L’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ex art. 2467, co. 2, c.c.
Per la valutazione della sussistenza dell’eccessivo squilibrio fra patrimonio netto e indebitamento di cui all’art. 2467, co. 2, c.c., occorre richiamare i criteri principali e normativamente giustificati di cui agli artt. 2412 c.c. e 2545 quinquies c.c., che fanno riferimento ad un rapporto fra indebitamento e patrimonio netto, nel senso che la prima sembra suggerire che un rapporto fino al doppio (indebitamento rispetto a patrimonio netto) possa considerarsi fisiologico, mentre la seconda che un rapporto oltre il quadruplo non lo sia, restando inteso che detti rapporti sono misurati su patrimoni netti positivi (con la conseguenza che un patrimonio netto negativo comporta in ogni caso uno squilibrio eccessivo ai fini dell’art. 2467 comma 2 c.c.).
L’art. 2467 c.c., nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, prevedeva due diverse discipline riguardanti il rimborso del finanziamento al socio. La prima di carattere generale, espressione di una regola sostanziale operante anche durante la vita della società, la quale rende inesigibile il credito del socio finanziatore, quando riguardi apporti eseguiti nelle condizioni previste dalla norma, e fintanto che tale situazione non receda; la seconda delineava uno strumento speciale, applicabile ai finanziamenti eseguiti in presenza delle condizioni di cui al comma 2, se restituiti nell’anno anteriore al Fallimento.
L’azione infrannuale di restituzione di cui al testo previgente dell’art. 2467 c.c. spetta in via esclusiva al fallimento ed è assistita da una presunzione legale che esclude la necessità di provare in concreto che anche la restituzione, oltre che il finanziamento, sia avvenuta nel permanere delle condizioni di cui all’art. 2467, co. 2, c.c.
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Federico Amaducci
Avvocato praticante presso lo Studio Legale Giliberti Triscornia e Associati di Milano(continua)