Concorrenza sleale per imitazione servile: interesse tutelato e criteri di comparazione tra prodotti
La disciplina della concorrenza sleale trova applicazione a tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operano quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinata a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni. Quale che sia l’anello della catena che porta il prodotto alla stessa categoria di consumatori in cui si collochi un imprenditore, questi viene a trovarsi in conflitto potenziale con gli imprenditori posti anche su anelli diversi, proprio perché è la clientela finale quella che determina il successo o meno della sua attività, onde ognuno di sé è interessato che gli altri rispettino le regole di cui all’art. 2598 c.c.
L’art. 2598 n. 1 c.c. sanziona come illeciti esclusivamente i comportamenti di imitazione servile confusoria, essendo necessario che la stessa sia idonea a creare confusione con i prodotti e con l’attività del concorrente imitato. L’interesse tutelato è quello dell’imprenditore all’identità commerciale, oltre al correlativo interesse dei consumatori contro gli sviamenti dagli stessi atti determinati, dovendosi invece ritenere estraneo alle finalità della norma l’interesse all’esclusività dell’adozione di forme non distintive o aventi carattere funzionale.
Al fine di accertare l’esistenza della fattispecie della confondibilità tra prodotti per imitazione servile, è necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non attraverso un esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore e tenendo, quindi, conto che, quanto minore è l’importanza merceologica di un prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni di tipo immediato e sollecitazioni sensoriali, anziché da dati che richiedano un’attenzione riflessiva. Occorre quindi verificare se il prodotto imitato presenti forme caratteristiche, individualizzanti, idonee cioè a comunicare al pubblico la provenienza dello stesso da una determinata impresa e, poi, se sussista il pericolo di confusione sul mercato.
La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui non consiste nell’adozione, sia pur parassitaria, di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa (che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile), ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, qualità, indicazioni, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.
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Carmine Di Benedetto
Dottorando di ricerca in Diritto privato, diritto romano e cultura giuridica europea presso l'Università di Pavia. Laurea in Giurisprudenza (110/110 con lode) presso Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2013....(continua)