Diritto di ricevere comunicazione degli indirizzi dei consociati
Difetta del presupposto del fumus boni iuris (oltre che, nel caso di specie, del presupposto del periculum in mora) la domanda cautelare, proposta da alcuni soci di una società cooperativa, volta ad ottenere il riconoscimento del diritto di ricevere dalla società la comunicazione degli indirizzi degli altri consociati. Le disposizioni (in tesi, fondanti il diritto per il quale si è chiesta tutela) di cui agli articoli 4 R.D. 239/1942, 2 L. 1064/1955 e 5 1° comma L. 1745/1962, almeno per il profilo dell’obbligatorietà dell’annotazione del domicilio nel libro soci, debbono, infatti, considerarsi implicitamente abrogate dalla disciplina medio tempore intervenuta in materia di protezione dei dati personali (artt. 23 e 24 L. 196/2003) e da quella condensata nell’art. 2421 c.c. che più non recepisce la regolamentazione di cui alla serie di disposizioni richiamate.
Non è, pertanto, consentita la comunicazione di un dato sensibile come il domicilio, in mancanza dell’espresso consenso dell’interessato, al di fuori dei casi di comunicazione obbligatoria per legge o contratto. In tal ultima ipotesi non può intendersi ricompresa la comunicazione richiesta dai ricorrenti, perché essa non è strettamente indispensabile per la continuità della vita sociale, ancorché sia strumentale al legittimo obiettivo di coordinamento con altri consociati per l’esercizio di diritti che richiedono una partecipazione qualificata.
La disposizione di cui all’art. 83-duodecies TUF assume carattere eccezionale rispetto alla disciplina sulla privacy, confermando, così, il principio ricostruito, ed è, comunque, stata dichiarata esplicitamente inapplicabile alle società cooperative.