2 Dicembre 2024

Cessione di azienda con patto di riservato dominio: principi in materia di inadempimento

La domanda di riduzione dell’indennità ex articolo 1526 c.c., conseguente alla risoluzione di un contratto di vendita con patto di riservato dominio, può essere accolta solo successivamente alla restituzione della res oggetto del contratto di vendita [nel caso di specie, l’azienda], in quanto solo dopo che la restituzione è avvenuta diviene possibile determinare l’equo compenso spettante al venditore per il godimento garantito all’acquirente nel periodo di efficacia del contratto. Il suddetto equo compenso comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente all’incommerciabilità del bene come nuovo e il logoramento per l’uso, ma non il risarcimento del danno spettante al venditore.
Con riferimento a un contratto di vendita con patto di riservato dominio che preveda che le rate pagate dal compratore restino acquisite al venditore a titolo di indennità in caso di risoluzione, è considerata manifestamente eccessiva la penale che, mantenendo in capo al venditore la proprietà del bene, gli consenta di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito oggettivo derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene e in tal caso il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta.

13 Novembre 2024

Decadenza del beneficio del termine e concetto di debitore insolvente

Il concetto di insolvenza di cui all’art. 1186 cod. civ. non coincide con quello di insolvenza ai sensi della disciplina della liquidazione giudiziale di cui all’art. 2 CCII, ma è riferibile ad ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, anche in conseguenza di una semplice situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali generiche da lui offerte.

15 Ottobre 2024

Risoluzione del contratto di cessione di azienda per inadempimento

Deve essere risolto il contratto di cessione di un’azienda che non abbia le caratteristiche indicate nel contratto e che non sia idonea all’uso dichiarato e oggetto del contratto stesso. Il cedente inadempiente deve essere inoltre condannato a risarcire i danni patiti per l’avviamento dell’attività che il cessionario non ha potuto esercitare.

8 Agosto 2024

Contratto preliminare di cessione di azienda e sequestro conservativo

Il sequestro conservativo a cautela delle obbligazioni assunte nell’ambito di un contratto preliminare di compravendita [nel caso di specie, di azienda] può riguardare esclusivamente la cautela dell’adempimento dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo pattuito e non quella dell’adempimento dell’obbligazione di trasferire la proprietà all’acquirente; obbligazione di per sé insuscettibile di pignoramento ed esecuzione forzata.

19 Luglio 2024

Cessione di azienda e debiti dell’azienda ceduta non iscritti a bilancio

Il soggetto verso il quale un terzo fa valere un credito solidale dal lato passivo, sia pure assoggettato ad accertamento giudiziale, è tenuto a condotta di buona fede rispetto al creditore (che può agire in vario modo per assicurarsi la soddisfazione sul suo patrimonio) ed è anche tenuto a condotta di buona fede rispetto ai condebitori solidali. Se è una società, ha anche il dovere, ricorrendo i presupposti di legge, di iscrivere in contabilità e nei bilanci adeguato fondo rischi a fronte della pretesa del terzo creditore comune. Infatti, il presupposto per una iscrizione a fondo rischi in ragione di un eventuale contenzioso sorge  alla data di introduzione della lite e non già alla diversa e successiva data del deposito della relazione del CTU che tragga conclusioni in senso avverso alla posizione della società.

L’art. 2560 stabilisce la regola per cui l’acquirente di una azienda risponde verso il creditore in solido con il cedente, per i debiti dell’azienda ceduta. Tale regola è dettata dalla considerazione per la quale il cedente si spoglia a vantaggio dell’acquirente, proprio del compendio produttivo tramite il quale altrimenti trarrebbe gli introiti necessari a soddisfare il proprio creditore; e pertanto è inderogabile dalle parti. A tutela dell’affidamento dell’acquirente sta poi il presidio di cui al comma 2 ultima parte dell’articolo, che limita la sua responsabilità verso i creditori per fatti aziendali preesistenti ai debiti risultanti dalle scritture contabili. Si tratta di una regola aggiuntiva a tutela dell’acquirente di buona fede.

L’art. 2476, comma 7, c.c. può essere invocato qualora si prospetti nei confronti dell’organo gestorio  di una società la commissione di fatti intenzionalmente lesivi suscettibili di cagionare danni direttamente al terzo. Tale fattispecie non richiede che la condotta degli amministratori costituisca illecito dannoso per il patrimonio della società. La diversa ipotesi dell’art. 2394 c.c. richiede invece che l’atto rimproverato agli amministratori sia gestionalmente scorretto e che abbia arrecato danno alla società cosicché la vittima, creditrice della società, ne abbia danno riflesso per non potersi soddisfare sul patrimonio di questa.

Non opera l’art. 2560, co. 2, c.c. nella carenza di alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda

L’art. 2556, co. 1, c.c., ove prescrive la forma scritta ad probationem per i contratti aventi per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di azienda, opera solo con riguardo alle parti contraenti e non è applicabile ai terzi, da parte dei quali la prova del trasferimento dell’azienda non è soggetta ad alcun limite e può essere data anche con testimonianze e presunzioni. La cessione di azienda, dunque, non necessariamente viene realizzata mediante un unico atto negoziale assoggettato a forma scritta. Può infatti accadere che le parti interessate, al fine di danneggiare i creditori, impedendo loro di potersi soddisfare sul patrimonio oggetto di cessione, e, in particolare, al fine di eludere le norme che regolano gli effetti della cessione di azienda, quali l’art. 2560 c.c., in tema di responsabilità del cedente e del cessionario per i debiti dell’azienda anteriori al trasferimento, attuino la progressiva cessione di un’azienda attraverso singole operazioni le quali, pur formalmente distinte, siano tra loro collegate e preordinate alla graduale dismissione, da un soggetto ad un altro, dell’azienda tutta ovvero di uno o più rami dell’azienda stessa.

L’applicazione dell’art. 2560, cp. 2, c.c. postula in ogni caso una effettiva alterità tra il cedente e il cessionario. Il difetto di dualità soggettiva nella cessione d’azienda sussiste in tutti i casi in cui, in seguito al trasferimento, al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa siano rimasti immutati, poiché in tali casi il trasferimento dell’azienda è solo formale. In queste ipotesi non vi è spazio per l’applicazione dell’art. 2560, co. 2, c.c., poiché la norma non potrebbe esplicare la funzione che si riconduce alla sua ratio, ovverosia la salvaguardia dell’interesse dell’acquirente dell’azienda, quale accollante dei relativi debiti, ad avere precisa conoscenza degli stessi; interesse che si correla a quello, superindividuale, alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità di circolazione dell’azienda.

Il perimetro della cessione d’azienda del d.l. 99/2017 per la l.c.a. di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a.

In forza del principio del burden sharing, contemplato dalla Direttiva 2014/59/UE, c.d. BRRD (Bank Resolution and Recovery Directive), attuata con i d.lgs. nn. 180 e 81 del 2015, le conseguenze delle crisi bancarie vanno sopportate in primis da azionisti e obbligazionisti e non possono essere fatte gravare su terzi, tra i quali è ricompreso il cessionario, e ogni eventuale credito nascente dalla vendita delle azioni deve essere trattato all’interno della procedura concorsuale.

La disciplina del d.l. 99 del 2017 è incompatibile con l’applicazione dell’art. 2560, co. 2, c.c. nella parte in cui delimita l’esatto perimetro dell’insieme aggregato di beni, diritti, rapporti giuridici, attività, passività oggetto di cessione, dal quale risultano esclusi i crediti deteriorati, il contenzioso azionario e il contenzioso successivo per fatti pregressi. L’art. 2560 c.c. è dettato solo per l’ipotesi di cessione volontaria di azienda, mentre nell’ambito delle procedure concorsuali vale la regola opposta. La ratio sottostante alla previsione dell’esclusione della responsabilità del cessionario per i debiti del cedente (c.d. effetto purgativo delle vendite) riposa nell’intento di incentivare la vendita di aziende o di rami di aziende fallite, che sarebbe invece pregiudicato a fronte del possibile rischio per l’acquirente di dover rispondere di debiti verosimilmente superiori all’attivo.

La disciplina speciale di cui all’art. 3, co. 1, lett. c), d.l. 99/2017, derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria, include tra i fatti o atti anche la nullità del contratto di finanziamento antecedente alla cessione. Rientra nell’alveo dell’art. 3, co. 1, lett. c), d.l. 99/2017 anche l’ulteriore causa di nullità del mutuo per asserita indeterminatezza del tasso di interesse applicato, dovuta all’adozione di un piano di ammortamento alla francese a rate costanti.