Conflitto d’interessi del socio di s.r.l. e applicazione analogica dell’art. 2368, co. 3, c.c. in materia di assemblea di s.p.a.
Riconosciuta con la riforma del 2003 la piena autonomia dei diversi modelli societari, la possibilità di estensione della disciplina della s.p.a. in materia di s.r.l. va esaminata in concreto attraverso gli ordinari passaggi di (i) preliminare individuazione di un effettivo vuoto normativo e (ii) successiva verifica della sostanziale comunanza dei principi di regolazione della materia in relazione alla disciplina della specifica situazione giuridica oggetto di interesse.
In particolare, una netta diversità emerge con riguardo al funzionamento dell’organo assembleare: da un lato, esso risulta caratterizzato, nella s.p.a., da una disciplina analitica di carattere imperativo che riconosce solo specifiche ipotesi di possibile deroga statutaria; dall’altro lato, nella s.r.l., è disciplinato da disposizioni (artt. 2479 e 2479-bis c.c.) costruite su un generale rinvio alla autonomia statutaria, cui vanno aggiunte limitate disposizioni regolamentari relative a fattispecie specifiche, peraltro generalmente dettate in via meramente surrogatoria rispetto ad un eventuale silenzio dell’atto costitutivo, in ogni caso senza alcuna disposizione di rinvio alla disciplina della spa (salvo quanto previsto dall’art 2479-ter, ult. co., c.c.).
Bisogna pertanto prendere atto di come le precise scelte operate dal legislatore in materia di s.r.l. finiscano inevitabilmente per comprimere fortemente lo spazio di una possibile integrazione analogica della disciplina di settore, spazio che parrebbe ragionevolmente da circoscrivere alla salvaguardia di esigenze di fondo dell’ordinamento ovvero di tutela di terzi (come nel dibattito e prevalente orientamento giurisprudenziale in materia di riconoscimento dell’azione dei creditori ex art 2394 c.c.).
In questa prospettiva, va sottolineato che la materia del conflitto d’interessi del socio investe essenzialmente i rapporti dei soci tra loro e non, al contrario, interessi di terzi o sovraordinati, all’interno di un contesto in cui proprio e soltanto in materia di spa il legislatore ha ritenuto di farsi direttamente carico di esigenze di funzionalità dell’ente (con il corollario della imposizione di un articolato regime di controlli fino alla previsione di cui all’art 2409 c.c.), laddove in materia di s.r.l. prevale piuttosto un insistito richiamo all’autonomia statutaria, dunque ad una precisa responsabilità dei soci di disciplinare in via preventiva le regole del comune impegno imprenditoriale e, nel silenzio dello statuto, al pieno riconoscimento del diritto del socio in (ipotetico) conflitto di interessi di partecipare al voto (con il completo ribaltamento dunque della opposta previsione di cui al previgente art 2373, co. 1, c.c.).
Per tali ragioni, non è applicabile alle delibere di assemblea di s.r.l. l’art. 2368, co. 3, c.c., che per le assemblee di s.p.a. statuisce la computabilità al quorum costitutivo delle azioni (e della quota di capitale) appartenenti al socio astenutosi per conflitto d’interessi e ne nega, al contrario, la computabilità al quorum deliberativo.
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gabriele.scaglia
Notaio con sede in Triuggio (MB) e operante in tutta la Lombardia. Dottore di ricerca presso la Scuola di Dottorato "Impresa, lavoro e Istituzioni" dell'Università Cattolica di Milano (curriculum diritto...(continua)