La lettera d’intenti avente ad oggetto la cessione di partecipazioni societarie, che non definisca tutti gli elementi del futuro accordo, non è un contratto preliminare e non è suscettibile di esecuzione forzata in forma specifica
La lettera di intenti che si risolva in mere dichiarazioni con funzione di scandire le varie fasi di una trattativa e di predisporre le clausole da recepire in un futuro contratto nell’eventualità della positiva conclusione della trattativa stessa, non può essere considerata quale contratto preliminare, ma, tutt’al più, come mera “puntuazione” o “minuta”.
Per “contratto preliminare” deve intendersi quel contratto con il quale le parti si obbligano a concludere, in futuro, un ulteriore contratto, già delineato nei suoi elementi essenziali. L’effetto principale del contratto preliminare è quello di obbligare le parti alla stipulazione del contratto definitivo.
Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento (cosiddetta ‘minuta’ o ‘puntuazione’), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori; peraltro, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362 ss. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
Laddove le parti, in un accordo, manifestino l’intenzione di differire la conclusione del contratto ad una manifestazione successiva di volontà, deve ritenersi che esse non intendano porre in essere il rapporto contrattuale sin dal momento dell’accordo.
La responsabilità precontrattuale, configurabile per violazione del precetto posto dall’art. 1337 cod. civ. -a norma del quale le parti, nello svolgimento delle trattative contrattuali, debbono comportarsi secondo buona fede-, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto, sicché la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di quest’ultimo devono essere vagliati alla stregua degli artt. 2043 e 2056 cod. civ., tenendo peraltro conto delle caratteristiche tipiche dell’illecito in questione.
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Giuseppe Colombo
AvvocatoGiuseppe Colombo, nato il 25 luglio 1990 a Como, svolge la professione di avvocato, collaborando con Grimaldi Studio Legale. Si è laureato, nell'aprile 2015, in giurisprudenza, specializzazione in diritto d'impresa,...(continua)