Legittimazione all’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e avvenuta notifica telematica del provvedimento monitorio opposto, in formato pdf.p7m.
Ai fini della legittimità all’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 co. 1° c.p.c., non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli non abbia avuto tempestiva conoscenza dell’ingiunzione e non sia stato in grado di proporvi una tempestiva opposizione. In particolare, come insegnato dalle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione (Cass., SS.UU, 22/6/2007, n. 14572 e, da ultimo, Cass., Sez. 6 – 1, Ord., 20/11/2017, n. 27529), la circostanza della cui prova l’opponente tardivo è onerato consiste in ciò che l’atto notificato, a causa delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato, non sia tempestivamente pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario.
Il non essersi avveduto – da parte del soggetto cui è stato notificato un provvedimento monitorio tramite messaggio di posta elettronica certificata – dell’intervenuta notifica, ovvero l’essersene avveduto ma l’aver trascurato di munirsi dei programmi di lettura, acquisibili anche “on line”, che avrebbero agevolmente consentito di apprezzare il contenuto del messaggio e dei suoi allegati (integrati dal ricorso monitorio e dalla relazione di notificazione telematica, tutti nel formato elettronico pdf.p7m), rappresentano in ogni caso (anche alla luce della facoltà – ordinaria e non eccezionale – dei difensori abilitati di procedere alla notificazione di atti giudiziari con le modalità indicate dall’art. 3bis della legge n. 53/1994) negligenze inescusabili, che hanno accentrato in sé – elidendo quella in thesi prodotta da qualsivoglia ipotetica irregolarità di dettaglio della notificazione – l’efficienza causale della mancata tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo.
Va ribadito il principio, costantemente insegnato dalla giurisprudenza di legittimità, tale per cui:
i. l’opposizione ex art. 645 c.p.c. non comporta inversione della posizione sostanziale delle parti del giudizio;
ii. nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto, con riguardo sia alla ripartizione dell’onere della prova che ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti;
iii. sicché, qualora l’opponente intenda chiamare a qualsiasi titolo un terzo, non può provvedere direttamente alla sua citazione unitamente all’opponente ed instaurare così cumulativamente una seconda causa dinanzi al giudice dell’opposizione, ma deve preventivamente chiedere a quest’ultimo si esserne autorizzato ai sensi dell’art. 269 c.p.c.;
iv. a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio, trattandosi non di nullità processuale (relativa) per violazione di forme ma di preclusione stabilita a pena di decadenza dagli artt. 167 co. 3° e 269 co. 2° (e 3°) c.p.c.