Decreto ingiuntivo nei confronti degli obbligati in solido e abuso dello strumento processuale
Si configura come abuso dello strumento processuale l’aver azionato lo stesso credito con più domande giudiziali (nella specie, ricorsi monitori) nonostante il carattere di omogeneità delle posizioni giuridiche delle parti opponenti, parti processuali dell’unico rapporto dedotto nel ricorso monitorio. Ciò non può tuttavia scalfire l’ammissibilità della domanda giuziale contenuta nei ricorsi monitori, potendo spiegare rilevanza soltanto sotto il profilo delle spese processuali. Le conseguenze delle condotte abusive in sede processuale non esulano, infatti, da quelle espressamente disciplinate dagli art. 91 e ss c.p.c.
L’assenza di una nota metodologica di calcolo dell’importo richiesto a titolo di interessi non comporta il difetto di liquidità del credito per il quale è stata richiesta l’ingiunzione poiché è sufficiente l’indicazione in domanda della somma globale, sopratutto quando essa presuppone un calcolo determinabile alla luce delle clausole contrattuali con la conseguenza che i presunti debitori sono in grado di porre in essere un proprio conteggio e contestare gli eventuali errori della controparte.
La nullità della transazione per difetto di causa, per asserita assenza del carattere della corrispettività e dell’onerosità della scrittura privata volta a chiudere in via stragiudiziale una contesa derivante da controversie pendenti tra le parti in ordine ad obbligazione derivante da contratto, deve essere valutata globalmente rispetto a tutte le parti pascenti nonché parti del processo.
In tema di transazione, « poiché dalla normativa codicistica sulle obbligazioni si evince la regola generale che l’adempimento di una obbligazione pecuniaria […] deve essere eseguito in un’unica soluzione, potendo il creditore, ai sensi dell’art. 1181 c.c, rifiutare un adempimento parziale (salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente), la dilazione di pagamento, accordata su richiesta del debitore, costituisce una parziale rinuncia e, come tale, integra una “concessione” ai sensi dell’art. 1965 c.c., pur in mancanza della rinuncia agli interessi legali, risultando indifferente l’accertamento dell’equivalenza tra le reciproche concessioni » (Cass. n. 20160 del 2013).
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Diletta Lenzi
Assegnista di ricerca presso l'Università degli Studi di Trento. Cultrice della materia presso l'Università degli Studi di Firenze. Avvocato in Firenze. Già dottore di ricerca presso la Università Ca' Foscari di...(continua)