L’onere di provare il valore della quota del socio defunto grava sui soci superstiti
La situazione patrimoniale di cui all’art. 2289 c.c. non può essere redatta facendo riferimento solo all’ultimo bilancio o, comunque, ai criteri di redazione del bilancio annuale di esercizio, occorrendo tener conto dell’effettiva consistenza al momento della uscita del socio, sicché, ai fini della determinazione del valore dell’avviamento – la cui rilevanza, quale elemento del patrimonio sociale, si proietta nel futuro, traducendosi nella probabilità, pur fondata su elementi presenti e passati, di maggiori profitti per i soci superstiti – vanno considerati non solo i risultati economici della gestione passata, ma anche le prudenti previsioni della futura redditività dell’azienda.
L’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento.
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Alberto Agresti
Laurea in giurisprudenza a pieni voti presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Avvocato presso RPLT RP Legalitax, si occupa principalmente di diritto societario (M&A) e diritto dell'arte.(continua)