Impugnazione della deliberazione di revoca delle deleghe assunta dall’organo amministrativo di una società cooperativa. Natura della domanda risarcitoria proposta nei confronti di un amministratore, già membro dell’organo amministrativo di una società incorporata.
È noto che, con la riforma del diritto societario, è stata introdotta una specifica regolamentazione dei rapporti fra consiglio di amministrazione e amministratori delegati (art. 2381 c.c.), in forza della quale la delega non spoglia il consiglio di amministrazione delle attribuzioni delegate, determinando solo una competenza concorrente fra i due organi. Il consiglio infatti può sempre avocare a sé operazioni rientranti nella delega, restando formalmente in posizione sovraordinata rispetto agli amministratori delegati (in questo senso anche Cass. 15 aprile 2016, n. 7587). Il consiglio di amministrazione può revocare in ogni momento la delega ed impartire ai delegati direttive vincolanti. Sulla base delle informazioni ricevute il consiglio di amministrazione valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società e valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.
L’impianto normativo trova il suo fulcro in un corretto e costante flusso informativo sull’andamento della gestione, affinché sia garantito un effettivo controllo da parte dell’organo sovraordinato e titolare dei poteri di gestione. Nell’ambito di un corretto svolgersi dei rapporti fra organi, nonostante il silenzio della lettera della norma, deve considerarsi del tutto coerente con tale sistema l’esplicitazione da parte del consiglio dei motivi che giustificano la revoca; e ciò a tutela non solo degli interessi dell’amministratore, ma anche dei soci e della società al corretto esercizio delle funzioni di ciascun organo.
Nel caso di specie, la decisione della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione trova la sua giustificazione primaria nel mancato raggiungimento di risultati operativi (mancato incremento del volume d’affari) e nell’emersione di indici negativi di produttività di una specifica unità organizzativa aziendale; dati che, da un lato, non sono stati contrastati dall’attore – che si è limitato a lamentare l’esiguità del periodo di verifica di soli quattordici mesi dall’incorporazione – e che, dall’altro, denunciano il venir meno dell’affidamento iniziale nelle capacità e nelle attitudini manageriali del medesimo.
Per quanto concerne la dedotta violazione dello statuto sociale della cooperativa (con specifico riferimento al relativo scopo mutualistico) ritiene il collegio del tutto prive di pregio le doglianze dell’attore, stante l’impossibilità di affermare che il principio mutualistico che regola le società cooperative venga scalfito dalla revoca delle deleghe in capo a taluno degli amministratori, non potendosi certo collegare a tale principio alcuna riserva di deleghe a favore di soci o gruppi di soci.
Va qualificata non ai sensi dell’art. 2393 c.c. (azione sociale di responsabilità), bensì ai sensi dell’art. 2395 c.c. (azione individuale del socio e del terzo), la domanda risarcitoria proposta da un ente societario incorporante avverso uno dei propri amministratori – già membro dell’organo gestorio della società incorporata – laddove la stessa risulti fondata sulla prospettazione di una condotta fraudolenta che avrebbe indotto, mediante la redazione di bilanci non veritieri e l’occultamento della reale situazione economico finanziaria della incorporata, gli amministratori dell’incorporante ad addivenire all’operazione di fusione, che altrimenti avrebbero evitato. Come tale, la predetta azione non necessita di alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea.