Opzione put e divieto di patto leonino
La causa del patto d’opzione consiste nel rendere ferma per il tempo pattuito la proposta relativamente alla conclusione di un ulteriore contratto, con correlativa attribuzione all’altra parte del diritto di decidere circa la conclusione di quel contratto entro quel medesimo tempo. L’opzione si inserisce, cioè, in una fattispecie a formazione progressiva della volontà contrattuale, inizialmente costituita da un accordo avente ad oggetto la irrevocabilità della proposta del promettente e, in seguito, dalla eventuale accettazione del promissario, che – saldandosi immediatamente con la proposta irrevocabile precedente – perfeziona il negozio giuridico di trasferimento.
Il divieto sancito dall’art. 2265 c.c. è volto ad evitare clausole statutarie e accordi parasociali che alterino la ripartizione del rischio d’impresa in modo che uno o più soci siano esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite e risultino in questo modo deresponsabilizzati rispetto all’esercizio prudente ed avveduto dei diritti amministrativi in conformità all’interesse della società e all’obiettivo di salvaguardia del suo patrimonio. La norma si basa sul principio per il quale è carattere essenziale di ogni società – qualunque ne sia il tipo e l’organizzazione – la partecipazione dei soci ai risultati dell’attività sociale, sicché un patto parasociale, che avesse la funzione essenziale di eludere il divieto di patto leonino diverrebbe un negozio in frode alla legge non meritevole di autonoma tutela ed incorrente a sua volta nella previsione di nullità dell’articolo 2265 c.c.
Possono considerarsi contrari alla norma e al principio di ordine pubblico, che l’art. 2265 c.c. esprime, solo i patti che comportino il predetto trattamento differenziato di un socio per tutta la durata della società ed in modo assoluto; il divieto di patto leonino, infatti, si pone come limite invalicabile all’autonomia statutaria. Diversa potrebbe essere la situazione qualora un patto parasociale, pur contenendo una clausola di esclusione da rischi e da utili che verrebbero caricati agli altri contraenti, abbia una sua autonoma funzione meritevole di tutela a norma dell’art. 1322.c.c.. Pertanto è necessario verificare – a fronte di patti che consentano ad un socio l’exit a condizioni preconcordate, di modo e di tempo – non solo se essi siano idonei ad escludere un socio dalla partecipazione alle perdite in modo assoluto e costante ma se detta esclusione costituisca la loro funzione essenziale (la loro “causa”), o rispondano invece ad una funzione causale autonomamente meritevole di tutela, onde non contrastino con la ratio della norma di cui all’art. 2265 c.c. e con l’esigenza di salvaguardare l’ interesse dei soci coinvolti alla buona gestione dell’impresa (nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto valida e non contrastante con il divieto di patto leonino l’opzione put contenuta in un patto parasociale che attribuiva una parte il diritto di exit solo per un periodo di 5 anni e a condizioni predeterminate, che la garantivano solo da perdite superiori ad una certa soglia, pari alla metà del valore della sua partecipazione)