale sociale.
Il diritto di recesso del socio ex art. 2437, co. 1, lett. g), c.c.
L’eliminazione dallo statuto di una previsione che impone il raggiungimento di un quorum rafforzato per la nomina dell’amministratore delegato e del presidente e l’eliminazione di una che fa riferimento alla parità di genere all’interno del collegio sindacale sono modifiche non riguardanti direttamente i diritti di voto o di partecipazione che legittimano il socio, ai sensi dell’art. 2437, co. 1, lett. g), c.c., ad esercitare il recesso dalla società. Entrambe le modifiche, infatti, migliorano la condizione soggettiva del socio, perché, nel primo caso, si consente più agevolmente di addivenire a una decisione in ordine all’elezione dei componenti cardine dell’organo amministrativo e, nella seconda ipotesi, viene ampliata la libertà di scelta dei componenti.
In tema di recesso dalle società di capitali, la delibera assembleare che muti il quorum per le assemblee straordinarie, riconducendolo a previsione legale, non giustifica il diritto del socio al recesso ex art. 2437, lett. g), c.c., perché l’interesse della società alla conservazione del capitale sociale prevale sull’eventuale pregiudizio di fatto subito dal socio, che non vede inciso, né direttamente né indirettamente, il suo diritto di partecipazione agli utili ed il suo diritto di voto a causa del mutamento del quorum.
Determina l’annullamento della deliberazione di modifica dello statuto sociale per mancato rispetto dell’art. 2437 ter, co. 5, c.c. la mancata informativa degli amministratori dovuta ai soci che hanno diritto di conoscere la determinazione del valore delle proprie azioni, ma non la mera inerzia degli amministratori, che comporta soltanto la possibilità per il socio di attivare il procedimento di cui al sesto comma dell’articolo.
La delibera assembleare di modifica dello statuto determinata esclusivamente dalla necessità di adeguare lo stesso a un nuovo testo normativo non fa sorgere il diritto di recesso.
L’abuso di maggioranza sussiste di fronte alla consapevole e fraudolenta attività del socio di maggioranza volta al perseguimento dell’unico fine di trarre un vantaggio personale a danno degli altri azionisti che si concreta, quindi, nell’inosservanza del dovere di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., rendendo annullabile la delibera adottata. Si tratta di deliberazioni formalmente consentite dalla norma, ma invalide per violazione di clausole generali (appunto, i principi di correttezza e buona fede) che, come tali, risultano residuali rispetto a fattispecie tipiche.
L’art. 2449 c.c. riconosce la possibilità che a singoli soci pubblici sia riservato il diritto di nomina di esponenti aziendali, ma non regola invece la diversa fattispecie in cui una clausola statutaria faccia riferimento (non a singoli soci individuati, ma più genericamente) a “soci pubblici”, senza ulteriore determinazione.
La responsabilità del socio di società a responsabilità limitata
I soci della società a responsabilità limitata rispondono limitatamente alla quota sociale, ma, ove ricorra la responsabilità prevista dall’art. 2476, co. 8, c.c., essi sono solidalmente e illimitatamente responsabili per i danni provocati unitamente all’amministratore o al liquidatore. La responsabilità dei soci di società a responsabilità limitata è concorrente rispetto a quella dell’amministratore o liquidatore ed è per legge solidale, con conseguente applicazione (tra gli altri) degli artt. 1294 e 2055 c.c. La misura dell’apporto causale della condotta del socio assume rilevanza solo in sede di azione di regresso per determinare il quantum che il socio, il quale abbia risarcito il danno per intero, dovrà rivendicare nei confronti dell’amministratore o liquidatore e/o di eventuali altri soci compartecipi.
Opzione put e relativa tutela in forma specifica
La clausola contenuta in un patto parasociale che abilita un socio a provocare l’acquisto delle proprie partecipazioni da parte dell’altro socio (c.d. opzione put), in caso di inadempimento di quest’ultimo all’obbligo di acquisto, consente al primo di agire ai sensi dell’art. 2932 c.c. al fine di ottenere una pronuncia costitutiva degli effetti del contratto non concluso. Al di là del nomen iuris di “opzione”, occorre valutare se le parti, nella strutturazione della clausola, abbiano voluto regolare un’opzione vera e propria o un generico obbligo di contrarre al ricorrere di determinati eventi. A tal fine, l’impiego di locuzioni quali “provocare ed obbligare”, “si impegna ad acquistare”, nonché la determinazione di una penale in caso di inadempimento, depongono tutte a favore dell’effetto meramente obbligatorio della clausola che, in quanto tale, risulta coerente con il mezzo di tutela apprestato dall’art. 2932 c.c.
L’eventuale violazione dell’art. 2479, co. 2, n. 5 c.c., nel più ampio contesto dei c.d. diritti primordiali dei soci deve essere valutata in relazione all’oggetto sociale e all’attività economica svolta dalla società, tenendo conto altresì dell’impatto che certe tipologie di operazioni determinano sui diritti dei soci. Deve perciò escludersi che la cessione di partecipazioni implichi, per ciò solo ed in assenza delle predette valutazioni, una sostanziale modificazione dell’atto costitutivo e dei diritti dei soci; deve inoltre escludersi che la violazione dell’art. 2479, co. 2, n. 5 c.c. possa essere contestata da un terzo estraneo alla società, stante l’assenza in capo ad esso di ogni interesse giuridico a far rilevare la violazione.
Natura e caratteri dell’azione sociale di responsabilità
La transazione avente ad oggetto l’azione di responsabilità verso l’organo amministrativo deve necessariamente intercorrere tra la società e l’amministratore (e non, quindi, tra i soci e amministratori) attraverso una espressa deliberazione societaria. La rinuncia ex art. 2476, co. 5, c.c., da parte dell’assemblea all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, sia questa preventiva o successiva, incontra il limite dalla determinatezza dell’oggetto della rinuncia stessa e, dunque, deve contenere la concreta e specifica determinazione degli episodi di amministrazione integranti l’eventuale pretesa risarcitoria.
L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale. Pertanto, la società attrice è tenuta ad allegare e provare (i) l’inadempimento, da parte dell’amministratore, degli obblighi imposti dalla legge e/o dall’atto costitutivo e/o dal generale obbligo di vigilanza e di intervento preventivo o successivo, al fine di evitare il determinarsi di eventi dannosi, (ii) l’esistenza di un danno concreto e (iii) la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico. Viceversa, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
L’inadempimento, da parte degli amministratori di società di capitali, degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo può essere desunto non da scelte di gestione – poiché, come tali, queste scelte non sono sindacabili in termini di fonte di responsabilità, in quanto conseguenti a scelte di natura imprenditoriale, ontologicamente connotate da rischio –, ma dal modo in cui le stesse sono state compiute. In altre parole, è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche, ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o statuto avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società o dei terzi. Quindi, va presa in considerazione ed esaminata solo la diligenza mostrata dall’amministratore nell’effettuare adeguate verifiche preventive e nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.
Mancata percezione degli utili e diminuzione di valore della partecipazione
L’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché tanto l’art. 2395 c.c. – in materia di S.p.A. – quanto l’art. 2476, comma 7, c.c. – in materia di S.r.l. – esigono che il singolo socio o il terzo sia stato danneggiato ‘direttamente’ dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.
La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore.
Primo Seminario di Giurisprudenza delle Imprese – Tribunale di Torino 24 marzo 2023
Gentili Lettori,
Il prossimo 24 marzo 2023, al Tribunale di Torino, Giurisprudenza delle Imprese organizza un seminario di studio sul tema del diritto di recesso nelle società di capitali.
Il seminario gode del patrocinio del Ministero della Giustizia ed è organizzato in collaborazione con la Scuola Superiore della Magistratura, nonché con la partecipazione di magistrati delle Sezioni Specializzate dei Tribunali convenzionati. La partecipazione è gratuita, ma data la limitata capienza dell’aula è obbligatoria l’iscrizione.
L’obiettivo dell’iniziativa, che vuole essere la prima di una serie di analoghi incontri da tenersi presso le sedi dei diversi Tribunali, è quello di stimolare il confronto tra gli operatori del diritto sugli orientamenti più recenti raccolti nella banca dati.
Tra i relatori i dott.ri Gabriella Ratti, Amina Simonetti, Enrico Astuni, Niccolò Calvani, Ilaria Grimaldi, nonché i prof. Gustavo Olivieri, Paolo Flavio Mondini, Luca Pisani, Ivan Demuro, Mario STELLA RICHTER, Luca Boggio.