Il bilancio può essere vero e corretto solo se redatto nell’osservanza delle disposizioni codicistiche
Ciò che rileva, al fine di verificare la compromettibilità o meno in arbitri della controversia, non è l’oggetto della delibera o la circostanza che la stessa coinvolga interessi individuali dei singoli soci ovvero interessi di carattere più generale, come quelli posti a tutela della società o della collettività dei soci. Invero, l’area dell’indisponibilità è più ristretta di quella degli interessi genericamente superindividuali e, pertanto, la natura sociale o collettiva dell’interesse non può valere ad escludere la deferibilità della controversia al giudizio degli arbitri, poiché la presenza di tale carattere denota soltanto che l’interesse è sottratto alla volontà individuale dei singoli soci, ma non implica che eguale conseguenza si determini anche rispetto alla volontà collettiva espressa dalla società (o da altro gruppo organizzato) secondo le regole della rispettiva organizzazione interna, la cui finalità è proprio quella di assicurare la realizzazione più soddisfacente dell’interesse comune dei partecipanti. Perché l’interesse possa essere qualificato come indisponibile è necessario che la sua protezione sia assicurata mediante la predisposizione di norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da una qualsiasi iniziativa di parte, come, ad esempio, nel caso delle norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio, la cui inosservanza rende la delibera di approvazione illecita e, quindi, nulla.
La deliberazione di assemblea di società di capitali con la quale venga approvato un bilancio non chiaro, non veritiero o non corretto (o in violazione delle norme dettate dalle altre disposizioni in materia di bilancio, costituenti espressione dei medesimi precetti) è da ritenersi nulla per illiceità dell’oggetto (art. 2379 c.c.), essendo tali disposizioni poste a tutela di interessi che trascendono i limiti della compagine sociale e riguardano anche i terzi, del pari destinatari delle informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, che il bilancio deve fornire con chiarezza e precisione. In altri termini, un bilancio redatto in violazione dell’art. 2423, co. 2, c.c. è, di per sé, illecito e costituisce, quindi, l’oggetto illecito della deliberazione assembleare che lo abbia approvato; invero, il bilancio di una società di capitali deve considerarsi illecito tanto in ragione della divaricazione fra risultato effettivo dell’esercizio e quello di cui il bilancio dà contezza, quanto in tutti quei casi nei quali dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite con riguardo alle singole poste di cui è richiesta l’iscrizione.
Con il principio della chiarezza si è voluto perseguire l’obiettivo di dare agli interessati (soci, terzi, mercato, ecc.) un’adeguata e intellegibile informazione sulla composizione del patrimonio sociale e non solo sui fattori positivi e negativi del reddito; per tale ragione si è ritenuto di imporre l’indicazione analitica delle poste e degli elementi che, complessivamente considerati, conducono ad enucleare il valore globale del patrimonio sociale e del risultato economico del periodo. Con i principi della verità e della correttezza il legislatore ha inteso far sì che il bilancio fornisca una rappresentazione corrispondente alla realtà tanto del risultato economico conseguito nel periodo di riferimento, quanto della consistenza e composizione del patrimonio sociale al termine dell’esercizio. In particolare, il principio di verità attiene sia al contenuto del bilancio, che alla valutazione degli elementi patrimoniali che in esso figurano. E così, sotto il primo profilo, un bilancio può ritenersi vero se comprende tutti o solo gli elementi che compongono il patrimonio dell’impresa alla data considerata, senza alcuna omissione di attività o passività reali o appostazione di attività e passività fittizie. La veridicità e la correttezza, nei termini innanzi indicati, possono e devono essere assicurate mediante l’esatta osservanza delle norme di dettaglio che indicano le voci rilevanti e le condizioni per la relativa appostazione. Ancor più marcato è, poi, il rilievo delle norme di dettaglio in rapporto alla verità e correttezza del bilancio, sotto il profilo della valutazione delle poste. Ed infatti, atteso che diversi possono essere i criteri di valutazione utilizzabili, la verità del bilancio, per i fini prescritti dalla disciplina civilistica, ricorre allorquando le diverse poste siano rappresentate nella stretta osservanza dei criteri di valutazione dettati dal codice civile. In definitiva, dunque, il bilancio può dirsi vero e corretto solo quando venga redatto nell’osservanza delle disposizioni codicistiche – completate ed integrate dai principi contabili – in tema di struttura, forma e contenuto del cennato documento contabile e di criteri di valutazione dei singoli elementi.
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Rossana Leggieri
Avvocato presso Studio De Poli - Venezia; docente Cuoa; curatore speciale e custode per il Tribunale delle Imprese di Venezia(continua)