Il sequestro giudizio di una quota di società è compatibile con le azioni ex art. 2932 c.c.
Il sequestro giudiziario di una quota di società costituisce tipica misura cautelare prodromica ad una azione costituiva quale quella ex art. 2932 c.c., poiché la sua funzione è quella di garantire che il bene sequestrato non vada disperso, nel tempo occorrente per addivenire alla pronuncia definitiva. Infatti, una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c. determina ex se il trasferimento del diritto in contestazione, ma la sua esecuzione comporta comunque la consegna del bene controverso.
L’iscrizione della domanda giudiziale al Registro delle Imprese è un rimedio sufficiente (e perciò alternativo al sequestro) se il rischio che si vuole evitare è quello che le quote contese siano alienate ad un terzo in buona fede, al quale non è opponibile una eventuale sentenza iscritta successivamente al suo acquisto (mentre lo sarebbe la trascrizione anteriore della domanda giudiziale con effetto prenotativo della sentenza). Ma l’effetto di una sentenza di trasferimento di quote di partecipazione ad una società può essere azzerato anche in altro modo, ad esempio svuotando quelle quote di un valore apprezzabile, tramite operazioni diverse dalla loro alienazione – basti pensare ad un aumento di capitale che riduca la partecipazione controversa ad una quota irrisoria, o ad una messa in liquidazione rapidamente seguita dalla cancellazione della società – tali da rendere sostanzialmente inutile una vittoria in giudizio, lasciando l’acquirente che pure ottenesse una sentenza a sé favorevole con niente in mano. Questo rischio non sarebbe scongiurato dall’iscrizione della domanda giudiziale, il cui effetto “prenotativo” non toglierebbe all’intestatario formale della quota il diritto di farla valere in sede assembleare; mentre lo avrebbe il sequestro giudiziario, tramite una separazione della quota controversa dalle altre e l’attribuzione al custode dei diritti di voto, assoggettati giudizialmente ad un esercizio massimamente conservativo del valore da essa rappresentato.
In un giudizio cautelare, l’avvenuto disconoscimento, da parte del resistente, di tutte le scritture private sul quale il ricorrente fondava il suo diritto impedisce di considerare quegli atti tra gli elementi di prova valutabili. Pertanto, tali documenti non possono essere in alcun modo utilizzati per fondare una decisione, essendo necessario procedere alla loro verificazione (valutazione che esula dal giudizio cautelare avente ad oggetto l’istanza di sequestro giudiziario).