Decadenza per non uso di un marchio comunitario e convalida

L’istituto della priorità ha la funzione di consentire al richiedente di disporre di un “periodo di riflessione” durante il quale valutare l’ambito territoriale in cui ricercare effettivamente la tutela, evitando di dover depositare contemporaneamente le domande in tutti i Paesi di interesse potenziale, mantenendo comunque salvo il requisito della novità nei vari Paesi. Il titolare di una domanda nazionale di registrazione di marchio, fruisce, entro sei mesi, ai fini della valutazione dei requisiti di novità, di un diritto di priorità a decorrere dalla data di deposito della prima domanda. Tale data vale come momento di determinazione della novità anche negli Stati in cui il deposito sarà effettuato successivamente. In tal modo, la novità delle domande rivendicanti la priorità del primo deposito non può essere compromessa da anteriorità opponibili intervenute nell’arco di tempo intercorso tra i due depositi. Ai fini della convalida di un marchio, nulla per mancanza del requisito della novità, il titolare del marchio posteriore deve provare, oltre al proprio stato di buona fede al momento del deposito, la tolleranza protratta per cinque anni consecutivi da parte del titolare dei diritti anteriori, decorrenti dal giorno in cui quest’ultimo ha avuto conoscenza dell’esistenza del marchio posteriore. In relazione ai marchi comunitari l’uso del marchio ha rilievo solo se effettuato nello stesso mercato per cui esiste il diritto del titolare del marchio contraffatto. La presenza di una rilevante contraffazione può essere causa giustificativa del mancato uso del marchio da parte del legittimo titolare. Ai sensi degli articoli 28 c.p.i. e 54 r.m.c. perché un marchio posteriore possa essere convalidato deve necessariamente essere registrato. Invero, l’istituto della convalida non trova applicazione laddove il titolare di un marchio registrato o di un diritto di preuso tolleri per cinque anni consecutivi l’uso di un marchio solo di fatto uguale o simile (anche se detto marchio nel corso dei cinque anni sia oggetto di registrazione). Nel caso in cui oggetto di violazione sia un diritto di marchio, l’attività illecita non è la commercializzazione di un certo prodotto, bensì l’attività di utilizzazione di un certo marchio. Di conseguenza, l’utile da restituire al titolare del marchio non può essere l’intero utile realizzato dal contraffattore con la propria attività di commercializzazione del prodotto contrassegnato con marchio altrui. L’utile restituendo deve essere solamente quella parte dell’utile che deriva dalla presenza di quel marchio su quei prodotti. Al contrario, l’utile che deriva causalmente da altri fattori imprenditoriali imputabili al contraffattore (e cioè, l’utile che egli avrebbe comunque realizzato con la vendita di quei prodotti se li avesse venduti sotto altro marchio) non deriva dalla contraffazione, e rimane quindi estraneo all’utile restituendo.

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Maria Luigia Franceschelli

Maria Luigia Franceschelli

Associate

Dottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team(continua)

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