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Lista del consiglio: mancata presentazione e inibitoria ex art. 700 c.p.c. dell’assemblea per la nomina del nuovo CdA
È ammissibile, secondo un criterio di residualità, il ricorso ex art. 700 c.p.c. con cui si miri a veder inibita l’assemblea avente all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche del CdA e del collegio sindacale per violazione delle disposizioni statutarie disciplinanti il diritto di presentazione delle liste di candidati.
Responsabilità e compenso del direttore generale
La responsabilità dei direttori generali segue la disciplina relativa agli amministratori, con la precisazione normativa per cui i direttori generali rispondono limitatamente ai compiti loro affidati. La mera percezione di un compenso, quand’anche non dovuto, non può essere qualificato come atto gestorio fonte di responsabilità ex art. 2396 c.c.
In tema di nomina e compenso dell’amministratore, non è annullabile per conflitto d’interessi la deliberazione determinativa del compenso dell’amministratore per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l’interesse sociale. A maggior ragione, non può sussistere alcuna responsabilità in capo al direttore generale che si limiti a percepire un compenso deliberato da altri organi della società, peraltro non ab origine illegittimi, ma soltanto ritenuti successivamente esorbitare i limiti previsti dalla legge o da precedenti decisioni assembleari.
Per produrre l’effetto interruttivo della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e dell’espressa richiesta di adempimento al debitore.
La valutazione della partecipazione durevolmente di valore inferiore al costo
Il costo di acquisto o di costituzione di una partecipazione è costituito dal prezzo pagato, al quale sono aggiunti i costi accessori direttamente imputabili all’operazione di acquisto o di costituzione. Tale costo, tuttavia, non può essere mantenuto, in conformità a quanto dispone l’articolo 2426, co. 1, n. 3, c.c., se la partecipazione alla data di chiusura dell’esercizio risulta durevolmente di valore inferiore rispetto al valore di costo. Onde verificare se si tratti di perdita durevole è necessario operare un confronto tra il valore di iscrizione in bilancio della partecipazione con il suo valore recuperabile, determinato in base ai benefici futuri che si prevede affluiranno all’economia della partecipante. Il bilancio nel quale le partecipazioni sono valutate non tenendo conto di tale regola non è redatto con chiarezza e non rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale della società.
Poiché le norme codicistiche in tema di corretta redazione del bilancio di esercizio sono poste a tutela di interessi generali che trascendono i limiti della compagine sociale e riguardano anche i terzi, destinatari delle informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, la loro eventuale violazione comporta la nullità del bilancio e della delibera di sua approvazione. Il bilancio di esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, co. 2, c.c. è illecito, sicché la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato è nulla non soltanto se la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati, ivi compresa la relazione, non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.
La funzione ausiliaria della consulenza tecnica di ufficio e la conseguente disciplina delle spese processuali
La consulenza tecnica d’ufficio è un atto compiuto nell’interesse generale di giustizia e, dunque, nell’interesse comune delle parti, trattandosi di un ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno e non di un mezzo di prova in senso proprio. Le relative spese rientrano pertanto tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c., sicché possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, senza violare in tal modo il divieto di condanna di quest’ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica una condanna, ma solo l’esclusione del rimborso.
Diritto di controllo del socio non amministratore di s.r.l.: oggetto e modalità di esercizio
L’oggetto del controllo di cui all’art. 2476, co. 2, c.c., sia con riferimento alle informazioni, sia con riferimento alla documentazione sociale, ha uno spettro ampio: il perimetro del potere di indagine conoscitiva del socio non partecipante alla gestione nella s.r.l. ha ad oggetto tutti i documenti e/o le informazioni di cui l’organo amministrativo dispone per una corretta gestione della società, non ravvisandosi nella norma alcuna limitazione, se non che l’esercizio del diritto deve uniformarsi al rispetto dei principi di buona fede e correttezza.
Dato l’ampio confine dell’oggetto del controllo, il perimetro dei poteri di ispezione del socio di una s.r.l. si definisce sui documenti relativi all’amministrazione della società e comprende, quanto all’oggetto, tutta la documentazione ragionevolmente necessaria ovvero in concreto esaminata/utilizzata dall’organo amministrativo per l’esercizio delle proprie funzioni e conseguentemente da reputarsi nella materiale disponibilità giuridica della stessa. Il controllo dei soci non amministratori nella s.r.l. è assimilabile al controllo sindacale previsto in tema di s.p.a.
Le modalità di esercizio del diritto di consultazione vanno individuate con applicazione del principio di buona fede, al quale va dunque ricondotto il concreto esercizio del diritto in discussione, con la conseguenza che, in applicazione di tale principio, al socio va riconosciuta la possibilità di: (i) estrarre copia, a sue spese, di tale documentazione, atteso che l’estrazione di copia appare connaturata all’effettività dell’esercizio del diritto di controllo, altrimenti in fatto limitato o, comunque, richiedente modalità di consultazione che, data la complessità della documentazione da esaminare, risulterebbero eccessivamente onerose ovvero non esaustive; e (ii) consultare presso la sede sociale o in altro luogo ove la documentazione si trova.
Criteri di interpretazione del contratto
In tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale va integrato con gli altri criteri di interpretazione, tra cui la buona fede ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta.
Esclusione del socio da una società cooperativa a proprietà indivisa
Lo scopo di una cooperativa a proprietà indivisa, la cui normativa di riferimento si rinviene nella l. n. 179/1992, è quello di ottenere, nell’ambito dell’oggetto sociale e tramite la gestione in forma associativa, a condizioni possibilmente migliori rispetto a quelle raggiungibili sul mercato, il soddisfacimento dei propri bisogni abitativi mediante l’assegnazione in godimento di unità immobiliari e il presupposto è quello di acquisizione dello status di socio.
In una cooperativa a proprietà indivisa, il mancato rispetto degli obblighi di cui allo statuto, come richiamati nel verbale di assegnazione dell’alloggio in godimento, legittima la delibera di esclusione del socio e comporta la decadenza dall’assegnazione in godimento dell’immobile sociale, essendo il presupposto per l’assegnazione lo status di socio della cooperativa.
Applicazione analogica della normativa in materia di condominio alla modifica delle tabelle millesimali nei consorzi
È illegittima la delibera che ripartisce le spese del consorzio in deroga a quanto previsto dalle tabelle millesimali nel caso in cui lo statuto del consorzio preveda espressamente che la ripartizione di tutte le spese ed oneri del consorzio debba avvenire sulla base delle carature in millesimi indicate in una specifica tabella millesimale.
In materia di consorzi, in mancanza di esplicita previsione statutaria in ordine alle modalità di modificazione delle tabelle millesimali, appare arbitrario ritenere che tali tabelle possano essere modificate a maggioranza, come qualsiasi altro contenuto regolamentare, ed appare invece applicabile per analogia la disciplina di legge che regola le modifiche delle tabelle millesimali in ambito condominiale, ove è richiesta l’unanimità.
Fideiussioni omnibus: la prova privilegiata dell’intesa restrittiva della concorrenza
La produzione in giudizio del provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 costituisce idonea prova dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza invocata a fondamento dell’invalidità degli atti negoziali in relazione alla fideiussione omnibus sottoscritta all’interno del perimetro temporale oggetto dell’accertamento della Banca d’Italia (2003-2005). Infatti l’accertamento compiuto dall’autorità amministrativa, con specifico riferimento a uno schema contrattuale elaborato per quella determinata tipologia di operazioni, ha efficacia di prova privilegiata nell’azione di nullità ex art. 33 della legge n. 287 del 1990, trattandosi di documentazione che, raccogliendo gli esiti di un’esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, assume valore intrinseco di fonte probatoria privilegiata dell’illecito antritrust.
L’art. 1957 c.c., nell’imporre al creditore di proporre la sua istanza contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa; pertanto, il termine “istanza” si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità a sortire il risultato sperato.
La fideiussione specifica si pone al di fuori del perimetro dell’accertamento condotto dalla Banca d’Italia, cui è seguita la pubblicazione del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005; pertanto, l’azione volta ad accertarne la nullità si configura quale azione stand alone. Tale inquadramento dell’azione comporta l’onere per parte attrice di allegazione e di dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza, all’epoca della sottoscrizione del contratto, dell’intesa illecita, pur essendo tale onere probatorio attenuato nel giudizio antitrust in considerazione della frequente asimmetria informativa esistente tra il soggetto che subisce l’illecito e l’autore dello stesso.