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Eccezione di arbitrato e finanziamenti soci
Ai sensi dell’art. 808 quater cpc, nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce [nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto devoluta ad arbitrato irrituale una controversia relativa all’adempimento di scritture private aventi ad oggetto la regolazione tra i soci di finanziamenti erogati dagli stessi alla società (una s.r.l.)]
La natura contrattuale dell’arbitrato irrituale rende l’eccezione di compromesso una questione di proponibilità della domanda attinente al merito della controversia e non pone invece un tema di competenza.
Esclusione del socio di s.a.s. e tutela cautelare ex art. 2287 c.c.
La ratio sottesa alla clausola dei patti sociali che disponga l’esclusione nei confronti del socio la cui quota di partecipazione sia stata pignorata va ravvisata nella volontà dei soci di tenere la società immune dal rischio che il creditore personale del socio possa aggredire la singola quota, il che nelle società di persone comporterebbe l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto prescindendo dalla volontà degli altri soci, rischio che si verificherebbe anche nell’ipotesi di pignoramento parziale della quota di partecipazione.
Nell’ambito di un giudizio cautelare di opposizione all’esclusione del socio di cui all’art. 2287 c.c., l’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare non preclude la riproposizione dell’istanza se si verificano, anche alternativamente, mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o diritto. Non risulta infatti inammissibile per violazione dell’art. 669 septies c.p.c. la nuova istanza che si fondi su mutamenti dei profili strettamente fattuali o giuridici.
Comproprietà di una partecipazione sociale e curatore speciale
In tema di comproprietà di una partecipazione sociale, deve rilevarsi il difetto di legittimazione attiva dei singoli comproprietari a far valere, uti singuli, i diritti derivanti dalla partecipazione nonché l’esercizio delle azioni giudiziali dirette alla tutela della partecipazione medesima, atteso che l’art. 2347, comma 1, c.c., nel considerare la ipotesi di azione in comproprietà, ha previsto che l’esercizio dei diritti dei contitolari sia compiuto da un rappresentante comune. Al fine di evitare che la mancata nomina elettiva, per contrasti all’interno della comproprietà, possa impedire quell’esercizio, la norma da ultimo citata ha stabilito che la nomina possa essere effettuata dall’autorità giudiziaria, così coprendo un vuoto normativo sul punto e ad un tempo confermando la obbligatorietà dell’esercizio unitario dei diritti attraverso la rappresentanza comune.
In ipotesi di contitolarità di una quota del capitale sociale, tanto l’intervento in assemblea ed il relativo diritto di voto, quanto il potere di proporre l’impugnazione di cui agli artt. 2377 e 2379 c.c. e altre azioni giudiziarie, competono, in via esclusiva, al rappresentante comune (sia esso nominato dagli stessi soci ovvero, in difetto, dall’autorità giudiziaria), non residuando in capo al singolo titolare la facoltà di invocare alcuna tutela giurisdizionale, né in via concorrente, né in via residuale. In questa prospettiva deve essere letto, inoltre, l’art. 2468, comma 5, c.c., il quale contempla una ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l’insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali.
Il riconoscimento e la liquidazione del compenso a favore del curatore speciale, nominato ex art. 78 c.p.c., riguarda i rapporti interni tra il curatore stesso e la società, nel cui interesse è stato conferito l’incarico, con la conseguenza che la relativa liquidazione non compete al giudice della procedura in relazione alla quale una delle parti abbia avuto la nomina di un curatore speciale, poiché non trova applicazione l’art. 52 disp. att. c.p.c., secondo cui il compenso degli ausiliari del giudice è liquidato dal giudice che li ha nominati, considerato che il curatore speciale non riveste tale qualità.
Impugnazione delle delibere assembleari: profili processuali
Nei giudizi di impugnazione avverso delibere assembleari, legittimata passiva è esclusivamente la società, alla quale è soggettivamente imputata la manifestazione di volontà espressa dall’assemblea dei soci, mentre i soci non impugnanti devono sottostare agli effetti della sentenza di annullamento della delibera. L’azione di impugnazione della delibera di una società di capitali può essere proposta nei confronti della sola società e non già nei confronti degli altri soci non impugnanti che hanno votato favorevolmente, i quali possono tuttavia dispiegare intervento adesivo delle ragioni della società.
Il concetto di sospensione dell’esecuzione della deliberazione, di cui all’art. 2378 c.c., richiamato dall’art. 2479 c.c., deve essere interpretato come riferito alla sospensione dell’efficacia della delibera, dovendosi pertanto intendere che possano essere oggetto di sospensione cautelare anche le deliberazioni che siano già state eseguire, ma i cui effetti si protraggano nel tempo, pregiudicano i diritti dei soci assenti o dissenzienti.
Gli effetti caducatori o ripristinatori della sentenza di annullamento della deliberazione assembleare, di natura costitutiva, si producono solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza stessa.
Ampiezza e limiti dei poteri del liquidatore
L’art. 2489 c.c. va interpretato nel senso che il liquidatore è tenuto a compiere tutti gli atti utili alla liquidazione, salva diversa disposizione statutaria o adottata in sede di nomina, dal che discende che i poteri del liquidatore devono ritenersi di attribuzione legale e che all’assemblea sia conferito un potere sussidiario, di modularli o circoscriverli, senza tuttavia potersi discostare dallo scopo liquidatorio (e fermo restando il potere dell’assemblea di revocare la liquidazione, sussistendone i presupposti).
Salvo che lo statuto, la delibera di nomina del liquidatore o l’assemblea non vietino espressamente la cessione dell’azienda, il liquidatore è autorizzato a disporla, in fase di liquidazione, in base al generale disposto dell’art. 2489 c.c. L’alienazione dell’unica azienda o di un ramo di azienda deve ritenersi come atto modificativo dell’oggetto sociale solo nell’ipotesi in cui la società stia operando in continuità e secondo gestione caratteristica. Infatti, una volta deliberata la liquidazione, la vendita o cessione dei beni e degli assets societari costituisce la principale modalità di attuazione dello scopo liquidatorio e pertanto non integra un mutamento dell’oggetto sociale tale da richiedere la necessaria autorizzazione assembleare, così come non va a integrare una rilevante modificazione dei diritti riservati ai soci nella fase liquidatoria.
Nel caso in cui la nomina del liquidatore avviene ai sensi dell’art. 2487, co. 2, c.c., al tribunale, che non svolge un’attività meramente suppletiva di natura eccezionale, deve essere riconosciuto non solo il potere di nomina del liquidatore ma anche quello di determinare i poteri di quest’ultimo e le regole della liquidazione.
L’azione di responsabilità sociale e l’onere della prova
L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.
Nel caso di azione di revoca cautelare, le allegazioni devono essere idonee a comprovare l’esistenza di gravi irregolarità gestorie, foriere di un grave pregiudizio al patrimonio sociale (nella specie, la ricezione di somme in contanti senza l’emissione di regolare scontrino fiscale).
Determinazione della domanda e nullità dell’atto di citazione
La determinazione della domanda, come noto, costituisce non solo il presupposto per l’esercizio effettivo del diritto di difesa da parte del convenuto, ma anche il presupposto per il pieno e corretto esercizio del potere giurisdizionale, anche e soprattutto con riferimento alla corretta formazione del giudicato sostanziale.
La declaratoria di nullità della citazione per omissione o assoluta incertezza del petitum postula una valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da un canto, tener conto che l’identificazione dell’oggetto della domanda va operata avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, dall’altro, che l’oggetto deve risultare assolutamente incerto; in particolare, quest’ultimo elemento deve essere vagliato in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che impone all’attore di specificare sin dall’atto introduttivo, a pena di nullità, l’oggetto della sua domanda, ragione che, principalmente, risiede nell’esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l’immediata contezza del thema decidendum); con la conseguenza che non potrà prescindersi, nel valutare il grado di incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte (se tale, cioè, da consentire, comunque, un’agevole individuazione di quanto l’attore richiede e delle ragioni per cui lo fa, o se, viceversa, tale da rendere effettivamente difficile, in difetto di maggiori specificazioni, l’approntamento di una precisa linea di difesa).
I vizi attinenti all’editio actionis non possono essere sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo questa inidonea, di per sé, a colmare le lacune della citazione, che compromettono il suo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito sulla quale dovrà formarsi il giudicato sostanziale.
A fronte di un illecito commissivo asseritamente perpetrato dagli amministratori, non è in alcun modo sufficiente la mera denuncia della condotta inerte dei sindaci senza alcun approfondimento e, soprattutto, senza alcun accenno ai c.d. “indici di allarme” che avrebbero innescato l’obbligo in capo a collegio sindacale di intervenire e porre in essere condotte ragionevolmente idonee a evitare l’illecito.
Diritto di controllo del socio di s.r.l. sulla società controllata: perimetro e limiti
Il socio di s.r.l. non può esercitare il diritto conoscitivo di cui all’art. 2476, co. 2, c.c. se non nei confronti della società cui direttamente partecipa, alla quale sola può rivolgere le sue richieste, dunque non può ravvisarsi un diritto del socio della partecipante alla ispezione materiale diretta (accesso) presso la partecipata di questa. Tuttavia, le concrete attività di gestione della controllante, sulla quale il socio ha diritto di sorveglianza ex art. 2476, co. 2, c.c., includono lo svolgimento di attività che si riverberano e si correlano con quelle della controllata (e ciò ancor più quando vi è un rapporto di direzione e coordinamento), sì che anche il diritto di sorveglianza ex art. 2476, co. 2, c.c. del socio della controllante necessariamente si amplia e, quanto alla documentazione, si estende a quella ragionevolmente necessaria ovvero in concreto esaminata/utilizzata per l’esercizio delle proprie funzioni dall’organo amministrativo della società soggetta al potere di ispezione e conseguentemente da reputarsi nella materiale disponibilità giuridica della stessa, nella necessaria coincidenza fra poteri di gestione e poteri di controllo di una società di capitali.
I soci titolari di diritti particolari non hanno diritto a conoscere tutta la documentazione della controllata, avendo essi diritto a conoscere solo quella funzionale all’esercizio dei loro diritti e al controllo della gestione della controllante di cui sono soci, quindi entro i limiti in cui per l’esercizio della propria gestione la controllante disponga/debba disporre di documenti della controllata.
Responsabilità dei liquidatori per violazione della par condicio creditorum rispetto a credito litigioso
Fermo restando l’obbligo dei liquidatori di dare conto negli atti liquidatori dell’esistenza di un contenzioso pendente tra la società poi cancellata e l’attrice, la responsabilità dei liquidatori per violazione della par condicio creditorum è da escludersi per mancanza dei presupposti oggettivo e soggettivo qualora il credito vantato dall’attrice non fosse stato certo, liquido ed esigibile al momento della chiusura della liquidazione della società, quindi non fosse, in quel momento, prioritario sugli altri crediti vantati contro la società liquidata, anche tenuto conto delle valutazioni sommarie avvenute in pendenza del giudizio, prima della redazione del bilancio finale di liquidazione, e a prescindere dalle risultanze della CTU espletata in tale giudizio (nel caso di specie, in sede cautelare, il fumus della pretesa risarcitoria per vizi della cosa era stato ritenuto insussistente).
La cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, costituita in giudizio a mezzo di procuratore che tale evento non abbia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che detto procuratore continua a rappresentare la parte come se l’evento interruttivo non si fosse verificato.
Incompetenza della sezione imprese per cause aventi ad oggetto la validità dei contratti di finanziamento asseritamente collegati ad acquisti azionari
L’art. 3 del d.lgs. n. 168/2003 attribuisce alla competenza distrettuale delle sezioni specializzate in materia di impresa le controversie relative ai rapporti societari e le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali od ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti. Detta competenza si determina in relazione all’oggetto della controversia, dovendo sussistere un legame diretto di questa con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del criterio generale del petitum sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della causa petendi, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio. Da ciò deriva l’incompetenza delle sezioni specializzate in materia di impresa nel caso di controversia che abbia come oggetto la presunta violazione dell’art. 2358 c.c. e la relativa validità o meno dei contratti di finanziamento asseritamente collegati ad acquisti azionari, in quanto l’oggetto del contendere, avuto riguardo al petitum e alla causa petendi, non è la partecipazione azionaria nella società e i diritti inerenti, ma unicamente la asserita insussistenza delle pretese creditorie derivanti da affermati rapporti di finanziamento funzionali ad acquisti azionari.