Contraffazione di marchi relativi a prodotti identici
Nel giudizio di contraffazione di un marchio, lievissime differenziazioni introdotte dal presunto contraffattore che non introducano, anche rispetto all’ insieme, elementi di differenziazione sufficienti ad escludere l’interferenza con i segni anteriori, determinano un evidente rischio di confusione, anche sotto il profilo dell’ associazione tra i due segni. Infatti, a fronte di beni di identica natura offerti al mercato, il pubblico di riferimento – che ha a che fare con l’ immagine mnemonica del primo segno- è indotto ad attribuire agli stessi la medesima origine imprenditoriale o, quantomeno, a ritenere l’esistenza di rapporti contrattuali o di gruppo. La presenza di tante e tali somiglianze grafiche induce infatti a presumere che ci si trovi di fronte a marchi di serie, che anche ove accompagnati da elementi denominativi differenti, si associano naturalmente tra loro, evocando comuni o collegate fonti di produzione.
Ove in concreto la diversità dei prodotti dovesse escludere, agli occhi dell’ acquirente, ogni possibilità di errore, anche sulla provenienza da un soggetto contrattualmente vincolato con il titolare del marchio “originale”, non può non considerarsi che l’ ordinamento non si limita più a tutelare la sola funzione distintiva del marchio, ma anche (ove sussistenti) il valore attrattivo del segno e la carica suggestiva che ne è incorporata ai sensi dell’art. 20 lett. c) c.p.i..
Sussiste il profilo del periculum in mora quando la commercializzazione massiccia dei prodotti imitativi rischia di indurre un definitivo turbamento del mercato ed una diluizione della forza distintiva dei segni contraffatti, certamente non riparabile per equivalente.
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Maria Luigia Franceschelli
AssociateDottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team(continua)