Diritti dei lavoratori e trasferimento d’azienda o di parte di azienda
Ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c., che disciplina il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda, è sufficiente che il complesso organizzato dei beni dell’impresa sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica, anche a prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra il cedente e il cessionario, purché ciò si accompagni al passaggio di beni di “non trascurabile entità” e tali da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa. Tale nozione estensiva di azienda può comprendere anche solo un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, la cui autonoma capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know how ed essere, pertanto, oggetto di cessione (Cass. 21917/13; Cass. 15690/09).
Per contro, ai sensi dell’art. 29, comma 3, d.lgs. 267/2003 (poi modificato per effetto dell’art. 30, comma 1, legge 7 luglio 2016, n. 122) “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte di azienda”. La norma summenzionata, pertanto, osta alla qualificazione come trasferimento d’azienda della mera assunzione dei lavoratori in caso di mutamento del soggetto appaltatore, in esecuzione di un obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, dal contratto o dalla legge. La giurisprudenza ha specificato (Cass. 11247/2016) che tale norma va intesa nel senso che la mera assunzione, da parte del subentrante nell’appalto, non integra di per sé trasferimento di azienda ove non si accompagni alla cessione dell’azienda o di un suo ramo autonomo. Spetta alla parte attrice l’ onere di provare una cessione di un ramo d’azienda distinto dall’assunzione di lavoratori già impiegati per l’esecuzione dell’appalto.