Liquidazione coatta amministrativa e legittimazione della Sgr ad agire contro i suoi amministratori per i danni causati ai fondi di investimento gestiti
Il provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa non comporta l’interruzione di diritto (c.d. “automatica”) dei processi pendenti, stante il mancato rinvio dell’art. 83 TUB all’art. 43, comma 3°, l.f.
L’articolazione delle posizioni giuridiche della SGR, del fondo e dei partecipanti non è assimilabile a quella che si rinviene nel rapporto fiduciario: non nella fiducia romanistica – perché i partecipanti non trasferiscono alla SGR i beni da gestire con obbligo di restituzione a richiesta, i beni formano invece un patrimonio separato e non divengono di proprietà sostanziale della SGR -, non nella fiducia germanistica (tipologia cui si riferiscono i rapporti tra società fiduciarie ed i loro clienti), perché i beni che formano il fondo non sono nè rimangono in proprietà dei partecipanti al fondo (mentre lo rimangono in capo al fiduciante) né costituiscono specifico oggetto di un mandato gestorio, come nel negozio fiduciario.
I partecipanti al fondo non hanno azione nei confronti degli amministratori della SGR (ex artt. 2395 o 2043 c.c.) per i danni che il fondo abbia subito a seguito di atti di mala gestio, perché tali danni non ineriscono al loro patrimonio, ma a quello del fondo, di cui non sono titolari ed il danno che si ripercuote sul valore della quota è solo un danno riflesso, come tale non risarcibile in base ai principi generali. In tali casi i partecipanti al fondo possono agire solo nei confronti della SGR ex art. 36, comma 5 TUF.
A fronte, da un lato, dell’obbligo di gestione diligente assunto dagli amministratori verso la SGR in ordine al fondo gestito, dall’altro, della titolarità formale del patrimonio separato in capo alla SGR, dall’altro ancora, dell’obbligo della SGR di gestire il patrimonio del fondo a vantaggio del partecipanti, ed infine della carenza di legittimazione dei partecipanti ad agire per il danno solo indirettamente subito, si deve ammettere che la SGR possa agire in nome proprio contro i suoi amministratori per ottenere il risarcimento dei danni da loro provocati al fondo gestito, anche in mancanza di previa azione dei partecipanti nei suoi confronti.
Gli artt. 72 comma 5 TUB e 56 comma 3 TUF, 84 comma 5 TUB e 57 comma 3 TUF vanno interpretati nel senso che, laddove è menzionata la “azione sociale di responsabilità” – espressione che evidentemente richiama il disposto degli artt. 2392, 2393, 2407 comma 3 c.c. – essa debba essere intesa come riferentesi alla legittimazione non solo all’azione per il risarcimento del danno subito, per effetto della mala gestio dei suoi amministratori, dal patrimonio della SGR, ma anche all’azione per il risarcimento che quegli atti abbiano provocato al fondo, quale patrimonio separato gestito dalla SGR medesima.
La sostituzione della SGR determina in capo alla SGR sostituita la perdita della legittimazione processuale e il contemporaneo crearsi di detta legittimazione in capo alla SGR subentrante.
Per visualizzare la sentenza devi effettuare login
Chiara Presciani
Laurea in giurisprudenza con 110 e lode presso l'Università degli studi di Bergamo Dottorato di ricerca in Diritto Commerciale (XXIX ciclo) presso l'Università degli studi di Brescia. Avvocato iscritto all'Ordine di...(continua)