Contraffazione di marchio: l’aggiunta di elementi descrittivi amplifica il rischio di confusione
Laddove le attività espositive e/o promozionali fieristiche lesive dei diritti sul marchio altrui e svoltesi all’estero rappresentino soltanto fasi o segmenti ulteriori di un pregresso e più ampio iter antigiuridico all’interno del quale si collocano, in stretta reciproca concatenazione, molteplici comportamenti antecedenti che già di per sé integrano gli estremi della denunciata contraffazione e che si sono tenuti sul territorio italiano, alla fattispecie in esame andrà applicata la legge italiana. [Nel caso di specie, pur avendo il titolare dei marchi azionati in giudizio appreso dell’illecita condotta della convenuta soltanto in occasione di una fiera di settore tenutasi in Germania, l’asserito contraffattore apponeva i marchi interferenti sui prodotti e realizzava i relativi cataloghi pubblicitari in Italia].
La contraffazione di un marchio c.d. forte sussiste a fronte della ripresa del suo “cuore” da parte del segno successivo e del suo uso per beni tecnicamente e funzionalmente identici o comunque fortemente affini. Gli eventuali elementi di differenziazione aggiunti al segno posteriore e aventi natura meramente descrittiva del settore merceologico cui sono destinati i prodotti non risultano sufficientemente idonei a distinguere i due marchi a confronto, amplificando al contrario il rischio di confusione in capo al pubblico di riferimento. [Nel caso di specie, l’attrice era titolare del marchio “prb” per macchine da imballaggio nel settore farmaceutico e cosmetico. Tale marchio era stato azionato nei confronti dell’uso, per prodotti identici, del marchio “PierreBi” a cui la convenuta accostava anche il disegno di un imballaggio e la locuzione “CosmoPharma Division”].
Per visualizzare la sentenza devi effettuare login
Paolo Burdese
Associate presso Jacobacci Avvocati LL.M. in Intellectual Property - WIPO - Università degli Studi di Torino(continua)