Interpretazione di un contratto atipico di remunerazione degli amministratori uscenti
L’accordo negoziale deve essere interpretato non solo alla luce del dato letterale ma anche tenendo in considerazione il senso complessivo dell’impegno, ossia la sua causa in concreto, il contesto negoziale all’interno del quale esso è stato assunto, soprattutto nel caso in cui esso sia incontestato tra le parti, e il complessivo comportamento delle parti, anche successivo rispetto alla stipula dell’accordo. Una volta interpretato il contratto secondo queste direttrici, il giudice non è legittimato dall’ordinamento, nemmeno in nome del principio di buona fede, a ridurre imperativamente il corrispettivo legittimamente convenuto dalle parti nella loro piena autonomia negoziale (nel caso di specie il Tribunale ha affrontato una questione di interpretazione del contenuto di un impegno negoziale intercorrente tra i soggetti acquirenti il pacchetto azionario di una società di gestione del risparmio e uno degli esponenti dell’organo amministrativo di detta società, espressione della compagine sociale uscente. La clausola oggetto di contestazione riguardava la modalità di calcolo della somma che le parti acquirenti si erano impegnate a corrispondere agli amministratori uscenti e che risultava parametrata all’eventuale risultato positivo, cd. carried interest, conseguito dalla gestione di alcuni fondi amministrati dalla società e, in particolare, di due fondi rispetto ai quali era stata decisiva la gestione degli amministratori espressione della compagine societaria uscente. La somma era individuata in base ad un valore percentuale calcolato sul carried interest derivante da un fondo “e” dall’altro fondo. La tesi interpretativa evocata dalla SGR, volta a far confluire nella base di calcolo del carried interest i risultati delle due gestioni, anziché mantenere separate le valutazioni delle due gestioni, non è stata ritenuta condivisibile. Il Tribunale ha interpretato il testo contrattuale alla luce del suo inserimento nella più ampia vicenda negoziale di variazione dell’assetto proprietario della società di gestione, con il passaggio del controllo in mano a un nuovo gruppo di soci. In tale contesto ha rilevato come fosse centrale per le parti l’esigenza di regolare le “pendenze” con il management uscente e in particolare la destinazione del carried interest, voce contabile che nel settore della gestione collettiva dei fondi di private equity ha lo scopo di remunerare direttamente la società di gestione e i suoi uomini-chiave mediante il riconoscimento di una quota parte degli utili conseguiti dal fondo. Perciò nell’economia degli interessi contrapposti emergeva l’esigenza di “retrocedere” ai gestori uscenti quanto la società di gestione avrebbe prelevato da ciascun fondo a titolo di carried interest, indipendentemente dall’esito infausto di uno dei due investimenti che compongono la base di calcolo di tale voce. A conforto di questa ricostruzione il Tribunale ha valorizzato il comportamento della società di gestione del risparmio tenuto in tempo successivo all’accordo. In particolare quest’ultima, in qualità di sottoscrittrice delle quote del fondo con gestione positiva ricompreso nella base di calcolo, aveva incassato per intero il carried interest derivante dalla cessione dello stesso, senza operare alcuna compensazione con la minusvalenza fatta registrare con riferimento alle quote del diverso fondo con gestione negativa. In secondo luogo la società aveva altresì corrisposto ad un altro soggetto avente diritto sulla base di un accordo analogo all’impegno oggetto di causa il carried interest connesso al fondo “in attivo” in epoca precedente alla dismissione delle quote del fondo in passivo, a conferma dell’irrilevanza di tale evento futuro ai fini dell’insorgenza dell’obbligo del pagamento).