Invalidità del bilancio con svalutazioni illegittime e conseguente riduzione del capitale in misura superiore all’entità delle perdite effettive
Il sopravvenuto fallimento della società comporta il venir meno dell’interesse ad agire per l’annullamento delle deliberazioni assembleari assunte dalla società in bonis, incluse quelle relative all’approvazione del bilancio e alla ricostituzione del capitale ex art. 2447 c.c. e al successivo aumento, quando non venga dedotto e argomentato il perdurante interesse al ricorso con riguardo alle utilità attese in esito alla chiusura del fallimento.
Nelle società di capitali, il bilancio di esercizio, avendo la funzione non solo di misurare gli utili e le perdite dell’impresa, ma anche di fornire ai soci e al mercato tutte le informazioni richieste dall’art. 2423 c.c., deve essere redatto nel rispetto dei principi di verità, correttezza e chiarezza e delle regole di redazione poste dal legislatore, che, pur essendo tratte dai principi contabili e avendo un contenuto di discrezionalità tecnica, sono norme giuridiche cogenti, alla cui violazione consegue l’illiceità del bilancio e la nullità della deliberazione assembleare con cui è stato approvato, poiché le scelte operate dai redattori, nel fornire la rappresentazione contabile dell’elemento considerato, sono sempre sindacabili, salvo che non siano riconducibili all’ambito proprio delle scelte insindacabili di gestione.
I provvedimenti che l’assemblea può essere chiamata a deliberare a norma dell’art. 2446 c.c. comprendono principalmente la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate. Il capitale non può essere ridotto né in misura eccedente rispetto alle perdite effettive, né in misura inferiore, non essendo lecito il frazionamento delle perdite e il rinvio di una quota agli esercizi successivi, non potendo tali provvedimenti essere fatti dipendere nella loro consistenza dalla discrezionalità degli amministratori e dei soci, dovendo altrimenti la necessaria riduzione in ragione delle perdite risultanti dal bilancio essere disposta dal tribunale. Non è diverso il caso in cui il capitale si sia ridotto di oltre un terzo al di sotto del minimo legale, perché il sistema previsto dall’art. 2447 c.c., per effetto della prescrizione della riduzione del capitale e del suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al minimo legale, non indicando la legge alcun diverso criterio, implica l’osservanza del criterio di proporzionalità tra perdite e capitale, stabilito nel caso, meno grave ma analogo, dell’art. 2446 c.c. Un provvedimento deliberato dall’assemblea secondo criteri quantitativi diversi costituirebbe una grave inosservanza delle prescrizioni imperative e inderogabili della legge, tali essendo per la natura degli interessi tutelati le norme sul capitale.
L’illegittimità della deliberazione di riduzione del capitale della società, perché adottata in assenza di perdite che la giustificassero, riverbera i suoi effetti anche sulla conseguente deliberazione di ricostituzione del capitale asseritamente perduto.
Per visualizzare la sentenza devi effettuare login
Giuliana Scampoli
Negli anni ha maturato una specifica esperienza nel settore del diritto societario, del diritto commerciale e della contrattualistica, svolgendo principalmente consulenza professionale (sia stragiudiziale che...(continua)