Fase liquidatoria e recesso del socio
La società rileva sul piano giuridico non solo come contratto, ma anche come forma di organizzazione di un’attività economica da svolgere nei confronti di altri soggetti. Questo spiega perché il suo scioglimento non faccia venir meno la forza vincolante dell’atto dal quale ha avuto origine, ma segni l’inizio di una nuova fase, la liquidazione, destinata a definire i molteplici rapporti derivati dall’esercizio dell’attività programmata e a ripartire l’eventuale residuo tra i soci. Invero, il verificarsi di un fatto che determina lo scioglimento della società non comporta la cessazione dell’autonomia patrimoniale, che anzi si rafforza (artt. 2271 e 2280 c.c.), non libera i soci dall’obbligo di effettuare i conferimenti (art. 2280, co. 2, c.c.), né determina la dissoluzione dell’organizzazione sociale, poiché anche in tale fase è individuabile una ripartizione di organi e di competenze finalizzata al raggiungimento di una finalità di comune interesse, ossia la definizione delle passività sociali, che la legge considera necessariamente collegata alla gestione delle società (art. 2280 c.c.). Ciò sta ad indicare che, benché sciolta, la società permane come gruppo organizzato e che i soci continuano a essere titolari di diritti e di obblighi. Conseguentemente, durante il procedimento di liquidazione, i soci comunque continuano a essere titolare di diritti e di obblighi non venendo meno la possibilità di scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio.
Considerando il regime della liquidazione del socio recedente ex art. 2437 quater c.c., che prospetta il recesso come un costo per la società solo in via eventuale nell’ipotesi in cui le partecipazioni del recedente non siano state acquistate dai soci o da terzi, il conflitto tra liquidazione del socio recedente e creditori sociali è solo eventuale e la disciplina del recesso dà priorità alla tutela di questi ultimi. Pertanto, lo stato di liquidazione della società non costituisce un limite all’esercizio del recesso, se durante la liquidazione si configura una causa legale o statutaria di recesso. Inoltre, nessuna norma del codice civile dispone nel senso della incompatibilità tra causa di scioglimento individuale del socio e stato di scioglimento della società con relativa liquidazione della stessa, non rinvenendosi, nell’ambito della disciplina delle società, una prevalenza delle cause di scioglimento della società rispetto allo scioglimento del singolo rapporto sociale.
La dichiarazione di recesso del socio non ha come effetto immediato quello dello scioglimento del rapporto sociale, in quanto questo è il risultato di un procedimento i cui momenti possono essere così individuati: decorso dello spatium deliberandi della società per la revoca della delibera o la decisione di porsi in scioglimento/determinazione del valore della partecipazione/liquidazione della partecipazione al socio nelle sue varie forme. Ne consegue che il socio con la dichiarazione di recesso non perde automaticamente il suo status di socio acquisendo quello di creditore della società, ma continua a far parte della società finché non è conclusa tutta la fase di liquidazione della quota. Lo stesso socio recedente, pertanto, non assume la veste di creditore, non esistendo, in effetti, dall’altra parte una posizione debitoria predefinita nel quantum e nella individuazione dell’elemento soggettivo della obbligazione. Un credito liquido ed esigibile del socio nei confronti della società per il recesso intervenuto nella fase liquidatoria sorge solo con l’approvazione del bilancio di liquidazione.
La disposizione di cui all’art. 2491, co. 2, c.c., secondo cui i liquidatori non possono ripartire tra i soci acconti sul risultato della liquidazione, salvo che dai bilanci risulti che la ripartizione non incide sulla disponibilità di somme idonee alla integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori sociali, è espressione del principio di carattere generale per il quale ogni distribuzione patrimoniale in favore dei soci deve essere subordinata alla certezza di non compromettere la tenuta finanziaria della società, assumendo questo principio nella liquidazione un valore particolarmente significativo.
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Antonio Bramanti
Iscritto all’Albo degli Avvocati di Firenze. Ha conseguito un LLM in International Financial Law presso il King’s College London. Attualmente collabora con Deloitte Legal, dove svolge attività di assistenza e...(continua)