Esclusione del socio di s.r.l. per giusta causa: ammissibilità della tutela cautelare e necessaria specificità della relativa clausola statutaria
La cognizione cautelare degli arbitri in materia di sospensione dell’efficacia della delibera assembleare impugnata può avere luogo solo qualora sia già intervenuta la nomina degli stessi, residuando invece la competenza del giudice ordinario a conoscere delle istanze d’urgenza proposte sino a quel momento; ciò al fine di garantire nella sua pienezza il diritto costituzionale di difesa – del quale la tutela cautelare è parte integrante – in tutte le fasi della controversia e del procedimento arbitrale.
Il termine per l’impugnazione della delibera di esclusione del socio di s.r.l. va individuato (ex art. 2479-ter c.c.) in novanta giorni dalla relativa trascrizione nel libro delle decisioni dei soci: non risultano, infatti, applicabili in via analogica i brevi termini dettati dagli artt. 2287 e 2533 c.c., rispettivamente in tema di società di persone e cooperative, trattandosi di norme recanti termini di decadenza e, come tali, non suscettibili di estensione al di fuori della specifica ipotesi regolata.
Il principio della traslatio iudicii ex art. 50 c.p.c., la cui applicazione era espressamente esclusa nei rapporti tra arbitrato e processo dal secondo comma dell’art. 819-ter c.p.c., è oggi destinato – a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale del secondo comma della menzionata disposizione (cfr. Corte cost. n. 223/2013) – a operare anche in tali rapporti e, in particolare, anche nel rapporto tra processo e arbitrato irrituale.
La previsione statutaria a mente della quale è ammessa l’esclusione del socio che “si renda gravemente inadempiente alle obbligazioni che derivano dalla Legge e dal presente Statuto” risulta priva del requisito della specificità, limitandosi a fare riferimento alla clausola generale ex art. 2286 c.c., senza alcuna tipizzazione preventiva dei comportamenti inadempienti ex ante considerati rilevanti quanto ad area e a gravità ai fini della esclusione. Essa, pertanto, lasciando indeterminata l’area dei comportamenti che potranno essere valutati dalla maggioranza ai fini di imporre l’exit a un membro della compagine, disattende in sostanza la ratio della previsione normativa e deve, in conseguenza, ritenersi invalida.