Devoluzione ad arbitri della controversia tra soci e amministratore di fatto e natura dell’azione individuale del socio di srl
In tema di responsabilità degli amministratori, sebbene i singoli soci di una società a responsabilità limitata siano autonomamente legittimati ad esercitare l’azione sociale di responsabilità, deve ritenersi he essi perdono tale (straordinaria) legittimazione a seguito del fallimento della società.
Per effetto del fallimento di una società di capitali, le (diverse) fattispecie di responsabilità degli amministratori confluiscono in un’unica azione, dal carattere unitario e inscindibile, all’esercizio della quale è legittimato, in via esclusiva, il curatore del fallimento, ai sensi dell’art. 146 l. fall., che può formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori, i liquidatori e i sindaci tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità (contrattuale) di questi verso la società, quanto a quelli della responsabilità (extracontrattuale) verso i creditori sociali.
Qualora la clausola compromissoria contenuta nello statuto della società devolva alla cognizione arbitrale ogni controversia promossa nei confronti degli amministratori, sindaci e liquidatori che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, nella competenza degli arbitri rientrano anche le controversie risarcitorie promosse nei confronti dei c.d. amministratori di fatto.
L’azione individuale promossa dal socio di srl disciplinata dall’art. 2476, co. 6, c.c. è sostanzialmente equivalente a quella dettata, in tema di spa. L’azione in parola ha natura extracontrattuale e, in applicazione analogica dell’art. 2395 c.c., esige che il pregiudizio patito dal singolo socio non sia il mero riflesso di danni arrecati al patrimonio sociale, ma si tratti di danni direttamente causati al socio come conseguenza immediata e diretta di un comportamento illecito degli amministratori.