Omessa tenuta delle scritture contabili e quantificazione del danno in sede fallimentare
Ai fini della quantificazione del danno addebitabile agli amministratori di una società fallita nel corso del giudizio promosso dal curatore in esito all’esercizio dell’azione di responsabilità, il mancato rinvenimento delle scritture contabili non consente di addebitare l’intero deficit patrimoniale in modo automatico e presuntivo atteso che la contabilità registra gli accadimenti economici ma non li determina.
Pertanto, pur rappresentando l’omessa tenuta delle scritture contabili una sicura violazione di un obbligo specifico in capo agli amministratori, non viene meno la necessità che il curatore provi gli ulteriori adempimenti che siano stati idonei a concorrere, seppur astrattamente, nella causazione del deficit patrimoniale.
Il ricorso alla quantificazione dei danni in via equitativa ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile in misura pari al deficit è ammesso solo per quei casi in cui la mancanza di scritture contabili renda di fatto impossibile accertare quale sia il danno derivante dagli altri inadempimenti contestati e non invece, più in generale, in tutti i casi in cui sia allegata la sola omissione nella tenuta della scritture contabili, nei quali l’azione di responsabilità verrebbe ad assumere connotazione sanzionatoria e non risarcitoria, come l’ordinamento prevede.
Il mancato pagamento di debiti scaduti – in specie tributari – non rappresenta ex se una voce di danno ascrivibile all’amministrazione ma esige la prova dell’assenza di liquidità necessaria per procedere al pagamento per fatto a lui non imputabile.
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Giovanni Maria Fumarola
Dottore magistrale in giurisprudenza cum laude all'Università commerciale Luigi Bocconi – Cultore ed assistente in diritto commerciale all'Università cattolica del Saro Cuore e all'Università degli Studi di Brescia...(continua)