Finanziamenti dei soci, conferimenti in conto capitale e legittimazione ad agire per azioni in comproprietà
La domanda giudiziale congiuntamente proposta dai coeredi di un socio volta alla restituzione di un finanziamento soci non necessita della previa nomina di un rappresentante comune degli azionisti, non potendosi realisticamente ipotizzarsi il rischio di un esercizio disgiunto del diritto patrimoniale connesso a tale titolarità.
La norma dell’art. 2467 c.c. relativa all’inesigibilità dei finanziamenti soci trova applicazione ai soli finanziamenti effettuati dopo la sua entrata in vigore.
Secondo la giurisprudenza anche precedente alla riforma delle società è questione d’interpretazione della volontà negoziale delle parti lo stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva.
Se le parti hanno effettuato versamenti in futuro aumento di capitale ed emerge in termini inequivoci la volontà concorde dei soci eroganti e della società di ancorare tale apporto finanziario a una specifica e già programmata operazione di aumento di capitale sociale, una somma pari al versamento dovrà essere provvisoriamente inclusa tra le riserve fintanto che l’assemblea non deliberi l’aumento, cui conseguirà l’imputazione a capitale delle rispettive somme. Se l’aumento non dovesse esser deliberato dall’assemblea, invece, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato, ritenendosi venuta meno la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale da lui eseguita in favore della società.
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Diletta Lenzi
Assegnista di ricerca presso l'Università degli Studi di Trento. Cultrice della materia presso l'Università degli Studi di Firenze. Avvocato in Firenze. Già dottore di ricerca presso la Università Ca' Foscari di...(continua)