Integrale erosione del capitale sociale, rapporto di fornitura alla società creditrice e responsabilità nei confronti della medesima
Al fine di determinare la responsabilità dell’amministratore e riconoscere al terzo il diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2395 c.c. è necessario provare non solo la condotta illecita dell’amministrazione (ravvisabile, nel caso di specie, nell’asserito presunto ritardo nell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2384 c.c. al verificarsi della causa di scioglimento dell’azzeramento del capitale sociale) ma è necessario altresì provare l’entità del danno subito.
La prova della sussistenza del danno rende in primo luogo necessario individuare un periodo di tempo delimitato e circoscritto in cui la perdita del capitale sociale si sarebbe verificata, al fine di confrontare il saldo dell’esposizione creditoria esistente al momento in cui la società doveva (secondo diligenza) essere posta in liquidazione con il saldo dell’esposizione creditoria finale, venendo così a determinarsi l’apprezzamento della differenza che avrebbe subito il credito computato alla data in cui la società debitrice avrebbe dovuto essere messa in liquidazione (o sottoposta a procedura concorsuale) e la falcidia che ha subito effettivamente, dalla quale discende l’individuazione e quantificazione del danno. Se la falcidia che il credito avrebbe subito nel primo momento è superiore a quella effettivamente subita, non sussiste alcun danno. Deve inoltre ritenersi mancante il nesso di causalità tra le condotte ascritte all’amministratore e le forniture eseguite dal creditore attore, laddove quest’ultimo, pur nella piena consapevolezza della situazione di crisi in cui versava la società cliente, ha consapevolmente deciso di proseguire nei rapporti commerciali con il cliente avvantaggiandosi, tra l’altro, della riduzione della complessiva esposizione verso la società.