Concorrenza sleale e atti compiuti da un soggetto terzo (cd. ‘interposto’)
Il principio secondo il quale la concorrenza sleale deve ritenersi fattispecie tipicamente riconducibile ai soggetti del mercato della concorrenza, non configurabile, quindi, qualora non sussista il cosiddetto “rapporto di concorrenzialità”, non esclude la sussistenza di un atto di concorrenza sleale anche nel caso in cui tale atto sia posto in essere da colui il quale si trovi con il soggetto avvantaggiato in una particolare relazione, in grado di far ritenere che l’attività sia stata oggettivamente svolta nell’interesse di quest’ultimo. La giurisprudenza ha ammesso l’ipotesi in cui gli illeciti anticoncorrenziali siano compiuti da un terzo c.d. “interposto”, il quale agisca per conto, o comunque in collegamento con un imprenditore che ne trae vantaggio, concorrente di quello danneggiato, concludendone che entrambi rispondono in via solidale a titolo di concorrenza sleale. Ai fini della configurabilità della fattispecie di concorrenza sleale per interposta persona ex art. 2598 c.c., non si richiede un vero e proprio pactum sceleris tra l’imprenditore concorrente e il terzo, ma è necessaria (e sufficiente) una relazione di interessi tra tali soggetti tale da far ritenere che il terzo, con la propria attività, abbia inteso realizzare proprio quegli interessi al cui soddisfacimento i rapporti erano funzionali, non essendo sufficiente la mera corrispondenza del fatto illecito di quest’ultimo all’interesse dell’imprenditore. In assenza di riferibilità, anche indiretta, della condotta del terzo all’imprenditor e viene meno proprio il presupposto (il rapporto di concorrenza tra le parti) della fattispecie costitutiva degli atti di concorrenza sleale.