Onere probatorio della curatela fallimentare nell’azione esercitata per il risarcimento dei danni subiti dalla società e dal ceto creditorio
Nell’azione esercitata dalla curatela fallimentare per il risarcimento dei danni subiti dalla società e dal ceto creditorio incombe sulla parte attrice l’onere di provare i danni da risarcire, e, in particolare, l’esistenza di un passivo fallimentare maggiore dell’attivo fallimentare stesso. La mancata prova del danno, indipendentemente da ogni valutazione sull’esistenza del nesso causale tra i singoli comportamenti addebitati a ciascun convenuto e la causazione di un danno alla società, comporta il rigetto della domanda attorea.
Nessun elemento di valutazione al riguardo può essere desunto dalla relazione ex art. 33 l.f. del curatore fallimentare; infatti, dalla stessa si desume solo l’ipotesi di uno stato passivo, e, peraltro, si tratta di atto di parte predisposto dalla stessa curatela attrice, di nessun rilievo probatorio.
Inoltre, è da rilevare che la prova dell’esistenza di passività non può essere fornita con l’espletamento della c.t.u. richiesta in citazione da parte attrice posto che, in mancanza della produzione di alcuna documentazione relativa alle passività ed attività fallimentari, l’atto avrebbe finalità chiaramente esplorative.