Delibera negativa, effetti dell’annulamento e abuso del diritto di voto
La delibera negativa è da ritenere senz’altro una delibera assunta dall’assemblea, come tale imputabile alla società, e dunque suscettibile di essere impugnata come quelle positive nelle forme e nei limiti di cui all’art. 2377; devono considerarsi legittimati attivi all’azione di impugnazione i soci che hanno votato favorevolmente alla proposta non adottata, in quanto dissenzienti rispetto alla delibera negativa poi adottata.
Non sussiste la legittimazione attiva della società ad impugnare la delibera assembleare – anche negativa – sia perché essa non è contemplata tra i soggetti abilitati ex art. 2377 co. 3 c.c., sia perché questa norma abilita invece direttamente gli organi che la impersonano, talchè non residua spazio per una legittimazione dell’ente in sé, che a fronte della diretta imputazione della delibera, è individuato invece come soggetto controinteressato alla pronuncia di annullamento.
L’annullamento di una delibera negativa non fornisce tutela alcuna all’impugnante od alla società dei cui diritti fosse riconosciuta la lesione, né costituisce rimedio sinanco logicamente congruo alla riconosciuta illegittimità della delibera, poiché è inane togliere effetto ad una delibera che per sua natura non l’ha. Pertanto il giudice investito dell’impugnazione di una delibera negativa, se ne sussistono i presupposti, non deve limitarsi a una pronuncia di annullamento, ma deve ripercorrere il procedimento deliberativo e, una volta eliminati i voti illegittimamente esercitati e considerati nel quorum, procedere a registrare il risultato deliberativo che vi è stato e che illegittimamente non è stato proclamato.
L’efficacia delle delibere negative non può essere sospesa ex art. 2378 co. 3 perché esse ne sono prive per natura.
Perché sussista un conflitto di interessi del socio rilevante ex art. 2373 c.c. occorre che vi sia un rapporto di incompatibilità tra l’interesse della società e quello del socio tale per cui, approvata la delibera (o in caso di delibera negativa: rigettata la delibera), l’interesse della società verrebbe sacrificato e quello del socio verrebbe soddisfatto. Dunque la delibera assembleare deve avere ricadute opposte, anche mediate, ma dirette e determinate sul patrimonio di entrambi i soggetti in conflitto.
Nelle società quotate i soci che decidano di assumere posizioni pur di minoranza ma particolarmente significative sono vincolati al rispetto del principio di agire in buona fede in misura molto maggiore di quella dei soci polverizzati, proprio perché le loro decisioni recano effetti sul patrimonio di questi ultimi, in realtà soggetti deboli, solo formalmente titolari di poteri societari, di fatto incapaci di o impossibilitati ad esercitarli.
Il voto contrario del socio di minoranza ad una delibera di aumento di capitale non può essere considerata abusivo per il solo fatto che l’aumento di capitale era giustificato o giovevole per la società, occorrendo invece la prova che il socio nell’esercizio del diritto di voto abbia fatto cattivo governo della discrezionalità, pur ampia che assiste le sue scelte, sconfinando in un arbitrio dannoso per gli altri soci e per la società.
Per visualizzare la sentenza devi effettuare login
Paolo F. Mondini
Fondatore e Responsabile scientificoFondatore e responsabile scientifico del progetto di Giurisprudenza delle Imprese, il prof. Paolo Flavio Mondini è Associato di Diritto commerciale e bancario presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza....(continua)