Litispendenza tra diversi gradi di giudizio e sospensione ex art. 295 c.p.c. – Sulla natura procedurale delle contestazioni sull’esecuzione delle penalità di mora di cui all’art. 124 c.p.i.
L’istituto della litispendenza, quale espressione del principio “ne bis in idem“, opera anche nel caso in cui le cause aventi ad oggetto la medesima domanda si trovino in gradi diversi e, dunque, anche in tal caso, il giudice successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza e a disporre la cancellazione della causa dal ruolo. L’art. 39 c.p.c. infatti, sembra supporre l’assoluta indifferenza del grado di giudizio ai fini della necessità che si proceda alla dichiarazione della litispendenza da parte del giudice successivamente adito. L’identità delle domande proposte in due giudizi diversi poi, non consente la sospensione del giudizio successivamente instaurato in attesa della definizione del primo, ove questo sia pendente in appello o in sede di legittimità, ovvero ancora quando siano pendenti i termini per la proposizione dell’impugnazione. Il rapporto tra due cause identiche infatti, non può giammai operare sul piano della pregiudizialità logico-giuridica (in tal senso, Cass. S.U., sentenza n. 27846 del 12 dicembre 2013). La contestazione sull’esecuzione delle penalità di mora quali misure correttive previste all’art. 124 c.p.i., non presuppone una nuova statuizione giudiziale sul merito. Tali penalità infatti, per poter essere eseguite, devono essere parte di un provvedimento idoneo a costituire titolo esecutivo ai sensi dell’art. 475 c.p.c. e le eventuali contestazioni sulle stesse ben possono refluire in sede di opposizione all’esecuzione. D’altronde, è proprio l’attribuzione di un’esecutività al capo di un provvedimento che fissi la penalità di mora e la conseguente possibilità di autoliquidazione del creditore a permettere l’effettiva funzionalità della stessa penalità di mora come mezzo di coazione indiretta.