Dissidio tra soci di s.a.s. e scioglimento della società per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale
Nelle società di persone, il dissidio tra i soci può comportare l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, con conseguente integrazione della causa di scioglimento di cui all’art. 2272, co. 1, n. 2, c.c., allorché il conflitto sia tale da rendere obiettivamente non più conveniente la continuazione dell’attività sociale e conseguentemente inutile e improduttiva la permanenza del vincolo sociale (nel caso di specie, in sede di giudizio di accertamento dello scioglimento della società, i soci accomandatari di una s.a.s. concordavano sull’intervenuto stato di paralisi dell’attività sociale, pur divergendo in ordine all’attribuzione delle relative responsabilità, e non davano seguito al tentativo di conciliazione esperito dal giudice, decidendo di mettere in liquidazione volontaria la società o di dismettere le quote sociale).
Il tribunale chiamato a giudicare in sede contenziosa in merito al verificarsi di una causa di scioglimento della società non può procedere alla nomina del liquidatore richiesta dai ricorrenti, atteso che tale potere – che ha natura integrativa della volontà dei soci – è riservato dall’art. 2275, co. 1, c.c. alla competenza del presidente del tribunale in sede di giurisdizione volontaria.