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Tribunale di Venezia


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17 Maggio 2021

Azione di responsabilità e legittimazione del curatore fallimentare

Il curatore è legittimato ad esercitare l’azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. (in materia di s.p.a.) ed ex art. 2476, comma 6, c.c. (in materia di s.r.l.). A seguito della chiusura del fallimento, detta legittimazione ad agire spetta al singolo creditore, non competendo più, quale azione di massa, al fallimento stesso.

17 Maggio 2021

Natura della responsabilità del direttore generale e documentazione utilizzabile ai fini della decisione

L’azione di responsabilità promossa nei confronti del direttore generale è di natura contrattuale ed è assoggettata alla stessa disciplina in tema di onere di allegazione e ripartizione degli oneri probatori di quella esercitabile nei confronti degli amministratori, di talché la società ha l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sul direttore generale, come sugli amministratori e sindaci, l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti. In particolare, per quanto concerne la ripartizione dell’onere probatorio tra società e amministratori, nel caso in cui la responsabilità dedotta dalla società si riferisca ad atti gestori per i quali si alleghi il mancato rispetto del canone di diligenza, parte attrice è tenuta a: (i) dimostrare che la condotta contestata integri l’inadempimento denunciato e possa pertanto essere qualificata come irrazionale o del tutto avventata; (ii) specificare in base a quali elementi si addivenga a tali conclusioni, precisando quali obblighi di diligenza si intendano violati; (iii) provare che tale condotta abbia arrecato un danno alla società, la cui quantificazione compete anch’essa a parte attrice. Una volta che tale prova è stata acquisita al processo, compete all’amministratore evocato in giudizio allegare e provare gli ulteriori fatti – consistenti in cautele, informazioni, verifiche – che sono idonei ad escludere (o attenuare) la sua responsabilità.

Al direttore generale, oltre a funzioni esecutive di alto livello, possono essere attribuiti in ragione delle particolari competenze tecniche e doti professionali, poteri di iniziativa che gli consentono di incidere sulla determinazione delle strategie aziendali, potendo essergli conferita anche una formale ‘‘posizione di autonomia decisionale’’, analoga a quella di un amministratore delegato. Inoltre il direttore generale deve poter disattendere quelle istruzioni degli amministratori la cui esecuzione, a suo giudizio, cagionerebbe (alla società , ai creditori sociali, ai singoli soci o terzi) danni dei quali sarebbe chiamato a rispondere.

L’autorizzazione dell’assemblea alla proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, richiesta dall’art. 2393 c.c. e operante anche per l’azione promossa nei confronti dei direttori generali, in forza del rinvio di cui all’art. 2396 c.c., costituisce una condizione di procedibilità dell’azione, la cui esistenza va verificata d’ufficio dal giudice; è sufficiente, peraltro, che tale autorizzazione sussista nel momento della pronuncia della sentenza che definisce il giudizio.

Secondo un orientamento consolidato, alla luce del valore informatore del contraddittorio, il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l’impossibilità di controdedurre e risultando per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione [nella specie il Tribunale ha ritenuto che la consulenza tecnica dovesse essere redatta tenendo conto dei soli documenti espressamente richiamati nel corpo degli atti difensivi e purché si trattasse di documenti riferiti a condotte specificamente allegate].

17 Maggio 2021

Esclusione del socio di s.n.c. e tolleranza delle inadempienze da parte degli altri soci

L’art. 2286 c.c. prevede che l’esclusione del socio di società semplice, norma applicabile anche alle società in nome collettivo in forza del rinvio contenuto nell’art. 2293 c.c., possa essere disposta facoltativamente per tre ordini di motivi: (i) per gravi inadempienze ascrivibili al socio; (ii) per mutamenti dello stato personale del socio; (iii) per impossibilità del socio di eseguire il conferimento promesso. A fondamento della delibera di esclusione del socio di s.n.c. per gravi inadempienze non può essere posto un fatto che gli altri soci hanno tollerato per fatti concludenti, non essendo sussistente in tali ipotesi il necessario presupposto del venir meno del rapporto fiduciario.

Pur in difetto di espressa previsione legislativa, il giudizio di opposizione alla delibera di esclusione, secondo il procedimento di cui all’art. 2287, co. 2, c.c., deve essere introdotto dal socio con atto di citazione. Ne consegue che il rispetto del termine decadenziale di trenta giorni per promuovere opposizione, decorrenti dalla data di comunicazione della decisione di esclusione, deve essere valutato avendo riguardo alla data di notifica della citazione.

17 Maggio 2021

Banca Popolare di Vicenza: divieto di assistenza finanziaria e obbligazioni convertibili

In ragione dell’abrogazione dell’art. 9 d.lgs. 105/1948 e del disposto dell’art. 150-bis t.u.b. – il quale, nell’indicare quali norme del c.c. non si applicano alle banche popolari, non considera l’art. 2358 c.c.  – sussiste anche per le banche popolari il divieto di finanziare l’acquisto di azioni proprie secondo il paradigma dell’art. 2358 c.c.

Nel prevede le condizioni che rendono possibile l’assistenza finanziaria, l’art. 2358 c.c. pone un divieto di carattere imperativo, posto che detto divieto, laddove non derogato in ragione della sussistenza delle condizioni di ammissibilità, è chiaramente diretto ad impedire operazioni che possano determinare un’erosione anche solo potenziale del capitale sociale, nell’interesse dei creditori della società. Ne consegue che ove il collocamento di azioni avvenga in assenza delle condizioni previste dall’art. 2358 c.c. e, quindi, in violazione del divieto di assistenza finanziaria, la sanzione comminabile è quella della nullità.

Il collocamento di obbligazioni convertibili su provvista fornita dalla banca, una volta che manchi il rispetto delle regole dettate dall’art. 2358 c.c., mina – come per il caso analogo del collocamento azionario assistito – l’effettività del conferimento. E ciò vale sia per il caso in cui la conversione sia rimessa integralmente nella disponibilità dell’obbligazionista, sia per il caso in cui la conversione sia rimessa anche alla discrezionalità dell’emittente nonché per il caso in cui la conversione in azioni – anziché in denaro o altro – sia solo una delle possibili forme previste dal regolamento di emissione.

Nel caso di finanziamento per l’acquisto di obbligazioni convertibili in azioni proprie, l’emissione di dette obbligazioni, in quanto collocate mediante provvista fornita dalla banca, è operazione in sé idonea ad eludere la disciplina cogente dettata per assicurare l’effettività degli aumenti di capitale e i divieti previsti a tutela dell’effettività del capitale. Ne consegue che il complesso negoziale sottostante l’operazione di finanziamento potrà essere riconosciuto in frode alla legge e sanzionato con la nullità ai sensi dell’art. 1344 c.c.

17 Maggio 2021

Azione di risarcimento dei danni promossa dall’amministratore revocato senza giusta causa e clausola compromissoria

L’estensione oggettiva della clausola statutaria che devolve a un collegio arbitrale la decisione sulle «controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero quelle promosse nei loro confronti che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale», tenuto anche conto della regola ermeneutica di cui all’art.808-quater c.c., depone nel senso che tutte le controversie tra amministratore e società che riguardino le vicende sociali e attengano a diritti disponibili siano assoggettate ad arbitrato. In esse rientrano le domande che riguardano il diritto al risarcimento danni per revoca senza giusta causa dell’amministratore: l’amministratore pur revocato è dunque astretto dal vincolo compromissorio per quelle domande che trovano la loro genesi proprio nel rapporto sociale.

14 Maggio 2021

Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari

L’art. 2358 c.c. è da ricondurre al novero delle norme a carattere imperativo; carattere che, anche nell’attuale versione, non ha perduto solo perché, dopo aver posto un divieto di assistenza finanziaria sulle proprie azioni, disciplina le modalità di approvazione e i limiti del finanziamento, ammettendolo in via generale alle condizioni procedimentali e sostanziali indicate. Conseguentemente, quando il collocamento di azioni avvenga, contro il divieto, nel mancato rispetto delle modalità e limiti indicati, la sanzione è quella della nullità del negozio di collocamento, in quanto solo il rispetto di tali requisiti e limiti permette di superare il divieto. Così, si vuole dalla legge che l’operazione di finanziamento sia deliberata dall’assemblea straordinaria, previa valutazione giuridica ed economica dell’operazione presa nel suo insieme, la quale deve essere illustrata in una relazione degli amministratori inclusiva non solo delle condizioni concrete ma anche più in generale della convenienza rispetto alle ragioni, agli obiettivi imprenditoriali, ai rischi che essa comporta per la solvibilità e liquidità della società.

La disciplina di cui all’art. 2358 c.c. trova applicazione anche nei riguardi delle banche popolari. Difatti, la norma è prevista in materia di società per azioni, alla disciplina delle quali, per quanto compatibile, rimanda l’art. 2519 c.c. per integrare la disciplina legale delle società cooperative che, a loro volta, e ai sensi dell’art. 28 t.u.b., possono esercitare l’attività bancaria in forma di banche popolari. Inoltre, il fattore preminente fatto oggetto di tutela del disposto di cui all’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e anche dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera dell’assemblea straordinaria. Ebbene, tali interessi sono centrali anche nelle società cooperative. La loro natura mutualistica comporta infatti che il loro scopo sia fornire beni e servizi ai soci (ed eventualmente a non soci) a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Tale scopo si realizza però mediante una struttura imprenditoriale, più o meno complessa, che deve operare secondo criteri di economicità, razionalità e quindi in primo luogo con salvaguardia del capitale mediante il quale solamente lo scopo mutualistico può realizzarsi. Alla costituzione di un solido capitale sociale, che andrà poi mantenuto, sono poste a presidio norme che impongono la formazione di riserve (2545 quater c.c. in generale; per le banche popolari, l’art. 32, co. 1, t.u.b.). Pertanto, una disciplina che vieta (o meglio limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale sociale non è incompatibile con la forma societaria cooperativa.

In merito alla questione se talune delle condizioni o delle modalità prescritte all’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, con conseguente non applicazione della disposizione alle società mutualistiche, la previsione della necessità di una delibera assembleare, in luogo di una decisione dell’organo amministrativo, non risulta di per sé incompatibile. Se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi, e non per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non in presenza di un aumento del capitale sociale. L’apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. L’aumento della partecipazione in sé, invece, non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico.

In mancanza di norme che dispongano in tal senso, va escluso che la disciplina civilistica di cui all’art. 2358 c.c., posta a tutela del capitale sociale, non trovi applicazione nei riguardi delle banche popolari in considerazione del fatto che sono sottoposte a forme di vigilanza.

10 Maggio 2021

Responsabilità degli amministratori per mancata rilevazione di una causa di scioglimento

L’obbligo imposto agli amministratori dall’art 2485 c.c. è quello di accertare “senza indugio” il verificarsi della causa di scioglimento e procedere agli adempimenti conseguenti: pertanto, gli amministratori sono obbligati, da un lato, ad operare con diligenza nell’acquisire le informative sull’andamento della società utili al rilievo della causa di scioglimento e, dall’altro, una volta acquisita in forza di detti elementi la consapevolezza dell’azzeramento del capitale, a convocare, tempestivamente e senza temporeggiamenti, l’assemblea dei soci per la ricapitalizzazione ovvero in difetto constare lo scioglimento. Inoltre, anche se solitamente la perdita emerge in sede di predisposizione della bozza di bilancio, qualora la situazione della società presenti conclamate criticità, vi è onere per gli amministratori di monitorare detta situazione anche sotto il profilo patrimoniale senza attendere il momento deputato per legge alla predisposizione della bozza di bilancio.

Sussiste la responsabilità degli amministratori là dove, anziché rilevare tempestivamente la causa di scioglimento o chiedere per tempo la ricostituzione del capitale, hanno posticipato la approvazione del bilancio, in spregio alla normativa di cui agli artt. 2482 bis c.c., 2485 c.c. e 2486 c.c., sostituendo illecitamente gli ineludibili “passaggi” imposti da detta normativa con l’assunzione di nuovo rischio di impresa.

La stipula di un contratto di acquisto di azienda costituisce operazione non conservativa e pertanto, nell’ipotesi di perdita del capitale sociale, operazione condotta in violazione del disposto dell’art 2486 c.c., norma che, in situazione di perdita di capitale, limita i poteri dell’organo gestorio e non gli consente l’assunzione di nuovo rischio d’impresa, indipendentemente dagli effetti nell’immediato, se del caso anche positivi, che da tale assunzione di rischio possano discendere.

Del danno derivato dalla indebita prosecuzione dell’attività caratteristica rispondono tutti i componenti del consiglio di amministrazione, a prescindere dalle deleghe attribuite ai singoli amministratori, poiché l’onere di rilevare la perdita del capitale sociale e di porre in essere gli adempimenti conseguenti, nonché di evitare attività gestionali non conservative grava su tutti gli amministratori, non essendo materia suscettibile di deleghe.

Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c.

Con riferimento ad operazioni su azioni proprie poste in essere da società cooperative e, in particolare da banche popolari, deve riconoscersi anche per esse l’applicabilità dell’art. 2358 c.c., in ragione del rinvio alla disciplina delle società azionarie operato dall’art. 2519 c.c.

Le prescrizioni di cui all’art. 2358 c.c. rivestono natura imperativa, con la conseguenza che, in caso di violazione, il contratto è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. In particolare, quando il collocamento di azioni avviene nel mancato rispetto delle modalità e dei limiti descritti dallo stesso art. 2358 c.c., la sanzione è quella della nullità, in quanto solo il rispetto dei requisiti e limiti, di cui all’art. 2358 c.c., permette di superare il divieto.

Il fattore preminente fatto oggetto di tutela dall’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera. Tale interesse è centrale anche nelle società cooperative. Pertanto, una disciplina, come quella contenuta all’art. 2358 c.c., che vieta (o meglio, in concreto limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale non è certo incompatibile con la società cooperativa. Lo scopo mutualistico da solo non basta infatti a giustificare la messa in atto di operazioni in sé pericolose, tali da mettere a rischio l’equilibrio economico della struttura sociale. Il codice civile, per esempio, espressamente prevede per le società cooperative una disciplina speciale dell’acquisto delle proprie azioni (2529 c.c.), ma non contiene deroghe espresse per altre operazioni che sono vietate, o limitate, per le s.p.a.

Con riferimento alla questione se i requisiti, le modalità e le condizioni prescritte dall’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, deve osservarsi che tale non è certamente la previsione della necessità di una delibera assembleare: se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi, non ad esempio per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non certamente quando vi sia aumento del capitale sociale. La ragione bene si comprende: la apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. A tale scopo però si ricollega anche la regola per la quale il socio dispone di un voto solo, quale che sia la sua quota di partecipazione. L’aumento della partecipazione in sé non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico. Più in generale, la normativa prevede espressamente compiti dell’assemblea in vario modo relativi alla emissione e al collocamento di azioni: primo fra tutti il caso di aumento del capitale sociale, operazione che è ammessa dall’art. 2524, co. 3, c.c., il quale prescrive però la applicazione della disciplina generale delle s.p.a. relativa alla modificazione dell’atto costitutivo; lo stesso acquisto o rimborso delle proprie azioni può essere demandato agli amministratori solo dall’atto costitutivo (2529 c.c.).

Deve affermarsi la piena compatibilità con la disciplina delle cooperative dei disposti relativi ai limiti, presupposti e ai modi della deliberazione di concedere un finanziamento per l’acquisto delle azioni della società, previsti dall’art. 2358 c.c., co. 3, 4, 5 e 6, c.c. e con l’obbligo ivi previsto di iscrivere una riserva indisponibile corrispondente. Poiché tutte le condizioni dettate dalla norma concorrono a elidere i pericoli insiti nel finanziamento dell’acquisto di proprie azioni, tutte indistintamente devono sussistere parimenti perché il divieto dell’art. 2358, co. 1, sia superato: sia quelle di forma e di competenza, sia quelle relative ai presupposti, sia quelle relative alla pubblicità. Appare in primo luogo rilevante la necessità che l’operazione di assistenza finanziaria sia programmata unitariamente e resa pubblica.

Deve escludersi che la disciplina civilistica, posta a tutela del capitale sociale, sia esclusa per quelle società cooperative che sono sottoposte a forme di vigilanza in mancanza di norme che in tal senso dispongano.

Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari

Con riferimento ad operazioni su azioni proprie poste in essere da società cooperative e, in particolare, da banche popolari, deve riconoscersi anche per esse l’applicabilità dell’art. 2358 c.c., in ragione del rinvio alla disciplina delle società azionarie operato dall’art. 2519 c.c.

Le prescrizioni di cui all’art. 2358 c.c. rivestono natura imperativa, con la conseguenza che, in caso di violazione, il contratto è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. In particolare, quando il collocamento di azioni avviene nel mancato rispetto delle modalità e dei limiti descritti dallo stesso art. 2358 c.c., la sanzione è quella della nullità, in quanto solo il rispetto dei requisiti e limiti, di cui all’art. 2358 c.c., permette di superare il divieto.

Il fattore preminente fatto oggetto di tutela dall’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e anche dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera. Tale interesse è centrale anche nelle società cooperative. Pertanto, una disciplina, come quella contenuta all’art. 2358 c.c., che vieta (o meglio, in concreto limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale non è certo incompatibile con la società cooperativa. Lo scopo mutualistico da solo non basta, infatti, a giustificare la messa in atto di operazioni in sé pericolose, tali da mettere a rischio l’equilibrio economico della struttura sociale. Il codice civile, per esempio, espressamente prevede per le società cooperative una disciplina speciale dell’acquisto delle proprie azioni (2529 c.c.), ma non contiene deroghe espresse per altre operazioni che sono vietate, o limitate, per le s.p.a.

Con riferimento alla questione se i requisiti, le modalità e le condizioni prescritte dall’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, deve osservarsi che non lo è certamente la previsione della necessità di una delibera assembleare: se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi e non, ad esempio, per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non certamente quando vi sia aumento del capitale sociale. La ragione ben si comprende: la apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. A tale scopo però si ricollega anche la regola per la quale il socio dispone di un voto solo, quale che sia la sua quota di partecipazione. L’aumento della partecipazione in sé non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico. Più in generale, la normativa prevede espressamente compiti dell’assemblea in vario modo relativi alla emissione e al collocamento di azioni: primo fra tutti il caso di aumento del capitale sociale, operazione che è ammessa dall’art. 2524, co. 3, c.c., il quale prescrive però la applicazione della disciplina generale delle s.p.a. relativa alla modificazione dell’atto costitutivo; lo stesso acquisto o rimborso delle proprie azioni può essere demandato agli amministratori solo dall’atto costitutivo (2529 c.c.).

Deve affermarsi la piena compatibilità con la disciplina delle cooperative dei disposti relativi ai limiti, presupposti e ai modi della deliberazione di concedere un finanziamento per l’acquisto delle azioni della società, previsti dall’art. 2358, co. 3, 4, 5 e 6, c.c., e con l’obbligo ivi previsto di iscrivere una riserva indisponibile corrispondente. Poiché, infatti, tutte le condizioni dettate dalla norma concorrono a elidere i pericoli insiti nel finanziamento dell’acquisto di proprie azioni, tutte indistintamente devono sussistere parimenti perché il divieto dell’art. 2358, comma 1, sia superato: sia quelle di forma e di competenza, sia quelle relative ai presupposti, sia quelle relative alla pubblicità. Appare in primo luogo rilevante la necessità che l’operazione di assistenza finanziaria sia programmata unitariamente e resa pubblica.

Deve escludersi che la disciplina civilistica, posta a tutela del capitale sociale, sia esclusa per quelle società cooperative che sono sottoposte a forme di vigilanza in mancanza di norme che in tal senso dispongano.

Invocabilità della nullità ex art. 2358 c.c.

La nullità negoziale ex art. 2358 c.c. richiede la prova che il finanziamento sia stato destinato all’acquisto azionario: ai fini dell’invocabilità della norma, è dunque necessario dare prova dell’esistenza di una correlazione significativa tra il finanziamento erogato e l’acquisto delle azioni.