Nullità di clausola di esclusione da s.r.l. per mancanza del requisito legale di specificità e presenza di clausola compromissioria.
Le controversie concernenti la validità delle delibere assembleari possono essere rimesse ad un arbitrato anche non rituale (nella specie si trattava di una delibera di esclusione di socio da una s.r.l.).
L’art. 35 co.5° del d.lgs. n. 5/2003 deve ritenersi speciale rispetto alla generale previsione di cui all’art. 669 quinquies c.p.c., poiché ha introdotto una spartizione di poteri per così dire diacronica fra arbitri ed autorità giudiziaria, tale per cui la cognizione cautelare in materia di sospensione dell’efficacia della delibera assembleare impugnata appartiene in linea di principio ai primi allorché l’organo arbitrale si sia già costituito, residuando invece la competenza cautelare del giudice ordinario fino a quel momento, al fine di garantire nella sua pienezza il diritto costituzionale di difesa – del quale la tutela cautelare è parte integrante – in tutte le fasi della controversia e del procedimento arbitrale (nella specie il giudice ha riqualificato come istanza cautelare atipica proposta ante causam ex artt. 669-ter e 700 c.p.c. la richiesta di sospensiva proposta dal socio escluso in sede di impugnazione presso il Tribunale della delibera di esclusione ai sensi del combinato disposto degli artt. 2479-ter ultimo comma e 2378 co. 3 cod. civ., pur in presenza di una clausola compromissoria).
Il mero travaso nell’atto costitutivo di una s.r.l. della formula impiegata dal legislatore all’art. 2286 cod.civ.- in base alla quale può essere escluso il socio che si renda gravemente inadempiente alla obbligazioni che derivano dalla legge o dall’atto costitutivo – non assolve per definizione, facendo riferimento generico ad inadempienze, pur gravi, agli obblighi gravanti sul socio “escludendo”, al canone legale inderogabile di tipizzazione, predeterminazione e specificità delle ipotesi di giusta causa di esclusione previsto dall’art. 2473-bis c.c.
La regola speciale dettata dall’art. 2473-bis non prevede, a differenza delle regole altrettanto speciali dettate per la società semplice e per quella cooperativa (artt. 2287 co.2 e 2533 co. 3 cod. civ.), un termine decadenziale particolare, onde anche tale decisione deve ritenersi impugnabile nel termine di novanta giorni dall’iscrizione imposto al socio dall’art. 2479 ter co. 1 cod. civ. per azionare l’invalidità delle decisioni dei soci (nella specie la società convenuta contestava la mancata proposizione dell’impugnativa della delibera di esclusione in sede arbitrale entro trenta giorni dalla sua comunicazione al socio escluso).