Diritto di recesso del socio, liquidazione della quota e tutela cautelare
È ammissibile il ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. al fine di ottenere la condanna del Consiglio di Amministrazione di una S.p.A. a determinare il valore della partecipazione del socio receduto. Il rimedio tipico di cui all’art. 2437, ultimo comma, c.c. è infatti funzionale (non già a ottenere una decisione dell’organo amministrativo, bensì) a ottenere la nomina di un perito che stimi il valore delle azioni oggetto di recesso; detto rimedio tipico è inoltre di dubbia ammissibilità laddove la società contesti a monte il valido esercizio del diritto di recesso.
La previsione statutaria di un termine di durata della società tale da superare oltre ogni orizzonte previsionale (nel caso di specie, l’anno 2100) impone di applicare, ai fini del recesso, la disciplina delle società contratte a tempo indeterminato. Ne consegue il diritto del socio di esercitare il recesso ad nutum con un preavviso di 180 giorni, salva la previsione statutaria di un termine di preavviso maggiore purché non superiore a un anno.
L’eventuale modifica statutaria della durata della società, approvata dopo l’esercizio del diritto di recesso, è ininfluente sull’efficacia di quest’ultimo.
Il mero ritardo nella liquidazione della partecipazione del socio receduto non configura il pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile, poiché tale ritardo è suscettibile di fondare la responsabilità risarcitoria della società anche per la mancata disponibilità, in capo al socio, di somme rilevanti per un prolungato lasso di tempo.
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Luigi Garofalo
Avvocato del Foro di Milano. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e, dal 2012, Associato dello studio BonelliErede.(continua)