Compenso dell’amministratore di società
Il procedimento avente ad oggetto la richiesta di condanna della società al pagamento dei compensi dovuti all’amministratore, rientra nella categoria generale di quelli “relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario” prevista dall’art. 3, co. 2, lett. a D.L. 168/03. L’art. 4 del suddetto decreto – rubricato “competenza territoriale delle sezioni” – prevede che “le controversie di cui all’articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione, sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d’appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello”. Nella disciplina istitutiva delle sezioni specializzate non si rinviene dunque un criterio generalizzato di riparto della competenza fondato sul luogo in cui ha sede la società. Ne discende che, al fine di individuare la sezione specializzata territorialmente competente, ferma restando la deroga contenuta nella previsione appena richiamata, occorre fare riferimento ai criteri generali dettati dal codice di procedura civile (libro I – titolo I – capo I – sezione III).
L’amministratore di una società, con l’accettazione della carica, acquisisce il diritto ad essere compensato per l’attività svolta in esecuzione dell’incarico affidatogli. Tale diritto, peraltro, è disponibile e può anche essere oggetto di rinuncia attraverso una remissione del debito anche tacita, la quale tuttavia può desumersi soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà abdicativa, non essendo sufficiente la mera inerzia o il silenzio.
L’attività del soggetto cui è affidata la gestione sociale non può essere equiparata a quella del prestatore d’opera, intellettuale o non intellettuale, posto che i compiti affidatigli riguardano la gestione di un’impresa costituita da un insieme variegato di atti materiali, negozi giuridici, operazioni complesse. Dunque, quand’anche taluni di tali atti ed operazioni possano compararsi all’attività di un prestatore d’opera, tuttavia essi assumono diversa valenza giuridica in ragione del rapporto di immedesimazione organica con la società. Nel rapporto corrente tra amministratore e società l’attività di amministrazione si salda con l’attività di impresa e il suo esercizio si carica dei rischi di quest’ultima, con svolgimento di un’attività imprenditoriale complessa, tanto sul piano interno organizzativo, quanto su quello esterno verso i terzi.
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Luigia Di Cosola
Laureata presso l'Università degli studi di Bari Aldo Moro: Avvocato presso Deloitte Legal Bari(continua)