Principi in tema di azione sociale di responsabilità esercitata dal socio di S.r.l.
E’ nulla la clausola arbitrale statutaria che non demanda la nomina degli arbitri a soggetti estranei alla società, in contrasto con il comma secondo dell’art. 34, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, e ciò anche nelle ipotesi in cui la lite societaria debba essere rimessa ad un procedimento di tipo irrituale. Trattasi di nullità rilevabile anche d’ufficio.
Il socio, che agisca ai sensi dell’art. 2476, 3° comma c.c. proponendo azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore, lamenta in nome proprio un danno subito dal patrimonio della società, mira alla reintegrazione del patrimonio sociale e non chiede il risarcimento dei danni da lui patiti, sicché si tratta di azione sociale proposta come sostituto processuale della società.
Risulta, pertanto, irrilevante, ai fini della proposizione dell’azione di responsabilità, il momento in cui il socio che agisce ha acquistato tale qualità, purché l’abbia al momento della domanda.
Gli atti compiuti dal socio non possono avere ad oggetto il diritto sottostante in titolarità della società, sicché solo la transazione e la rinuncia provenienti dalla società nel rispetto dei quorum dettati dall’art. 2476, 5° comma c.c. costituiscono atto di disposizione del diritto sostanziale, con effetto preclusivo nei confronti di tutti i soggetti legittimati ad esercitare l’azione.
Il socio potrà al più rinunciare agli atti del giudizio, ma non disporre del diritto, tanto che il diritto di credito potrà comunque essere fatto valere dalla società.