Ottenimento di illegittimi aiuti di Stato e pratica di prezzi predatori.
Il giudice territorialmente competente a decidere la causa, ai sensi dell’art. 20 cod. proc. civ., deve essere identificato nel rispetto dei principi costituzionali sulla precostituzione del giudice, tenendo conto della struttura dell’illecito aquiliano, del mezzo tecnico con cui il danno viene inferto e della disciplina di ipotesi affini. Ne consegue, in relazione al primo criterio, che è da escludere la competenza “ambulatoria” dei giudici di tutti i luoghi in cui è avvenuta la divulgazione lesiva, che non consente di fissare criteri oggettivi per l’individuazione preventiva del giudice. Né rileva, quale luogo in cui sorge l’obbligazione risarcitoria, il luogo in cui si è verificato il fatto, bensì quello in cui si è prodotta l’altra componente dell’illecito civile, il danno, atteso che ai fini della responsabilità civile ciò che si imputa è il danno consequenziale, patrimoniale o non patrimoniale, e non il fatto in quanto tale (“forum damni“). Tale luogo coincide con quello in cui si sarebbe prodotta la contrazione di fatturato, derivata dallo sviamento della clientela, quindi presso la sede dell’attrice.
La nozione di “aiuti di Stato” ex art. 107 TFUE è una nozione oggettiva, rispetto alla quale nessuna rilevanza hanno le intenzioni dell’Autorità erogante, ma solo gli effetti: in particolare, la giurisprudenza comunitaria e le decisioni adottate dalla Commissione individuano come indici rilevatori di un aiuto di Stato, il fatto che la misura adottata determini un’utilità o un vantaggio a favore del beneficiario, sia concessa dalla Stato mediante utilizzo di risorse statali, favorisca talune imprese o la produzione di determinati beni (c.d. selettività), distorca la concorrenza e incida sul commercio tra gli Stati membri.
Il giudice nazionale può essere chiamato, anche in via anticipatoria e cautelare, a considerare se la misura contestata costituisca potenzialmente un aiuto di Stato, ma intervenuta una decisione della Commissione, anche se interlocutoria o comunque non definitiva, è rigidamente vincolato alle valutazioni ivi contenute (anche nelle cause rispetto alle quali l’accertamento dell’ Organo Comunitario riveste carattere pregiudiziale). Il giudice nazionale non ha infatti alcun potere di dichiarare che una misura di aiuto di Stato è compatibile con l’art. 107 TFUE.
Le disposizioni in tema di aiuti di Stato impongono obblighi solo alle Pubbliche Autorità, senza creare obblighi e diritti nei rapporti tra i concorrenti. Quindi, malgrado l’illegittimità dell’aiuto ex art. 107 TFUE sia fondata sul presupposto dell’incompatibilità della misura con il mercato interno e quindi sulla sua potenzialità a falsare la concorrenza, attribuendo un vantaggio competitivo, sulla sola base del Diritto dell’Unione il terzo concorrente non può rivolgersi al beneficiario. Non possono quindi invocarsi i principi dettati in tema di effettività del risarcimento e facilitazione dell’onere della prova applicati nelle altre ipotesi di responsabilità antitrust, a meno che la condotta contestata non possa essere riguardata, in forza della dominanza sul mercato del beneficiario, sotto il profilo di cui all’art. 102 TFUE. Il concorrente che intenda agire contro il beneficiario dovrà quindi invocare la normativa nazionale in tema di responsabilità extracontrattuale, in particolare laddove le lamentate misure determino un ingiustificabile turbamento del mercato ai suoi danni, ostacolando la regolare competizione concorrenziale.
Per “vendita a prezzi predatori” si intende quel comportamento dell’imprenditore che offra i propri beni e servizi a prezzi inferiori a quelli di produzione, al fine di acquisire la clientela dei concorrenti e di estrometterli dal mercato. Siffatta pratica va ritenuta illecita sia quando integri abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE e art. 3 L. 287/90, sia ex art. 2598 n. 3 c.c. in quanto può rappresentare un mezzo contrario ai principi di correttezza professionale, sempre in ipotesi di dominanza ovvero, anche nelle ipotesi in cui sia posta in essere da operatore non dominante, ma munito di una forza economica tale che l’iniziativa possa determinare effetti monopolistici.
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Carmine Di Benedetto
Dottorando di ricerca in Diritto privato, diritto romano e cultura giuridica europea presso l'Università di Pavia. Laurea in Giurisprudenza (110/110 con lode) presso Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2013....(continua)