Concorrenza sleale per denigrazione
Costituisce fattispecie di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., sebbene non espressamente prevista dalla norma, per costante applicazione giurisprudenziale, la divulgazione, ad iniziativa di parte, di provvedimenti giudiziari o della diffusione di notizie relative alla loro emanazione (non a seguito di ordine del giudice ma ad iniziativa della parte interessata), in determinate condizioni.
In generale tale attività viene considerata lecita, ma maggiori debbono essere le cautele nella divulgazione, la quale non deve essere attuata con modi e forme tali da ingenerare nei terzi una rappresentazione non corretta del contenuto del provvedimento o dell’andamento del giudizio. La comunicazione deve cioè evitare ogni tendenziosità, indicando tutte le circostanze e le precisazioni atte a formare, nei destinatari dell’informazione, una corretta opinione.
A tal fine, il messaggio diffuso deve contenere tutti gli elementi che, sul piano obiettivo, concorrono a caratterizzare la situazione alla quale si riferisce il provvedimento giudiziario. Il rispetto del canone di correttezza implica in particolare che -alla comunicazione dell’esito di un procedimento- si affianchi l’illustrazione di tutti gli elementi che valgano a limitare (o comunque precisare) l’ambito e l’intensità di efficacia del provvedimento conclusivo. Inoltre, la valutazione della illiceità concorrenziale della comunicazione di un provvedimento giudiziale non può prescindere da una sua lettura complessiva, giacché il lettore valuta il messaggio trasmesso nel suo insieme e tendenzialmente dà di esso un’interpretazione integrale.